sabato 27 ottobre 2012

Abbado a Ferrara: sono già lì.

Se non succedono cataclismi  venerdì 12 aprile 2013 andrò con mia moglie a Ferrara per un concerto di Abbado con la Argerich. Purtroppo sono arrivato tardi per un pelo per il concerto di Abbado del 30 ottobre con Barenboim al pianoforte e la VI di Mahler (stanno già provando da una settimana, mica due giorni e via).
Abbiamo già i biglietti e con i giusti contatti (potenza di Facebook! Grazie a Mara) ci è costata molta ma molta meno fatica di quella volta che Abbado venne alla Scala nel 1993 con i filarmonici di Berlino: due giorni di impegno, con appelli alle quattro del mattino e chi era assente perdeva il posto. Meno male che allora abitavo in pieno centro e alla Scala ci potevo praticamente andare a piedi facendo una passeggiata ma, considerando che era il 31 gennaio, faceva un freddo cane.
Invece ora con due clic ho fatto tutto bello sciallo e comodamente senza tanto sbatti, come direbbe il piccolo.

Pinchas Zuckerman

Ieri sera per le Serate musicali il violinista Pinchas Zukerman ha fatto un concerto con musiche di Schumann, Franck e Brahms.
Si è iniziato con le Tre Romanze per oboe e pianoforte op. 94 di Robert Schumann, un'opera scritta nel dicembre 1849 come regalo di Natale per Clara, nata Wieck, la più grande pianista dell'ottocento e lei stessa compositrice di belle musiche. L'originale è per oboe ma lo stesso Schumann prevede la possibilità di usare il violino. Brano di grande intensità e tenerezza, di una profondità che si nasconde nella più grande semplicità. Zuckerman ha suonato il pezzo quasi in punta di piedi, con grande compostezza, poesia e stile, caratteristica, questa dello stile, che è stata una costante di tutto il concerto.
A seguire César Franck e la sua sonata per violino e pianoforte in la maggiore del 1886, uno tra i più grandi capolavori del genere sonata per violino e pianoforte. Personalmente adoro Franck nel senso che tutto ciò che ha scritto mi piace e trovo meravigliosa la sua armonia e le sue progressioni. Zuckerman ha suonato benissimo facendo cantare il violino con una grandissima intensità ma con suono sempre bello dal registro più profondo a quello più acuto e senza mai farsi travolgere dalla piena di canto e di ardore che viene fuori da questa musica meravigliosa.
Nella seconda c'era lo Scherzo della sonata FAE (Frei aber einsam) (nel bellissimo video con Kogan che suona vari pezzi lo scherzo inizia al minuto 15.15) scritta nel 1853 a sei mani con Schumann e Dietrich. Brahms aveva 20 anni e in questo geniale scherzo si trova già molto di ciò che sarà il Brahms futuro.
Per finire un altro grande cavallo di battaglia dei violinisti, la sonata n. 3 in re minore op. 108, sempre di Brahms che la scrisse tra il 1886 e il 1888. Jorge Luis Borges nel suo libro A/Z alla voce Brahms scrive: "La musica di Brahms è l'unica, oltre alle milongas, agli spirituals e al cante jondo, che riesca a commuovermi." Brahms, soprattutto l'ultimo Brahms, si nasconde dietro elementi minimi di cui quasi non ci si accorge. Non è certo un autore molto appariscente e raramente alza la voce; è un autore da meditazione, da gustare nel proprio intimo, ma appunto per questo riserva delle gioie profonde quasi impalpabili. Anche in questa sonata Zuckerman, grande violinista incapace di suonare male, ha suonato benissimo, con grande suono, sensibilità e stile.
Accompagnava al pianoforte la pianista Angela Cheng, buona ma non esente da pecche qua e là.
Pubblico scarsino che riempiva neanche un terzo del dal Verme.

venerdì 26 ottobre 2012

Per chiudere...

Per chiudere questa settimana così intensa una composizione di Francis Poulenc, lo Stabat Mater, un opera di una bellezza assoluta





che fa il paio con lo Stabat Mater di Karol Szymanowski, altro grandissimo capolavoro






