martedì 29 gennaio 2013

Daniel Harding dirige la Filarmonica della Scala

Ieri sera alla Scala per la stagione della Filarmonica Daniel Harding ha diretto un bel concerto con musiche di Mozart, Wagner e Richard Strauss.
Il primo brano era la Musica funebre massonica KV 477 di Mozart (l'ascolto proposto è quello dell'esecuzione data nel 1989 a Salisburgo dai Wiener Philharmoniker come omaggio a Herbert von Karajan, morto qualche giorno prima). Un bel brano che però è passato un po' inosservato nell'economia del concerto. Del resto è un brano piuttosto breve e avrebbe bisogno di una collocazione diversa per essere valorizzato.
Il secondo pezzo era il Preludio e morte di Isotta di Wagner. Bella l'esecuzione di Harding, molto chiara. Forse mancava un po' di mistero, un po' di veleno e di malessere in quelle pause e in quei silenzi così espressivi del preludio ma il tutto è stato fatto molto bene con una piccola pecca del corno inglese nel passaggio dal preludio alla morte di Isotta: piccola ma in un momento assai delicato.
Nella seconda parte del concerto di Richard Strauss è stato eseguito l'ipertrofoco poema sinfonico Ein Heldenleben, Vita d'eroe, del 1899 (propongo l'esecuzione con la Filarmonica della Scala, primo violino Giulio Franzetti e direttore Giuseppe Sinopoli, un direttore di cui si sente drammaticamente una grandissima mancanza). Ultimo poema sinfonico della serie dei grandi poemi straussiani in un certo li riassume nel momento in cui l'eroe, dopo aver combattuto e vinto i nemici, una facile vittoria invero, contempla le opere di pace che Strauss rappresenta tramite una catena di citazioni dai propri poemi sinfonici precedenti, peraltro ben migliori di questo Heldenleben L'eroe, in un certo senso, sarebbe quindi Strauss anche se egli non aveva, a dire il vero, una tempra da eroe essendo egli il classico rappresentante della borghesia più opulente amante di una vita agiata e senza problemi. Harding ha ben diretto questa lunga e complessa partitura che è stata ottimamente suonata dall'orchestra con dei momenti di assoluta eccellenza e poesia come in tutto il finale dove il primo violino Francesco de Angelis, che suonava lo Stradivari Maréchal Berthier, e il primo corno, hanno dato una dimostrazione di grandissima bravura. In genere tutte le parti più liriche sono state eccellenti nell'esecuzione di Harding (sono anche le migliori dell'opera), mentre le parti più concitate o "eroiche", dove Strauss indulge nell'ostentazione un po' esteriore della sua abilità di orchestratore non sorretta da un'autentica sostanza musicale come nei poemi precedenti, forse non si realizzavano con quel pieno d'orchestra che si ha in mente quando si pensa a Strauss. In ogni caso si è trattato di un'esecuzione molto bella e molto ben suonata. Gran direttore Harding che riascolterò sabato nel Falstaff.
Alla Scala c'è sempre l'abitudine di esternare i propri apprezzamenti o i dissensi. Ieri sera ovviamente di dissensi non ce ne sono stati. Un mio vicino di posto, invece, alla fine del concerto, ha cominciato ad esclamare: "Sublime! Sublime!". Non so se il sublime, come l'eroico, sia una categoria che può essere utilizzata per Strauss però l'esecuzione, alla fine, aveva qualcosa che la poteva avvicinare alla categoria del sublime.
Pubblico numeroso e plaudente anche se senza particolari ovazioni.

venerdì 25 gennaio 2013

Bernstein incontra Schumann

La musica di Schumann mi piace sempre di più. Forse diventando meno giovane capisco e mi colpiscono molte più cose di un tempo anche non troppo lontano.
Queste sono le esecuzioni che ne diede Leonard Bernstein a Vienna verso la metà degli anni '80.
Per me sono ai vertici assoluti delle interpretazioni delle sinfonie di Schumann e credo che Bernstein abbia capito Schumann nel modo più profondo, quasi in una identificazione, Non ci si deve dimenticare quanto Bernstein amasse Mahler e quanto Mahler amasse Schumann.
In alcuni parti queste esecuzioni possono sembrare eccessive, come nel caso del tempo lento della seconda sinfonia, ma che capacità di sostenere il tempo, e che sensibilità!

