venerdì 15 febbraio 2013

John Axelrod alle prese con donne di un certo fascino

Ieri sera per il ventiduesimo concerto della stagione dell'orchestra Verdi John Axelrod ha presentato alcune musiche che in un modo o nell'altro si ispirano a donne.
Il primo brano era la Meditazione e danza della vendetta di Medea, op. 23a di Samuel Barber, nato come un balletto per Martha Graham nel 1945; successivamente rielaborato in una suite per orchestra, nel 1955 Barber focalizzò l'attenzione su Medea sintetizzando il materiale in questo brano che fu tenuto a battesimo dal grandissimo Dimitri Mitropoulos a New York nel 1956. Barber è universalmente noto per il famoso Adagio per archi ma del resto della sua produzione, almeno in Italia, se ne sa poco, per cui non si conosce molto questo raffinato autore ed è stato un piacere poter ascoltare questo bel brano, suonato dall'orchestra e diretto benissimo da John Axelrod.
Seguiva la Danza dei sette veli dalla Salome di Richard Strauss, un brano del 1905. Fu l'ultimo brano che Strauss scrisse per la Salome e secondo me non è all'altezza dell'opera con il suo esotismo da turista bavarese in vacanza. La stessa immagine di Salome che mi si forma nella mente non è quella di una flessuosa e maliziosa ragazza ma quella di una ragazzona un po' troppo in carne a causa dei troppi wurstel bianchi mangiati con la senape dolce e annaffiati da troppe birre. Comunque grande esecuzione da parte dell'orchestra.
La prima parte del concerto è terminata con la Danza rituale del fuoco da El amor brujo di Manuel De Falla, autore poco prolifico ma raffinatissimo. Brano strafamoso che però andrebbe sentito nell'insieme del lavoro a cui appartiene.
Il concerto è terminato con Sheherazade op. 35 di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, scritto nel 1888 praticamente in contemporanea con altre due pagine orchestrali molto famose, La grande pasqua russa, op. 36, e il Capriccio espagnol, op. 34 del 1887, tre occasioni per scrivere altrettante composizioni dai colori sgargianti, tre manuali viventi di orchestrazione che saranno pure, come le ha definite un dottissimo studioso, "cime luminose del kitsch musicale europeo", ma che personalmente ho sempre trovato assolutamente godibili. E' interessante, ad esempio, vedere come l'orchestra di Rimskij-Korsakov, che a parte l'aggiunta dell'arpa e di alcune percussioni sostanzialmente è uguale all'orchestra di Brahms, suoni in modo completamente diverso andando in una direzione che porterà al primo Stravinskij che di Rimskij-Korsakov sarà allievo e che porterà alle estreme conseguenze l'insegnamento del suo maestro. Si sbaglierebbe però a pensare che Sheherazade sia un brano con il quale Rimskij-Korsakov sfoggia soltanto la sua abilità di orchestratore. In realtà egli utilizza la sua abilità per costruire un brano in cui l'orchestrazione sempre mutevole diventa espressione e sentimento arrivando anche a momenti di grande emozione come nel finale in cui il violino, che rappresenta Sheherazade, viene avvolto dal tema del sultano con cui, minacciosamente, si era aperta l'opera, che alla fine è placato, dolce, colmo di un pieno sentimento amoroso e tutto questo viene realizzato semplicemente con i colori dell'orchestra.
L'esecuzione data da John Axelrod è stata splendida, ottimamente concertata e condotta con una chiarezza d'idee e una capacità di coinvolgimento dell'orchestra assolutamente notevole. Il risultato è stato che l'orchestra lo ha seguito in modo assai encomiabile sia nei singoli (tutte le prime parti, il flauto di Massimiliano Crepaldi, l'oboe di Luca Stocco, il clarinetto di Fausto Ghiazza, il fagotto di Andrea Magnani, il corno di Giuseppe Amatulli, tutti i restanti fiati, le percussioni, l'arpa di Elena Piva e naturalmente il primo violino di Luca Santaniello, con qualche piccola pecca), sia nell'insieme.
Un grande concerto quindi dall'inizio alla fine.

Nessun commento:

Posta un commento