e, naturalmente, il capolavoro assoluto, quello di Giovanni Battista Pergolesi


Il ritorno della Xian

Programma tutto brahmsiano per la rientrante Xian dopo la seconda maternità.
Si è partiti con un brano da bis, la danza unghesere n. 1 in sol minore che è servita per scaldare i muscoli all'orchestra. Bella esecuzione anche se nella parte centrale,"sostenuto e poco a poco in tempo" la Xian forse ha staccato un tempo troppo lento.
A seguire il doppio concerto per violino e violoncello op. 102 scritta nel 1887. Questa è l'ultima opera sinfonica di Brahms ed è un'opera che riprendeva un genere piuttosto abbandonato. In effetti in quegli anni andavano molto di moda i concerti virtuosistici per pianoforte o per violino, ma Brahms già nei suoi concerti precedenti aveva dimostrato di curarsi ben poco degli aspetti virtuosistici e di privilegiare di gran lunga l'intensità, l'espressione e il contrappunto. Quest'opera nacque anche come riconciliazione con il vecchio amico, il violinista Joachim con il quale i rapporti si erano interrotti a causa della moglie di Joachim di cui Joachim era gelosissimo e di cui Brahms prese le difese contro le infondate accuse di tradimento del marito. Il concerto, una specie di sinfonia concertante se non un concerto grosso ampliato, non è virtuosistico ma è molto difficile. Non è propriamente il mio Brahms preferito e sono abbastanza d'accordo con il grande critico Hanslick, che fu un alfiere di Brahms, quando diceva che il concerto era "più scritto che ispirato" però contiene dei passaggi strepitosi e, appunto perchè non è sempre sostenuto da quella piena di melodia che si riscontra in altri pezzi di Brahms, merita ogni cura da parte degli esecutori. L'esecuzione è stata molto buona con una bella intesa tra la Xian e i due solisti, la storica spalla dell'orchestra Luca Santaniello e il primo violoncello Mario Shirai Grigolato che hanno suonato con intensità. Un bel successo per entrambi. E' buona cosa che le prime parti dell'orchestra abbiano la possibilità di esibirsi da solisti, un'ottima esperienza che aumenta l'autostima non di poco. Come bis la passacaglia di Haendel in versione per violino e violoncello che fu usata anche come sigla degli intervalli RAI, da con confondersi con la sigla con le pecore, molto precedente, che era di Paradisi.
Per finire la prima sinfonia op. 68 del 1876, scritta dopo anni di attesa da parte del mondo musicale. Il confronto era nientemeno con Beethoven. Brahms sentì questo carico di responsabilità e compose questa sinfonia quando si sentì sicuro di poter scrivere qualcosa di personale e non un'imitazione di Beethoven, cosa che l'avrebbe condotto al disastro. 
La Xian aveva già eseguito questa sinfonia nel gennaio del 2011. L'esecuzione di quest'anno mi ha sorpreso fin dall'inizio: un'esecuzione più meditata, più profonda e sofferta ma anche molto dinamica. Una grande esecuzione molto ben concertata. 
L'orchestra ha suonato da grande orchestra, in modo virtuoso, da orchestra che possiede nelle propre corde questa musica. 
Ottimi tutti gli interventi solistici, l'oboe di Luca Stocco nel secondo movimento, il flauto di Massimiliano Crepaldi nell'introduzione del finale, il clarinetto di Raffaella Ciapponi, il corno di Sandro Ceccarelli che è stato sempre ottimo e grandioso nel richiamo del corno alpino nel finale che ha suonato con bellissimo suono, ma senza dimenticare tutto in gruppo dei corni che ha suonato sempre bene, ed infine il violino di Nicolai von Dellingshausen, per l'occasione spalla, dal suono immacolato ed intonatissimo nel duetto finale del secondo movimento con il primo corno , una conclusione strepitosa per il bellissimo movimento.
Pubblico molto numeroso con moltissimi giovani: una bella gioventù, finalmente! Successo per tutti.
Omaggio di un pacchetto con nastro azzurro alla Xian da parte di una carinissima signora della platea per ricordare che la Xian sarà anche una donna di ferro ma è prima di tutto una donna e una mamma di due bambini e secondo me questo fatto forse ha inciso nel modo di interpretare questo Brahms, più maturo e sentito.

lunedì 22 ottobre 2012

Dedica

Dedicato ad una persona, la mamma di tre dei miei cugini, che da oggi non è più qui.

Herr, lehre doch mich,
daß ein Ende mit mir haben muß.
und mein Leben ein Ziel hat,
und ich davon muß.








Ihr habt nun Traurigkeit;
aber ich will euch wiedersehen,
und euer Herz soll sich freuen,
und eure Freude soll niemand von euch nehmen.



domenica 21 ottobre 2012

Aspettando Pinchas Zukerman

Fra qualche giorno ascolterò Pinchas Zukerman dal vivo.
Intanto qui, in ottima compagnia, Daniel Barenboim e Jacqueline du Pre, esegue il trio di Ciaikovskij, gran musica!


venerdì 19 ottobre 2012

Che trio!

In tutti i sensi, che trio!
Amo questo trio di Brahms.


Jaqueline du Pré

25 anni fa moriva Jaqueline du Pré. Fu una perdita enorme per la musica, una tragedia per noi che eravamo suoi fan già da molti anni privati della sua presenza a causa della sua malattia che la fece morire così giovane.
Se penso che ora avrebbe 67 anni mi viene una rabbia...
E' incredibile come la vita si accanisca con alcuni e la du Pré non fu certo fortunata considerando la malattia e la sua vita privata (credo seriamente che una delle cause, forse la più importante, per cui non riesco a considerare con simpatia il suo enfatico marito Daniel Barenboim, sia dovuto proprio a questo motivo, cioè che lui non le sia stato vicino fino alla fine; sarà un difetto mio ma certe cose non riesco a superarle).

Qui aveva 17 anni ed era deliziosa con quel taglio di capelli.