Due giovani compositori

Ieri sera nel concerto in Auditorium ulteriore cambio di direttore. Al posto del previsto Otto Tausk è salito sul podio Jader Bignamini che aveva già diretto in questa stagione.
Il programma prevedeva l'esecuzione del primo concerto di Brahms e della quinta sinfonia di Mendelssohn, quindi di due composizioni giovanili per i due autori
Il primo concerto per pianoforte e orchestra op. 15 di Brahms ebbe una genesi piuttosto complicata. Infatti nasce nel 1854, Brahms aveva 21 anni, come sonata per due pianoforti ma Brahms ben presto si convinse che quella composizione richiedesse qualcosa di più di due pianoforti. Quindi strumentò per orchestra il primo movimento pensando ad una sinfonia e abbozzando altri due tempi. Poi, tra il 1855 e il 1856 ristrumentò per pianoforte e orchestra il primo tempo e a ottobre del 1856 il concerto era finito. Il primo movimento corrispondeva al primo movimento della sonata mentre il secondo e il terzo erano nuovi. Il secondo movimento probabilmente derivava da un brano di una messa non pubblicata mentre il secondo tempo originale della sonata fu riutilizzato in seguito nel requiem tedesco. Il concerto subì successivamente alcune rielaborazioni finché arrivò alla sua forma definitiva nel 1859 quando fu eseguito ad Hannover il 22 gennaio. Il concerto non ebbe un grandissimo successo ed entrò in repertorio veramente alla fine del secolo sulla scia del successo del secondo concerto.
Questa, per sommi capi, la genesi complessa di quest'opera molto seriosa, monumentale, una composizione che sta tra la sinfonia con pianoforte e il concerto-sinfonia e che pone un problema che troverà la sua soluzione diversi anni dopo nel secondo concerto, il più difficile e problematico di tutti i concerti per pianoforte e orchestra.
Ieri sera suonava Roberto Prosseda, gran mendelssohniano (sarebbe stato bello ascoltarlo nel primo concerto di Mendellsohn, grandissimo capolavoro purtroppo non frequentemente eseguito) che ha suonato bene anche se non in modo grandioso o monumentale dando dell'opera una visione più contenuta e intima. In questo è stato ben accompagnato dall'orchestra diretta da Jader Bignamini che ha tenuto l'orchestra su livelli sonori non eccessivi anche se questo atteggiamento ha penalizzato un po' certi momenti, ad esempio il terribile esordio del concerto. Bel bis con uno dei Lied ohne Worte di Mendelssohn, op. 30. n. 6 che è stato presentato da Prosseda come brahmsiano cosa che si poteva verificare in un certo modo di accompagnare la melodia e nel trillo che ricordava quello che spesso si sentiva nel concerto, anche se in tema di trillo, si dovrebbe arretrare ancora un po' fino a Beethoven per riscoprire il valore assolutamente strutturale del trillo nelle ultime sonate per pianoforte. Gran successo personale per Roberto Prosseda.
Nella seconda parte del concerto si è passati a Mendelssohn e alla sinfonia n. 5 op. 107, La Riforma. In realtà si tratta della seconda sinfonia che Mendelssohn scrisse tra il 1829 e il 1830, a 20 anni circa, per celebrare il trecentesimo anniversario della confessione protestante della città di Augusta ma l'opera in realtà fu eseguita per la prima volta a Berlino il 15 novembre 1832. Pare che allo stesso Mendelssohn questa sinfonia non piacesse molto, così se la tenne nel cassetto e fu pubblicata solo dopo la sua morte. Personalmente questa sinfonia non mi piace molto ed in generale trovo curioso, e un po' sospetto, il fatto che Mendelssohn, per scrivere le sue sinfonie, a parte la prima, sia sempre ricorso a suggestioni esterne, come nella sinfonia Italiana o Scozzese, dove perviene a risultati molto suggestivi e anche di alta poesia, o ad eventi particolari, come per la Lobgesang, per celebrare l'invenzione della stampa, o in questa Riforma, che trovo entrambe piuttosto indigeste, soprattutto la Lobgesang. La Riforma, alla fin fine, secondo me si salva per i due movimenti centrali, soprattutto per il secondo movimento, assolutamente delizioso e che ieri sera è stato splendidamente eseguito (magnifica la coppia degli oboi). Trovo invece gli altri due movimenti, soprattutto il finale, a parte alcuni momenti felici, un po' bombastici ed esperiori: li ascolto ma non mi dicono praticamente nulla.
Detto questo l'esecuzione è stata molto bella, ben concertata da Bignamini e ben suonata dall'orchestra con momenti di eccelso livello come tutto il secondo movimento, il terzo movimento, o l'amen di Dresda nel primo movimento suonato splendidamente dai primi violini, tutto l'esordio del finale.
Pubblico piuttosto numeroso e gran successo per tutti.
Speriamo che la tendenza alla crescita del pubblico prosegua ma si profila all'orizzonte il possibile e probabile cambio dei giorni dei concerti passando dai tre attuali, giovedì, venerdì e domenica, passando a due, la domenica sempre e come secondo giorno il venerdì, il sabato o il lunedì. Da quello che ho sentito, parlando con alcune persone, c'è un certo malumore per cui non vorrei che questa scelta, giustificata dal fatto che il giovedì c'è meno pubblico, si riveli un boomerang con perdita di abbonati se non addirittura di soci. Personalmente la domenica non vado e per vari motivi tra il venerdì, il sabato e il lunedì preferirei il venerdì ma con molte criticità, per cui per la prossima stagione vedrò quando e quanto frequenterò ancora l'Auditorium.

