venerdì 28 settembre 2012

Orto a Milano

Quest'anno mia moglie si è imbarcata nel discorso dell'orto in città. Così ne abbiamo trovato uno abbastanza vicino lungo il naviglio pavese, praticamente alle spalle del quartiere Gratosoglio, piuttosto distante però e con un gruppo di amici ci siamo organizzati. Lei ci va una volta alla settimana, ora il venerdì, quando esce dal lavoro ed io vado a prenderla. C'è una certa soddisfazione nel portarsi a casa pomodori, zucchine, melanzane, insalata, cornetti, piattoni, peperoni e fra un po' verze e finocchi, nonchè qualche fico, uva e susine. Ad essere sincero io ero un po' perplesso ma dopo aver mangiato per tutta l'estate deliziosa verdura e aver constatato che tutti partecipano attivamente e che i turni funzionano mi devo ricredere.

Selezione del personale

Commento relativo alla candidatura di tale Berlusconi Silvio per la posizione di venditore senior, inquadramento impiegato livello 2a.

Come piazzista è ottimo. Si presenta molto bene, elegante, mani asciutte, alito fresco, signorilità innata, sorriso ammaliante e convincente, caratteristiche queste ottime per catturare l'attenzione delle casalinghe che sono il nostro target fondamentale. Suona discretamente anche il pianoforte ed ha una bella voce con un buon repertorio di canzoni napoletane, milanesi e francesi, ottimo per la dimensione internazionale della nostra azienda tanto che se ne consiglierebbe immediatamente l'assunzione come venditore, reparto articoli per la casa, elettrodomestici e minuteria metallica se non fosse troppo anziano.
Scartato.


Happy birthday, Glenn

Il 25 settembre scorso era l'anniversario della nascita di Shostakovich ma anche di Glenn Gould che era nato il 25 settembre 1932 e avrebbe quindi compiuto 80 anni appena (me ne ero dimenticato! ormai sono come HAL 9000). Invece purtroppo morì il 4 ottobre 1982. Quindi giovedì prossimo saranno passati 30 anni dalla sua molto prematura morte.
Lo ricordo con paio di cose molto diverse, un intermezzo di Brahms e le Variazioni Goldberg di Bach, di cui è stato un interprete discusso ma sempre interessantissimo e geniale.