Dalle tenebre alla luce

Ieri sera in Auditorium Claus Peter Flor ha diretto un concerto ad alto contenuto spirituale con musiche di J. S. Bach, Cantata BWV 199 "Mein Herz schwimmt im Blut" (Il mio cuore nuota nel sangue), cantata per la XI domenica dopo la Trinità e l'ottava sinfonia di Anton Bruckner.
Nel 1714 Bach fu nominato Konzertmeister alla corte di Weimar. Tra i suoi obblighi c'era quello di scrivere una cantata al mese per il servizio di corte. Fu così che domenica 12 agosto 1714 fu eseguita la cantata Mein Herz schwimmt im Blut che probabilmente era stata scritta l'anno prima ma fu riproposta anche successivamente a Cothen e a Lipsia, domenica 8 agosto 1723 trasposta dal do minore di Weimar a re minore. Il testo di Georg Christian Lehms da Darmstadt è correlato alla contrizione, al pentimento. Il testo, di carattere pietistico, può fare oggi un effetto un po' strano, perfino eccessivo ma in quell'epoca era perfettamente in sintonia con la sensibilità del tempo. A questo proposito si possono leggere i capitoli sulla letteratura tedesca del Mittner relativi a quel periodo per rendersi conto in modo più profondo di quanto fosse radicato questo sentimento pietistico. La cantata non fu pubblicata nell'edizione ottocentesca dei lavori di Bach, edita dalla Bach-Gesellschaft perchè l'autografo fu scoperto nel 1911 a Copenhagen. La cantata è scritta per un soprano, archi, un oboe e basso continuo; è in otto parti con quattro recitativi che precedono tre arie e un corale. La prima aria, con l'oboe obbligato, è una supplica; la seconda aria, con l'accompagnamento degli archi ricorda in qualche modo Haendel per l'ampiezza del gesto musicale ; la terza aria, che conclude la cantata, corrisponde al momento in cui il penitente si è finalmente riconciliato con Dio: ha quindi un carattere di danza, una giga, che disperde le immagini cupe che caratterizzavano le precedenti parti della cantata costruendo così un percorso che dalle tenebre conduce alla luce. Tra la seconda e la terza aria è inserito un corale scritto con una viola obbligata (ma nelle esecuzioni successive furono utilizzati altri strumenti, un violoncello, la viola da gamba, il violoncello piccolo) sulle parole della terza strofa del famoso inno Wo soll ich fliehen hin di Johann Herrmann.
Cantava la soprano Deborah York, vecchia conoscenza per essere stata già presente in Auditorium molte altre volte. La York è molto brava, è un'autentica specialista, anche se non ha una voce di grande volume per cui in certi momenti, soprattutto nel registro basso, la si sente poco. Molto bella, comunque, la sua interpretazione e bella la direzione di Flor con in evidenza la viola di GabrieleMugnai e l'oboe di Luca Stocco nella prima aria.
Nella seconda parte del concerto è arrivato Anton Bruckner (sabato 4 settembre 1824 - domenica 11 ottobre 1896). 
Bruckner è un personaggio strano. Sostanzialmente audidatta, grande organista, scrive varia musica sacra, sottopone nel 1852 le sue musiche al maestro di cappella di corte Ignaz Assmayr, allievo di Michael Haydn e amico di Schubert, da cui riceve il consiglio di abbandonare la musica, pur abbattuto nel 1854 scrive una Missa Solemnis che ha un buon successo e che sottopone a Simon Sechter, organista di corte e docente col quale avrebbe voluto studiare anche Schubert se non fosse morto, che ammira l'opera ma gli consiglia di ricominciare da capo a studiare alla sua scuola arrivando così il 22 novembre 1861 (37 anni!) al conseguimento del certificato di "maestro di musica" al conservatorio di Vienna. Il direttore d'orchestra Johann Herbeck che faceva parte della commissione esaminatrice e che nel 1865 avrebbe scoperto ed eseguito la sinfonia Incompiuta di Schubert, disse: "Se io sapessi la decima parte di ciò che lui sa, mi stimerei felice... E' lui che avrebbe dovuto esaminare noi".
Da lì in poi scriverà le sue opere maggiori, le messe, il Te Deum, le opere sinfoniche e le poche ma splendide opere da camera.
Fa anche grandi incontri, Wagner nel 1865 per il Tristano, Liszt per la Santa Elisabetta e Berlioz nel 1866 per la Damnation de Faust ma nel 1867, sopraffatto da enormi tensioni psichiche finisce in ospedale psichiatrico con il divieto di comporre. E' preso da ossessioni assurde come la comptomania, quella di contare tutto ciò che gli capita sotto gli occhi, le foglie di un albero, le stelle nel cielo, le croci che incontra sul suo cammino, ecc. e che forse può essere ritrovata nella sua musica nell'osservanza delle frasi musicali di quattro battute o nei meccanismi ossessivi degli "scherzi".