lunedì 21 gennaio 2013

Cathy Berberian

Per ricordare una grandissima. Quest'anno, a marzo, saranno 30 anni dalla sua morte. La ricordo in certi concerti in posti inusuali di Milano dove eseguiva pezzi i più vari, dal barocco al '900. Unica e inimitabile.
Questa V puntata di "C'è musica e musica" di Luciano Berio (1972) è dedicata alla voce e vede come protagonista assoluta Cathy Berberian.


domenica 20 gennaio 2013

Domenica mattina in Concerto

Nelle ultime due domeniche abbiamo avuto due appuntamenti con i concerti in Auditorium della domenica mattina diretti dal maestro Giuseppe Grazioli dal momento che si doveva recuperare un concerto di dicembre che era saltato.
La scorsa settimana il concerto era dedicato a Giuseppe Verdi focalizzando il discorso sulle trascrizioni di sue musiche e sulle musiche da balletto scritte dallo stesso Verdi in occasione della rappresentazione di sue opere a Parigi. Così si è potuto ascoltare il Gran concerto per oboe e archi su temi de I Vespri Siciliani di Antonio Pasculli, il "Paganini dell'oboe", un brano di delirante difficoltà superate alla grande dal primo oboe dell'orchestra Verdi, Emiliano Greci. A seguire, di Donato Lovreglio, la Fantasia da concerto per clarinetto e orchestra su motivi de La Traviata, altro brano funambolico eseguito con grande maestria dal primo clarinetto dell'orchestra, Raffaella Ciapponi. C'è da notare, come osservava il maestro Grazioli nella sua presentazione, come questi pezzi, oltre ad assolvere alla funzione di diffusione delle musiche di Verdi anche a favore di un pubblico che per varie ragioni non poteva andare all'opera, hanno avuto anche un ruolo importante nello sviluppo della tecnica dello strumento che ben raramente in composizioni dei più grandi compositori erano impiegati in modo così virtuosistico. Per finire il concerto è stato eseguito il balletto per il Trovatore, nella versione parigina. Ricordo che già negli anni '60 avevo un vecchio disco EMI con queste musiche ma che successivamente ho avuto ben poche occasioni per riascoltarle. La cosa mi ha fatto molto piacere perché è una musica che mi piace molto ricordandomi assai anche alcune cose di Nino Rota. Splendide le esecuzioni dell'orchestra ottimamente diretta dal maestro Grazioli con grande vigore.
Stranamente questo concerto è stato seguito la sera successiva in Conservatorio, per le Serate musicali, da un concerto pianistico di Jeffrey Swann con varie musiche di Verdi e Wagner in trascrizioni di vari autori per ribadire il concetto di quanto sia importante il genere delle trascrizioni e parafrasi, in questo caso pianistiche. Così abbiamo ascoltato alcune trascrizioni di Liszt, il Sogno di Elsa dal Lohengrin, il Canto delle filatrici dall'Olandese volante, una trascrizione dello stesso Swann della parte centrale del duetto d'amore dal Tristan (quanto di più grande abbia composto Wagner; quando a Bayreuth nella villa di Wagner in una bacheca ho visto lo spartito manoscritto del Tristan aperto proprio su questa pagina ho sentito un brivido, non sto scherzando), mentre di Verdi Swann ha eseguito la trascrisione dal Trovatore, il Miserere, e la Danza sacrale dall'Aida. A questi pezzi si sono aggiunti altri pezzi, ad esempio la trascrizione del minuetto della terza sinfonia di Mahler, fatta da Ignaz Friedman nel 1913 e altre trascrizioni ancora da Wagner e Schubert fatte da altri autori. Un concerto divertente e originale.
Nel concerto di questa mattina il musicista principale era Robert Schumann di cui è stata eseguita l'Introduzione e allegro appassionato op. 92 per pianoforte e orchestra, scritta nel 1850 che è stato ben eseguito, con notevole impeto, da Simone Pedrone, che poi ha fatto un bis lisztiano, la terza Consolation (mi sarebbe piaciuto il grande studio Un Sospiro, ma sarà per un'altra volta, spero). Il concerto però era iniziato con l'energetica ouverture dall'opera Raymond di Ambroise Thomas, autore ancora piuttosto famoso per la sua opera Mignon
Per finire è stata eseguita la terza sinfonia Singulière di Franz Berwald, uno strano personaggio che in vita ebbe pochissimo successo come musicista e che per vivere si inventò vari mestieri, tra cui quello del  creatore di strumenti ortopedici, a Berlino dove ebbe un notevole successo, direttore di una vetreria, di una fabbrica di mattoni, ecc. Il mio primo approccio a Berwald risale a molti anni fa, forse 40. Un giorno accesi la radio sintonizzata sul terzo programma e stavano trasmettendo un pezzo che non conoscevo. Man mano che l'ascolto proseguiva ero sempre più incuriosito perché quell'autore sembrava ora Mendelssohn, ora Berlioz in certi dettagli della strumentazione dei fiati, ora Brahms, ora aveva qualcosa di Wagner, di sfuggita, ora di Sibelius per una certa volubilità e capricciosità che ricordava qualcosa della sua terza sinfonia o della quinta o della sesta. Ero francamente un po' confuso perché non riuscivo ad inquadrarlo. Quando la musica finì l'annunciatrice disse che si trattava della terza sinfonia di Berwald (dirigeva Sixten Ehrling). Berwald? Chi era costui? Comunque fu amore a prima vista e da allora lo amo molto e ho anche imparato ad amarlo non perché assomiglia a qualcun altro ma per la sua musica in sé, che ha pure i suoi difettucci. Comunque questa sinfonia è meravigliosa con uno stupendo secondo movimento che contiene lo scherzo ed ha una struttura simmetrica a specchio, un primo movimento che inizia come una cortina che si solleva su un mondo nuovo e diverso ed un finale dai tratti epici in cui, improvvisamente, entra come una reminiscenza il bellissimo secondo tema dell'adagio. 
Mi ha fatto moltissimo piacere che si sia pensato di mettere in programma questo autore, visto che nonostante il suo considerevole successo discografico, in sala da concerto, almeno alle nostre latitudini, credo una esecuzione di sue musiche sia piuttosto rara, per essere ottimisti.
Bellissima l'esecuzione data da Giuseppe Grazioli, molto appassionata e intensa.