Ferventissimo cattolico, se non avesse trovato nella musica un mezzo in cui scaricare le proprie nevrosi e il proprio mondo interiore si sarebbe ridotto ad essere un tipo strano da paese, un tipo bizzarro, sostanzialmente un infelice rovinato dai preti e dalle troppe preghiere, come riteneva Brahms che, a meno di sei mesi dalla sua morte (3 aprile 1897), andrà al suo funerale, lui agnostico ma luterano di origine, facendosi portare in carrozza alla chiesa ma restando fuori da quel luogo di culto cattolico.
Nella musica trovò invece un grande riscatto e fu un gigante che scrisse musiche, soprattutto le sinfonie, che fanno l'effetto di massi in mezzo ad un prato, come talvolta si vede in montagna (ma non si devono dimenticare, ad esempio, le sue splendide musiche corali di un'armonia magnifica).
Se si osservano le date di composizione si osserva come spesso, non appena terminata una sinfonia, Bruckner iniziasse la successiva, come se riprendesse da capo ad occuparsi di un problema, sempre dello stesso problema esistenziale che in una sinfonia trovava una soluzione provvisoria per essere riproposto immediatamente dopo da capo. In questo senso le sue sinfonie sono sono tutte simili tra loro. Se si esaminano i singoli movimenti si osserva come da una sinfonia all'altra cambi il materiale musicale ma come lo schema sia sostanzialmente il medesimo ed anche come certi stilemi, ad esempio le frasi costruite con lo schema 2+3 o 3+2, ritornino sempre in modo ossessivo.
L'ottava sinfonia, in assenza di un finale per la nona sinfonia, rappresenta certamente il suo più grande esito sinfonico. In questa sinfonia Bruckner costruisce un arco enorme che partendo dal tremolo iniziale su cui si innesta il primo tema, minaccioso ed oscuro, arriva fino al finale dove ad un tratto, dopo tanto girovagare, implorare, pregare, raggiungere punti di approdo che sembrano stabili, ritorna in fortissimo il medesimo tema dell'inizio. Spesso nelle sifonia di Brucker la fine e l'inizio coincidono. Nell'ultima pagine del finale della quarta sinfonia torna il tema dei corni con cui la sinfonia era iniziata e fa l'effetto che in 2001 Odissea nello spazio fa il monolito alla fine del film che richiama l'inizio. Nell'ottava l'effetto è molto amaro perchè prendi coscienza che sei ancora lì, con lo stesso problema dell'inizio, ma mentre nel primo movimento al terribile ritorno finale del tema segue uno spegnimento rassegnato, nel finale tutto ciò che è trascorso nel mezzo ti dà la forza per superare quel momento critico e ti permette, con un ultimo sforzo veramente enorme, di portare a compimento l'opera in modo glorioso. Non a caso alla fine Bruckner, in do maggiore, sovrapporrà uno sopra l'altro i temi che sono intervenuti nella sinfonia portando la musica ad una conclusione trionfale per quanto instabile e provvisoria.
L'esecuzione di Claus Peter Flor, che ha eseguito la seconda versione del 1890 (la questione delle versioni di alcune sinfonia di Bruckner è molto interessante ed anche tipico del personaggio), è stata bella, l'ho apprezzata molto. Forse il primo tempo era un po' troppo veloce ma il resto è stato ottimo. Comunque tutto è stato molto ben diretto, ben concertato e soprattutto interpretato in modo vivo. Considerando quanto sia difficile dirigere Bruckner per l'adesione emotiva, ma anche razionale ed intellettuale che viene richiesta e quanto sia facile ridurre una sinfonia di Bruckner ad un ectoplasma informe, farraginoso e senza né capo né coda nell'eterna alternanza di pianissimi e brutali fortissimi privi di significato, mi è parso che Flor qui abbia raggiunto un livello interpretativo molto molto elevato ed in ogni caso è stata la migliore ottava di Bruckner che io abbia mai ascoltato dal vivo, a parte, forse, quella che ascoltai alla Scala nel 1973 diretta dal grandissimo Carl Bohm, ma non la ricordo, a parte il fatto che fu preceduta dall'esecuzione di una sinfonia di Mozart, mi pare la KV 201 in la maggiore.
L'orchestra lo ha seguito con grande dedizione e ha suonato bene, a tratti molto bene, in alcuni momenti in modo sublime (ci sono stati dei passaggi negli archi che mi sarei alzato dal mio posto per andarli ad abbracciare uno ad uno). 
C'è stato qualche piccolo incidente di percorso ma si sa quanto sia difficile suonare bene Bruckner dall'inizio alla fine tenendo conto che c'è anche un problema di tenuta e di fatica fisica in un pezzo così lungo.
Pubblico, diciamo, non molto numeroso che ha decretato un buon successo a tutti.
Secondo il mio modesto parere ieri sera il concerto avrebbe meritato ben altro pubblico ed un successo molto superiore; sarebbe stato il giusto riconoscimento per l'impegno che l'orchestra ci ha visibilmente messo per eseguire questa musica che è forse il più grande ed imponente esito del sinfonismo austro-tedesco dell'ottocento.

domenica 14 ottobre 2012

Mendelssohn & co.

Per mancanza di tempo non avevo intenzione di scrivere qualcosa del concerto di questa mattina con musiche di Auber, David e Mendelssohn ma dopo un'esecuzione come quella data dal maestro Giuseppe Graziosi ottimamente eseguita dall'orchestra Giuseppe Verdi ho cambiato idea.
Raramente, mai credo, ho ascoltato un'Italiana così bella in tutti i movimenti. Pieno di slancio il primo, calibratissimo e pieno di poesia il secondo, assolutamente esemplare il terzo nell'esposizione della frase dei violini con una differenziazione millimetrica dei piani sonori, dei legati e dei non legati (solo in Toscanini ho sentito qualcosa di simile), fulminante e travolgente il saltarello finale. Veramente molto molto bello e un grande bravi a tutti.
Un bravo, anzi bravissimo a Giuliano Rizzotto nel concertino per trombone di David.
Un bel successo per una domenica mattina passata in modo intelligente ed appassionato.

venerdì 12 ottobre 2012

Da Sciortino a Brahms

Ieri sera Gaetano d'Espinosa ha diretto l'ultimo dei tre concerti consucutivi sul podio dell'orchestra Verdi.
Il concerto è iniziato con un brano di Orazio Sciortino, pianista e compositore siracusano classe 1984, dal titolo Träume (Trauer) Stimmen in prima esecuzione. Il titolo rimanda ad una dimensione di sogno e di dolore da cui emergono delle voci. Il pezzo ha quindi una dimensione onirica, come una manifestazione sonora di un sogno, appunto, o di un incubo in cui tutto precipita nell'accelerazione finale. Non che sia una tematica particolarmente nuova; personalmente diffido molto da interpretazioni psicoanalitiche che trovo stucchevoli. La musica comunque produceva un certo effetto ed il brano ha tratto un sicuro vantaggio dalla sua brevità, dieci minuti circa. Applausi abbastanza stentati in attesa di altre prove da parte di questo giovane compositore.
Seguiva il secondo concerto per violino di Mario Castelnuovo Tedesco, un'opera del 1931/1932, scritto per Jasha Heifetz che lo eseguì alla prima di New York con la direzione di Arturo Toscanini. Il concerto ha come sottotitolo I Profeti ed in effetti i tre movimenti hanno a loro volta dei sottotitoli, Isaia, Geremia ed Elia. E' evidente l'ascendenza ebraica di questa musica come si vede dal carattere delle melodie che vengono intonate, ad esempio all'inizio del secondo movimento, e dall'uso dell'arpa che accompagna spesso il violino, ad esempio nella bella cadenza alla fine del primo movimento. L'opera non è certo modernista. E' quella musica di cui non si può dire che la si sarebbe potuta comporre 30 anni prima ma che paragonata con altre musiche di quel periodo (Berg, Stravinskij, Schoenberg, ecc.) mostra un certo tradizionalismo. Comunque si tratta di un bel concerto, nel suo complesso, con momenti bellissimi, soprattutto nei primi due movimenti. Purtroppo questo concerto, come tanta musica degli autori italiani di quel periodo (Pizzetti, Ghedini, Casella, Malipiero, Respighi, ecc.), con poche eccezioni, è molto trascurata nelle sale da concerto se non addirittura cancellata, snobbata, come se non esistesse. L'esecuzione del concerto ha goduto dell'ottima interpretazione del violinista Domenico Nordio che ha suonato con gran passione, partecipazione e bellissimo suono ottimamente accompagnato da Gaetano d'Espinosa. Buon successo per questo concerto poco conosciuto e bis bachiano.
Nella seconda parte del concerto c'era la terza sinfonia di Brahms. L'opera, come noto, inizia con un gesto quasi eroico, un atto di volontà che ben presto si spegne per lasciare spazio a microcosmi sonori più intimi. Nessuno dei movimenti termina con una qualche forma di affermazione, neanche il primo movimento che si spegne nel pianissimo nonostante tentativi finali di gesti eroici che ripiegano su posizioni più meditative e quasi rassegnate, né il finale dove dopo contrasti ed accensioni si torna al tema iniziale del primo movimento ma in pianissimo, come un sussurro. Personalmente è la sinfonia di Brahms che amo di più, senza dimenticare la quarta sinfonia che per molti aspetti è superiore alla terza, ma l'amore è un'altra cosa.
L'esecuzione di Gaetano d'Espinosa mi è parsa non impeccabile nel primo movimento per alcuni rapporti non perfetti tra le sezioni orchestrali ma dal secondo movimento in avanti è stata bellissima con un secondo movimento esemplare. Il finale è stato eseguito con grande energia e convinzione e lo spegnimento finale con grande delicatezza e senso poetico. Una bella prova di Gaetano d'Espinosa che ha diretto l'opera con grande passione come era evidente dal suo gesto perfino eccessivo in certi momenti, ad esempio nello sviluppo del primo movimento. Il gesto di d'Espinosa ricorda un po' quello di Georg Solti, che ascoltai proprio in questa sinfonia alla Scala, ma Solti, che era veramente aitante, aveva un gesto che pur esprimento il massimo dell'energia era più misurato.
Comunque spero di rivedere presto questo direttore sul podio della Verdi.
Molto buone le prestazioni dell'orchestra con le prime parti in bella evidenza, su tutti, senza voler far torto a nessuno, il bellissimo clarinetto di Raffaella Ciapponi in Brahms, il corno di Sandro Ceccarelli sempre in Brahms e l'arpa di Elena Piva nel concerto per violino.
Pubblico scarso (cosa si deve programmare per richiamare pubblico?). Un peccato perchè la proposta del concerto per violino è stata molto, veramente molto interessante e il pezzo di Sciortino, alla fin fine, era piuttosto inoffensivo (ho visto una signora abbastanza stagiona assopirsi; si sa, i sogni...).
Buon successo.