venerdì 18 gennaio 2013

Selig sind die Toten

Questa settimana un solo brano nel concerto in Auditorium per l'orchestra Verdi e il coro riuniti nell'esecuzione di Ein deutsches Requiem di Brahms la cui composizione lo tenne occupato per circa cinque anni, dal 1862 al 1867. In questo periodo, nel 1865, cadde la morte di sua madre che gli ispirò il tenerissimo quinto brano, Ihr habt nun Traurigkeit, cantato dal soprano con il coro, che si aggiunse ai sei brani originari portando così il requiem ad un totale di sette pezzi. Questo requiem, come noto, non ha nulla a che vedere con i requiem cattolici in latino. Infatti si tratta più di una meditazione sulla condizione umana che di una rappresentazione del giorno del giudizio finale con annesso terrore della morte e dell'eventuale condanna eterna. Non per niente Brahms pensava di chiamare questo requiem "umano". Nella composizione di questa musica Brahms risentì ovviamente della grande influenza di Bach e della tradizione luterana non solo per il fatto che egli ha usato un corale, Wer nur den lieben Gott, utilizzato anche da Bach in almeno una cantata e in alcuni brani organistici, ma per una certa visione del rapporto con la morte che ricorda molto la grandissima, ancorchè estremanete giovanile cantata BWV 106 Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit, detta "Actus tragicus", scritta da Bach nel 1708, quindi a 23 anni, su testi biblici, come sarà per il requiem di Brahms che conosceva bene la Bibbia anche se certamente era agnostico e miscredente, e illuminata da una tenue e dolcissima luce fatta di consolazione e di conforto.
Per questo e altri motivi amo molto questo requiem brahmsiano. In particolare mi ha sempre colpito molto il terzo brano con il baritono, Herr lehre doch mich dass ein Ende mit mir haben muss, un brano terribile nell'incalzare iniziale del botta e risposta tra il baritono e il coro che si scioglie in un meraviglioso passaggio in cui si conquista il re maggiore per una delle più colossali perorazioni polifoniche, salda come il pedale di re dei bassi. Analoghe clamorose perorazioni di fede terminano il secondo brano, Denn alles Fleisch, es ist wie Gras, una specie di marcia funebre sulle cupe rullate dei timpani, e il sesto, Denn wir haben hie keine bleibende Statt, ancora con il baritono, l'unico momento in cui si ricorda il giudizio finale con la sua tromba, ma siamo ben lontani da Verdi o Berlioz, e la sconfitta della morte (Tod, wo ist dein Stachel?) che ricorda, ad esempio, la cantata Christ lag in Todesbanden BWV 4 di Bach, cantata corale del 1707/1708, in particolare nei Versus 3 e 4.
I restanti tre brani del requiem sono il quarto, Wie lieblich sind deine Wohnungen, una dolce lode delle opere divine, il brano iniziale, Selig sind, die da Leid tragen, e quello finale, Selig sind die Toten, che offrono all'inizio e alla fine una visione consolatoria e fiduciosa pur nella certezza della precarietà e problematicità della nostra condizione umana. Una composizione, quindi, di grande significato e molto importante.
Nell'esecuzione di ieri sera cantavano la soprano Letitia Scherrer, molto brava e con una voce molto adatta alla parte, e il giovane baritono Johannes Mooser, un ragazzone di un paio di metri con una voce però piuttosto piccola, chiara che non ha cantato male ma lo ha fatto forse incidendo poco nell'interpretazione. Buono il coro e ottima l'orchestra che ha sempre suonato bene. Helmuth Rilling, prossimo agli 80 anni e che personalmente stimo moltissimo per la sua antica militanza bachiana, ha ben diretto evitando eccessi fonici e tenendo il tutto in un'atmosfera raccolta e meditativa anche se forse qua e là ha tenuto dei tempi un po' troppo spediti, ma questa è un'osservazione del tutto personale.
Pubblico piuttosto numeroso e successo molto notevole per tutti.
PS
Forse dai link che ho messo si è capito che amo molto la registrazione di Otto Klemperer con la Schwarzkopf e Fischer-Dieskau. Come non amarla!  Però è molto bella anche quella di Celibidache, anche se è un po' particolare con quei tempi dilatatissimi che però, in alcuni casi, fanno un effetto colossale (la fuga finale della terza parte!!!).

venerdì 11 gennaio 2013

Spettacolo indecente

Jeri sera spettacolo indecente del trio Berlusconi/Santoro/Travaglio (qui a fianco uno dei momenti di più intensa drammaticità).
Che contenuti politici! Hanno tirato fuori cose trite e ritrite che non si possono più ascoltare.
Per cui, per parte mia, unandateacagarecumulativononvelotoglienessuno.
 