giovedì 11 ottobre 2012

Il Quartetto di Cremona a Milano Musica

Ieri sera per la rassegna di musica d'oggi Milano Musica si è tenuto un bel concerto con il grande Quartetto di Cremona che ha eseguito musiche di Anton Webern, Niccolò Castiglioni, che è il musicista attorno cui ruota la rassegna di quest'anno, Michele dall'Angaro e Bela Bartok.
Di Anton Webern sono stati eseguiti un brano giovanile del 1905, Langsamer Satz, un pezzo tardo romantico post brahmsiano dal lirismo estenuato forse ispirato da un idillio avuto con una cugina che poi avrebbe sposato nel 1911, e le Sechs Bagatellen op. 9 del 1913. Passano solo otto anni tra le due pagine ma tra loro c'è un abisso tanto che ci si potrebbe chiedere se siano dello stesso autore tanto una è espansiva mentre l'altra è di una concentrazione estrema, sei microcosmi di una poesia assoluta e dalle infinite invenzioni timbriche e ritmiche.
Poi è stata la volta di Niccolò Castiglioni e le sue Romanze, un brano del 1990, quindi dell'ultimo periodo della sua vita. Le romanze sono quattro. Le prime tre romanze sono piuttosto concentrate mentre l'ultima, che da sola dura quasi quanto le altre tre assieme, è caratterizzato da molti cambiamenti di tempo. Il carattere generale del pezzo è molto lirico, introverso, poetico, meditativo e puro.
La prima parte si è conclusa con la prima esecuzione assoluta del Sesto Quartetto di Michele dall'Ongaro, un'opera del 2012. Personalmente ricordavo Michele dall'Ongaro per una sua trasmissione radiofonica sulla musica; era molto interessante. Non avevo mai ascoltato sue musiche prima di ieri sera. Leggendo il programma della rassegna si apprende che i quartetti a partire dal terzo formano un ideale ciclo con rimandi interni tra loro. Non conosco i precedenti. Questo sesto quartetto ha un andamento piuttosto contrastato con una parte iniziale caratterizzata dalle note "gettate" col legno, con una parte centrale molto tesa mentre il finale si avviluppa in clamorosi arpeggi che man mano si disintegrano lasciando emergere una melodia della viola che però non riesce a coinvolgere gli altri trovando sempre nuovi ostacoli; il tutto si conclude tornando al clima dell'inizio con le note "gettate" col legno.
La seconda parte del concerto era occupata dal Quarto Quartetto di Bela Bartok, un brano del 1928, un grande capolavoro del '900 in musica. Il quartetto è costruito con una forma ad arco in cinque movimento. Il movimento centrale è uno di quei momenti di musica notturna pieno di fremiti, sospiri ed anche brividi, così caratteristici di Bartok e che si ritrovano in molte altre sue composizioni. Attorno a questo movimento ci sono due movimenti veloci, il secondo un prestissimo tutto giocato sui pianissimi che creano un'immagine inquietante e spettrale ed il quarto, un Allegretto pizzicato, tutto ritmo, abbastanza sereno, aperto, schietto e con una certa dose di humor. Dei due movimenti estremi il primo, che si sviluppa tutto a partire da una cellula melodica del violoncello, è molto teso e concentrato, mentre il finale, che torna sul materiale musicale del primo movimento, è caratterizzato dal ritmo incalzante: un brano del Bartok "barbaro" con una certa dose di umorismo.
Il Quartetto di Cremona si è destreggiato in modo molto disinvolto in questo programma parecchio impegnativo. Li avevo già sentiti lo scorso febbraio al Conservatorio ed anche in quell'occasione avevano eseguito questo quartetto di Bartok che evidentemente conoscono bene e che suonano con grande bravura. Tutto il concerto è stato molto convincente e molto ben suonato. I quattro membri del quartetto sono molto bravi ma soprattutto costituiscono un grande complesso cameristico. Quest'anno, per la Società del Quartetto di cui sono artisti residenti, inizieranno il ciclo dei quartetti di Beethoven; si tratta certamente di un'occasione da non perdere per gli amanti della musica più grande.
Auditorium San Fedele quasi del tutto pieno e grande successo.

mercoledì 10 ottobre 2012

Giuseppe Verdi

Oggi, 10 ottobre, se Giuseppe Verdi fosse vivo avrebbe 199 anni. Ovviamente non è più tra noi in corpo ma è tra noi in spirito, più che mai. Si fa alla svelta dire: Giuseppe Verdi! Giuseppe Verdi è stato un grandissimo che da testi spesso banali per non dire volgari, (mica era Wagner, lui, che, come diceva Stravinskij, scriveva testi che non capiva neanche lui), ha saputo scrivere dei capolavori.

Il video che segue è tratto dall'Aida diretta da Toscanini. Non dico niente se non che è miracoloso ciò che Toscanini era capace di ottenere anche da cantanti che non erano il massimo di quanto fosse disponibile ai suoi tempi e che la sua esecuzione ha una forza interiore, una convinzione, direi una eticità che oggi invano si cercherebbe. Una forza di volontà enorme e una dedizione totale alla propria arte che richiedeva una analoga dedizione da parte di tutti, altrimenti erano dolori (giustamente).



martedì 9 ottobre 2012

Ricordando Lenny

Alla fin fine, riduci all'osso, ma se sulla classica isola deserta dovessi portarmi una musica mi porterei quella degli ultimi quartetti di Beethoven, i particolare le opere 130, 131 e 132. Certo dovrei rinunciare a molte altre cose, Stravinskij, Bach, Monteverdi, Verdi, Vivaldi, ecc. però dovendo scegliere...
Leonard Bernstein, mi pare, dedicò questa registrazione del quartetto op. 131, eseguita con orchestra d'archi, a sua moglie, morta da poco. Domenica prossima, 14 ottobre, saranno 22 anni che lo stesso Lenny ci ha preceduti in quello che forse è un altro mondo. Anche nel 1990 il 14 ottobre era una domenica. Mio figlio aveva appena compiuto 2 anni, io lavoravo di brutto; sembra passato un'infinità di tempo ma alla fin fine sono solo 22 anni.
Per me è bello ricordarlo per tutto quanto di bello mi ha lasciato anche nel ricordo dei suoi molti concerti a cui ho avuto la fortuna di assistere.


sabato 6 ottobre 2012

Concerto per il 150° anniversario dell'unità d'Italia

La Fondazione Giuseppe Verdi mi ha spedito a casa il DVD del concerto per il 150° anniversario dell'unità d'Italia diretto da Jader Bignamini che si tenne lo scorso anno 2011 il 20 marzo alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, purtroppo, della triste figura dell'ex sindaco Lady Letizia Brichetto Arnaboldi coniugata Moratti (per referenze vedi la voce Sgarbi che disquisisce con la finezza che gli è tipica su una tipologia di persone che sono molto più numerose di quanto io sospetti o mi ostini a credere).
Del DVD ne ho guardato un pezzetto, l'inizio, dove ci sono ampie inquadrature del pubblico. Sapendo dove guardare mi si vede pure con mia moglie e mia madre.
Mia madre c'era perchè era il giorno del suo compleanno (29 anni; quando ero piccolo e le chiedevo quanti anni avesse lei mi rispondeva invariabilmente che ne aveva 29, così per me ne ha 29, non vorremo mettere in dubbio la parola di una madre!) e le ho fatto quel regalo che le fece tantissimo piacere.
Terrò il DVD come ricordo ma non so se lo guarderò spesso: mi annoio a morte con la musica in TV.

venerdì 5 ottobre 2012

Holidays Symphony

Ricordo che quando ascoltai in disco naturalmente, le Holidays Symphony di Charles Ives rimasi disorientato. Era la fine degli anni '60 e non riuscivo a capire. Non riuscivo ad ascoltarne più di due minuti. Poi mi si sono annodati dei fili in testa. Da allora questa è una delle mie musiche preferite in assoluto. Non mi stancherei mai di ascoltarla, così sfuggente come un sogno o un ricordo lontano in cui si susseguono immagini ora sfuocate ed ora nitidissime che vengono in primo piano per poi deformarsi e svanire di nuovo. C'è un passaggio assolutamente significativo in questo senso nel quarto tempo. La musica cala sempre di più fino quasi a svanire quando ad un tratto emerge un tema popolare che ben presto svanisce anch'esso per lasciare il posto ad un tenerissimo inserto della tromba e del clarinetto che si allontanano a loro volta perdendosi. Bellissimo il terzo tempo, dedicato al 4 luglio, in cui la grande festa viene rievocata sovrapponendo i ritmi delle diverse musiche che si sentono tutte contemporaneamente, come in una festa popolare vera. Un pezzo complicatissimo dove ti devi semplicemente abbandonare all'ascolto con la stessa attitudine con il quale ascolti tutti i suoni diversi provenienti da tutte le direzioni in un grande luna park. Comunque una volta l'ho ascoltata dal vivo al Conservatorio ma non ricordo chi dirigeva.


Poesia e musica a San Maurizio

Pare che "Poesia e Musica a San Maurizio" tornerà in modo sistematico con stagioni concertistiche regolari come un tempo.
Sarebbe una gran cosa perché la musica non inizia con Mozart per terminare con Brahms ma esiste anche un prima ed un molto prima, come esiste un dopo.
La cosa mi fa particolarmente piacere perché per anni ho frequentato quel magnifico luogo affrescato dal Luini dove ho potuto ascoltare tanta musica antica dal vivo con eccellenti esecutori.
Inoltre mi pare che il riscontro da parte del pubblico dovrebbe essere molto favorevole perché quella musica piace ed ha un pubblico considerevole.
L'unica cosa che mi mette in difficoltà è che tra una cosa e l'altra fra un po' sarò fuori tutte le sere e qualcosa sarò costretto a tagliare.

Paris: cité de la musique

Ieri sera il quarto concerto della stagione sinfonica dell'orchestra Verdi ha subito un cambiamento di programma rispetto a quanto previsto in origine, con la direzione della Xian Zhang, con la sostituzione del Poema dell'estasi di Scriabin, un brano da deliquio, con un più tranquillo Printemps di Debussy. Così facendo il concerto ha assunto toni un po' meno accesi considerando che gli altri due brani erano La Valse di Ravel e Le Sacre du Printemps di Igor Stravinskij, ma comunque il concerto era di certo molto, molto impegnativo.
Printemps fu scritto da Debussy nel 1887 a Roma dove era ospite di Villa Medici a Roma (in bellissima posizione!). Si tratta quindi un'opera abbastanza giovanile; Debussy aveva 25 anni. Non è un Debussy molto eseguito come non sono molto eseguite altre opere come La demoiselle élue, L'enfant prodigue, Le gladiateur scritte sempre attorno a quegli anni del Prix de Rome. Printemps fu scritta per pianoforte a quattro mani e coro (senza parole) e orchestrata nel 1912 da Henri Büsser che mantenne in orchestra il pianoforte a quattro mani distribuendo nell'orchestra la parte del coro che manca; in questa veste l'opera fu eseguita a Parigi il 18 aprile 1913. Le printemps è un brano affascinante nella prima parte mentre nella seconda parte tende chiaramente verso un finale positivo e ad effetto dove il tema dell'inizio viene portato in trionfo; tutto sommato un finale piuttosto convenzionale e Debussy dimostrerà in pochi anni quanta strada avrebbe fatto sulla strada della ricerca personale di un nuovo stile.
Ravel scrisse La Valse tra il 1919 e il 1920 quando il brano fu eseguito a Parigi il 12 dicembre. Che sia un walzer non lo si può negare come non si può negare che sia una specie di incubo del walzer. Già l'inizio è inquietante, con quei fruscii e quei brividi da dove pian piano emerge la danza che assume toni sfavillanti ma non rassicuranti per terminare in un finale tanto brillante quanto catastrofico. Ravel mi inquieta con tutto quel lavoro millimetrico di cesello e l'attenzione ad ogni particolare anche se uno dei miei ricordi concertistici più dolci e malinconici è proprio legato a Ravel e ad un concerto scaligero degli anni '70 diretto da quell'enorme direttore che era Thomas Schippers, un altro che ci ha lasciato troppo presto: un concerto mitico!
Per finire Le Sacre du printemps di Igor' Fëdorovič Stravinskij, ovvero uno dei compositori più importanti di tutti i tempi. La prima esecuzione di quest'opera come balletto, scritta nel 1912, il 29 maggio 1913 a Parigi fu un grande e famoso scandalo, come rievoca lo stesso Stravinskij in questo video, cui seguì ben presto un grandissimo successo in sala da concerto. Ne parla lo stesso Stravinskij in questo video dove egli stesso chiarisce altre cose sul Sacre e su come fu scritto: molto semplice, chiaro ed illuminante. Personalmente, ora, di Stravinskij preferisco le musiche che egli scrisse successivamente quando la sua musica si fece dura come un diamante, ma è ovvio che il Sacre resta un brano di musica imprescindibile del XX secolo, un brano che si deve conoscere e che ogni orchestra che si rispetti deve saper suonare.
Le esecuzioni di Gaetano d'Espinosa sono state in genere molto buone però non mi hanno convinto del tutto soprattutto in Ravel e Stravinskij mentre in Debussy è stata molto buona ma forse un po' poco voluttuosa. Personalmente ho trovato che in Ravel l'inizio non fosse molto oscuro e profondo; non mi ha dato particolari brividi e ho trovato che tutto fosse un po' troppo chiaro. La stessa cosa per Stravinskij dove in certi passaggi ostinati con i bassi (le Danze primaverili, ad esempio) non c'era abbastanza profondità per cui tutta l'esecuzione era tenuta in un tono medio e piuttosto civile. Peraltro la direzione è molto buona, chiara (tutta la seconda metà della prima parte del Sacre è stata strepitosa), però in certi brani ci si deve far coinvolgere forse un po' di più (vedere Bernstein in La Valse e come arriva sudato alla fine).
Comunque il direttore ha un ottimo rapporto con l'orchestra sancito anche da un abbraccio tra lui e il primo violino dell'orchestra, Luca Santaniello.
Pubblico abbastanza numeroso (più numeroso della scorsa settimana) e buon successo.