Maestri sostituti

Decisamente questo è l'anno delle assenze e delle sostituzioni dei direttori nei concerti dell'orchestra Verdi.
Dopo la Zhang Xian, per maternità, ed Helmuth Rilling, per problemi sulle tempistiche delle prove con l'orchestra in tournée in Russia, ora è toccato al maestro Claus Peter Flor che doveva dirigere due concerti ed è stato sostituito nel primo da Gaetano d'Espinosa, la scorsa settimana, e da Martin Haselbock, questa settimana.
Gaetano d'Espinosa era già venuto in Auditorium tra settembre e ottobre per dirigere un concerto al quale se ne erano aggiunti altri due nei quali aveva sostituito la neomamma Zhang Xian. La scorsa settimana è venuto a sostituire nel primo concerto dell'anno Claus Peter Flor in un concerto con musiche di Strauss, Vier letzte Lieder, e Bruckner, sinfonia n. 3.
I Vier letzte Lieder sono uno dei più grandi capolavori della musica scritta nel XX secolo e a me importa ben poco sapere e considerare quanto questa musica fosse allineata con gli esiti delle avanguardie musicali del tempo, il 1948. Questi quattro lieder costituiscono un'opera scritta in modo strepitoso per l'orchestra e per la voce con un flusso di ispirazione continuo e di altissimo livello di poesia, uno sguardo retrospettivo, con un filo di trattenuta malinconia, su una vita ormai trascorsa. Cantava Susanne Bernhard, molto brava e la direzione di D'Espinosa mi è piaciuta molto, molto bella la concertazione, ottimamente coadiuvato da un'orchestra che ha suonato molto bene con punti di eccellenza assoluti nell'assolo del corno di Giuseppe Amatulli alla fine di September e del violino del primo violino dell'orchestra, Luca Santaniello, nel meraviglioso Beim Schlafengehen.
La terza sinfonia di Bruckner, come accadde ad altre composizioni di Bruckner, ha una storia complessa con le sue tre versioni: la prima del 1873 dedicata a Wagner, la seconda del 1877 e la terza del 1889 eseguita nel concerto. L'esecuzione di d'Espinosa è stata molto buona dal punto di vista della concertazione ma, in generale, con una scelta di tempi troppo rapidi per cui la sinfonia, i cui tempi di esecuzione si aggirano mediamente sui 60 minuti, è stata sbrigata in circa 53. E' vero che se si considerano le esecuzioni di vari direttori si oscilla tra i 55 e i 67 con alcuni direttori che sono anche più lenti con la punta massima di Georg Tintner che con i suoi 77 minuti è il più lento di tutti (però Tintner dirige la prima versione che è anche più lunga, ma con Eliahu Inbal, che dirige la stessa versione, la sinfonia dura "appena" 66 minuti circa), tra quelli che conosco, però, obiettivamente d'Espinosa mi è sembrato un po' troppo veloce. Secondo la mia visione di Bruckner, eseguita così la sua musica tende a diventare una sequenza di pianissimi e fortissimi di cui non capisco bene il motivo dal momento che non mi interessa per niente bearmi semplicemente di un bel suono orchestrale se non ne capisco e ne vivo i presupposti e le conseguenze. Bel successo per tutti