Concerti della domenica

La scorsa domenica è iniziata la serie dei concerti della domenica mattina in Auditorium diretti dal Maestro Giuseppe Grazioli. Come l'anno scorso ognuno di questi concerti è dedicato ad un compositore di fama accompagnato da altri compositori che, famosi in vita, sono man mano stati dimenticati. Questi concerti sono quindi un'ottima occasione per ascoltare musiche di autori che non si ascoltano praticamente mai e/o pezzi poco eseguiti, nei normali concerti, di autori famosi.
Il primo concerto, che girava attorno al nome di Rossini, è stato in questo senso molto significativo.
Si è iniziato con Saverio Mercadante, autore di opere oggi dimenticate ma famose al suo tempo (Il giuramento, Gabriella di Vergy, ecc.), ammiratore di Rossini, che nel 1840 compone una Sinfonia su temi dello Stabat Mater di Rossini. Mettendo insieme vari motivi di quell'opera di Rossini e citando in particolare il famoso Cuius animam, che diventa quasi un inno risorgimentale, o il Sancta mater, istud agas, Mercadante costruisce una specie di sinfonia per un'opera immaginaria per la quale si potrebbero ideare una dozzina di trame le più diverse.
A seguire il Concertino per viola e orchestra di Alessandro Rolla, grandissimo violinista e violista che suonò per trent'anni nell'orchestra della Scala portandola ad un livello di assoluta eccellenza internazionale. Il concerto è stato eseguito dall'ottima prima viola dell'orchestra Gabriele Mugnai che come bis ha eseguito un altro pezzo di Rolla, una trascrizione per viola della preghiera di Desdemona dall'Otello di Rossini, una assoluta rarità.
Per finire si è fatto un salto di 100 anni arrivando a Benjamin Britten che nel 1935 scrive una Rossini Suite come colonna sonora per un breve film d'animazione intitolato The Tocher (La dote). Nel film un principe è invano innamorato di una principessa, che lo ama, ma che è già stata destinata dal padre in sposa ad un uomo ricco. Il principe sconsolato si reca sulla riva di un lago da cui escono delle fate che gli porgono una misteriosa scatola. Il principe, con la scatola, torna al castello dove ormai il padre sta dando in sposa la figlia all'uomo ricco e porge al padre la scatola. Il padre apre la scatola e, sorpresa, nella scatola c'è un libretto di deposito delle poste britanniche. Il padre, appreso che il principe è ricco, lo abbraccia e gli lancia tra le braccia la figlia, prima che ci ripensi (non si sa mai). Infatti il filmato era stato commissionato dalle poste. Britten mette insieme un pezzo con uno strano ensemble formato un ottavino, un oboe, un clarinetto, un pianoforte, percussioni e coro di voci bianche. Il tutto produce un effetto molto divertente e curioso con un suono quasi da orchestra fatta di strumenti giocattolo.
Ottorino Respighi, invece, nel 1925, scrive una Rossiniana per orchestra, da non confondersi con la più famosa La Boutique fantasque,  attingendo, come farà Britten, da composizioni pianistiche di Rossini; brano interessante con degli strani effetti come quelli prodotti dal tamtam nel secondo brano "Lamento" e che si conclude con la Tarantelle pur sang (avec traversée de la procession), un brano tratto dall'Album de château (non a caso ho segnalato l'esecuzione del grandissimo Dino Ciani di cui consiglio vivamente a chiunque di procurarsi le purtroppo poche registrazioni dalle sonate di Weber a Rossini, da Debussy a Bartok, ecc.).
Molto pubblico e grande successo che hanno premiato delle belle esecuzioni. Bravissimi i ragazzi di Voci Bianche de laVerdi diretti dalla brava nonchè intramontabile Maria Teresa Tramontin di cui mi piace ricordare l'impegno sociale nel carcere di san Vittore.
Il prossimo appuntamento è per il 14 ottobre con Mendelssohn e dintorni.