Ieri sera, invece, il maestro Claus Peter Flor è stato sostituito da Martin Haselbock che già negli scorsi anni era venuto a dirigere musiche di Liszt e Beethoven. Personalmente lo apprezzo molto (tra l'altro assomiglia incredibilmente ad una mia vecchissima conoscenza che aveva una sorella che mi... ma "non parliam di fatti si rimoti" Nozze di Figaro, Atto III, Scena VI).
Il primo pezzo in programma era il Meeresstille und glückliche Fahrt di Mendelssohn, un brano giovanile del 1828, da Goethe che già aveva ispirato, ad esempio, Beethoven e Schubert. L'esecuzione è stata a dire il vero un piattina, cioè dalla calma di vento iniziale con il mare piatto il successivo felice viaggio non mi pare sia riuscito a rivitalizzarsi in modo particolarmente convincente. In questo però, forse, è anche un po' complice la musica di Mendelssohn così misurata ed educata tanto da riscaldare poco il cuore.
A seguire la splendida Serenata op. 31 per tenore, corno e archi del 1943 di Benjamin Britten di cui ricorre in questo 2013 il centesimo anniversario della nascita. Bellissimo brano con dei momenti di poesia e di profondità assoluti. Il brano è composto da sei liriche di vari poeti britannici dal XV al XIX secolo incorniciate da un prologo e da un epilogo suonato dal corno solo; l'epilogo è identico al prologo ma è suonato dietro le quinte. E' curioso come Igor Stravinskij utilizzerà esattamente una delle liriche utilizzate da Britten, il Lyke-Wake Dirge come Preludio, due Interludi tra tre Ricercare e Postludio nella sua bellissima Cantata del 1952. Cantava il giovane tenore Julian Prégardien, figlio del grande Christoph, tenore anch'esso, che è andato bene; forse non ha una gran voce ma è limpida e chiara e penso che con gli anni acquisterà maggior peso. Al corno il grande Radovan Vlatkovic che già aveva eseguito questo brano in Auditorium alcuni anni or sono. Bella la direzione di Haselbock.
Per finire si è tornati a Mendelssohn, gran disegnatore ed acquarellista dalla precisione millimetrica, con la sua sinfonia migliore, la Scozzese op. 56. La sinfonia nacque dalle suggestioni di un viaggio in Scozia del 1829. Seguì poi il viaggio in Italia dove nacque la sinfonia Italiana, op. 90. Mendelssohn riprese in mano quelle antiche suggestioni scozzesi nel 1842 quando completò la sinfonia che fu dedicata alla giovanissima regina Vittoria e pubblicata come terza sinfonia, anche se in realtà era la sua ultima sinfonia; la sinfonia Italiana sarà pubblicata solo dopo la morte di Mendelssohn come op. 90 e quarta sinfonia e ne seguirà poi una quinta composta ancora prima.
L'esecuzione di Haselbock è stata molto bella, con bei colori orchestrali bruniti nel primo movimento e nel terzo, il grande capolavoro della sinfonia, una bella vivacità nel secondo movimento e un convincente carattere guerresco nel finale e, nella coda, solenne, eroico e pomposo. Ottima prestazione di tutta l'orchestra con il clarinetto di Fausto Ghiazza in splendida evidenza nello scherzo e in generale tutti i fiati.
Buon successo da parte di un pubblico non foltissimo.

mercoledì 9 gennaio 2013

La Verdi va in Cina!?

Ecco, appunto, ne parlavo di sfuggita in ciò che avevo scritto in relazione all'assemblea dei Soci dello scorso dicembre. La tournée della Verdi in Cina si può fare ma ci sono problemi per i costi di trasferta.
Sarebbe un vero peccato non farla, in tutti i sensi.

Per cui, chi può farlo, potrebbe contribuire alla copertura di questi banali costi di trasferta.
Mandiamoli là, e ci faranno fare un figurone con i cinesi.


martedì 1 gennaio 2013

Previsioni sbagliate per il 2012

Quegli scettici del CICAP sono andati a vedere come sono andate le previsioni del 2012 a confronto con quanto è realmente accaduto.
Praticamente un disastro.
Eppure tutti gli anni siamo inondati di cavolate in cui dottissimi astrologi ci inondano, serissimi, di considerazioni su lavoro, salute e poi l'amore!
E ci sono fior di riviste: amore quattro palle, lavoro due palle, salute cinque palle, ecc. ecc
Naturalmente hanno ragione loro perché i furbi che le comprano non mancano buttando via i loro soldi per comperare della carta ad un prezzo troppo altro per essere carta da macero.
Già anni fa Piero Angela, persona molto seria e di grande successo televisivo, aveva fatto un simile confronto che ovviamente era risultato altrettanto disastroso ma non c'è niente da fare.

Novità discografiche

E' in uscita un'incisione di Orietta Berti che interpreta grandi lieder di Mozart, Schubert e Schumann. Doveva uscire il primo di aprile ma l'emissione è stata anticipata perché il disco sarebbe uscito dopo San Remo e con tutti i capolavori che saranno presentati in quel nobile ed antico festival e che faranno accorrere nei negozi di dischi milioni di acquirenti, la concorrenza sarebbe stata troppo forte. Per gli estimatori della grande cantante, pare che non mancheranno anche alcune delle sue grandi canzoni (Fin che la barca va, Tipitipiti, ecc.).
Un'amica che mi è sempre prodiga di informazioni mi comunica che è in uscita anche una selezione di lieder di Hugo Wolf e Benjamin Britten interpretati da Gigi d'Alessio con l'accompagnamento pianistico di Giovanni Allevi. Un prodotto veramente unico e assolutamente imperdibile. Bisogna dire che l'anno inizia proprio bene.