Back in the USSR

Con il terzo concerto dell'Orchestra Verdi siamo tornati in Russia, o meglio, in Unione Sovietica, URSS, e lo si è fatto con due autori molto diversi, l'armeno di Yerevan Alexander Grigorevich Arutiunian e il russo di Pietroburgo Dmitri Dmitrievich Shostakovich.
Onestamente non conosco molto Arutiunian che è scomparso lo scorso marzo. Leggendo sommariamente la sua biografia spicca il fatto che Arutiunian, a differenza di molti altri, con il regime sovietico non abbia mai avuto particolari problemi e a partire dal 1949 quando scrisse la cantata Patria (ascoltandola, ognuno può giudicare) che gli fece meritare il premio Stalin (erano gli anni del dopoguerra e bisognava essere molto patriottici) ricevette molti altri riconoscimenti e premi per tutta la sua vita. Del resto la sua musica, a giudicare dal concerto per tromba ascoltato ieri sera, è piuttosto orecchiabile, di immediato effetto, autenticamente popolare; una musica che evita cerebralismi e complicazioni, quindi una musica che piace da subito ad un primo ascolto. Nello stesso concerto Arutiunian nel movimento finale ripropone il tema principale del primo nel caso che te ne fossi dimenticato. Comunque il concerto è assolutamente godibile ed è entrato nel repertorio di molti virtuosi dello strumento, come Maurice André. Ieri sera suonava la prima tromba dell'orchestra Alessandro Caruana che è stato bravo con una piccola sbavatura iniziale, piuttosto veniale.
Shostakovich, invece, di problemi con il regime ne ebbe parecchi, con crisi acute nel 1936 e nel 1948.
La decima sinfonia fu scritta nel 1953 ma pare che alcune parti, come il primo movimento, sia stato composto attorno al 1950 e tenuto accuratamente nel cassetto.
Shostakovich scrisse nella sua carriera 15 sinfonie e proseguì quella che in Russia era una vera e propria tradizione. Già dall'ottocento in Russia si scrivevano sinfonie, a partire da Balakirev, Rimsky-Korsakov, Borodin, Ciaikovskij proseguendo poi con Kalinnikov, Rachmaninov, Skrjabin, Glazunov, Stejnberg, maestro di Shostakovich, Mjaskovskij, che ne scriverà ben 27, Prokofiev, Chachaturian, Kabalevskij, ecc. ecc. Con l'avvento del regime la sinfonia divenne un momento musicale assolutamente centrale, divenne uno strumento per portare emozioni ed ideali. Nel 1927 per il centenario della morte di Beethoven si eseguirono tutte le sue sinfonie ma venivano comunemente eseguite anche le sinfonie di Brahms, Bruckner e Mahler e proprio Mahler rappresentò per Shostakovich un sicuro punto di riferimento. Non c'è da stupirsi quindi se una delle primissime composizioni di Shostakoch fosse la sua prima sinfonia Op. 10 (e che sinfonia!) e che, avendo come riferimento Mahler, fosse poco propenso verso i trionfalismi che il regime e magari anche il pubblico si sarebbe aspettato prediligendo toni più pessimistici, intimi e tragici. Di questa impostazione si ha un chiaro esempio con la nona sinfonia Op. 70 del 1945. Era finita la guerra, tutti si aspettavano una grande opera patriottica magari con cori, ed invece egli presentò una piccola sinfonia, con un primo tempo che inizia leggero leggero per proseguire con una ridicola e grottesca marcetta, prosegue con momenti di profonda angoscia e depressione e termina con una specie di luna park talmente allegro da diventare isterico e ironico da dare la netta impressione di dover essere allegro per forza. E' come se Shostakovich si chiedesse: dobbiamo proprio essere allegri? Nel 1948 con Zdanov passò dei guai, fu accusato di formalismo, persino la sua gloriosa settima sinfonia "Leningrado" scritta ai tempi dell'assedio fu messa sotto accusa, per cui preferì ritirarsi scrivendo musiche per film e poco altro che comunque aveva ben poche probabilità di essere eseguito. Di scrivere una nuova sinfonia non se ne parlava finchè il 5 marzo 1953 Stalin passò a miglior vita, nello stesso giorno in cui morì il povero Prokofiev a meno di un'ora di distanza. In quell'estate Shostakovich scrisse, o terminò, la decima sinfonia Op. 93 che fu eseguita il 17 dicembre di quell'anno  dalla Filarmonica di Leningrado diretta da Evgenij Mravinskij con un notevole successo ma anche con discussioni nell'ambito della Lega dei Compositori avvenuta nella primavera dell'anno successivo. La sinfonia ebbe da subito un grande successo internazionale e viene eseguita da grandi direttori come Mitropoulos, che ne realizzò nel 1954 con la New York Philharmonic la prima incisione discografica occidentale, Ancerl, Karajan, ecc.
Questa sinfonia, oltre a possedere questo riferimento al regime e a Stalin, che sarebbe rappresentato in modo esplicito nel furioso secondo movimento, contiene anche riferimenti personali attraverso due sigle musicali. La prima è è quella costituita dalle note re - mi bemolle - do - si che corrispondono alle lettere DSCH, iniziali di Shostakovich (le hanno incise anche sulla sua tomba) che esce allo scoperto in modo palese nel terzo e nel quarto movimento ma viene già presentato nel primo movimento con un ordine diverso, DCHS, e all'inizio del terzo che parte con il motivo CDSH. La seconda sigla è formata dalle note mi - la - mi - re - la che il corno ripete 12 (!) volte nel terzo movimento. Questo tema sarebbe legato al nome di una allieva di cui Shostakovich si era innamorato e che si chiamava Elmira Nazirova (che non era certo una bellezza); soprattutto questo tema ricorda, in modo stilizzato e parziale quello cui i corni iniziano il Das Lied von der Erde di Mahler e che è legato all'immagine della scimmia che urla sul cimitero. Un'immagine di morte che viene accentuata da Shostakovich con il ritorno del tema iniziale della sinfonia nei bassi, così introspettivo e depresso, a cui risponde quasi istericamente il tema DSCH per poi cedere ad una immagine sempre più luttuosa aggravata anche dell'uso del tamtam che porta a conclusione quel movimento in un clima di totale pessimismo con il DSCH che si leva un'ultima volta come un punto interrogativo. Nel finale il motto DSCH verrà proclamato a tutta forza, come un'affermazione personale che tutto spazza via.
Detto ciò ci si chiede se questa sia musica abbia una qualche validità in sé.
Personalmente ne sono sempre stato convinto da quando acquistai nel 1968 (1969?) il disco di questa sinfonia incisa da Mravinskij nel 1955. Mi ricordo che parlando di Shostakovich si disquisiva se alla fin fine non fosse un musicista asservito al regime e se la sua non fosse una musica di propaganda. Io invece ho sempre creduto nella sincerità di Shostakovich e nella validità delle sue musiche. Ad esempio considerando questa decima sinfonia ci si può tranquillamente dimenticare di Stalin e del regime ed apprezzare la costruzione musicale, la sua coerenza, il modo in cui Shostakovich elabora i motivi musicali che ne fa, nel novecento, l'autore forse più vicino a Beethoven per il modo in cui sviluppa la sua musica. Le interpretazioni esistenziali sono poi da prendersi con le pinze perchè è vero che, ad esempio, il primo movimento è claustrofobico e tristissimo e può rappresentare le condizioni di vita e psicologiche di una persona che viveva in quei tempi ma può essere semplicemente interpretato come  il prodotto di angosce personali, come il secondo movimento del quintetto per archi di Schubert.
Personalmente non ho bisogno di questi appigli per apprezzare questa musica e tengo sempre presente che all'utilizzo della musica per la propaganda, come avrebbe voluto il regime, Shostakovich ha sempre opposto la sua grandezza di musicista che nelle sinfonie, nei concerti, nei quartetti, nei trii, ecc. ha espresso la propria complessa personalità e merita di essere apprezzato solo ed esclusivamente per le sue qualità musicali perchè se ogni volta si teve tirare in ballo Stalin, Zdanov, il KGB, ecc. non se ne viene più a capo.
La direzione del concerto era affidata a Gaetano d'Espinosa, giovane direttore d'orchestra palermitano che, in assenza della neo mamma Zhang Xian, la sostituirà anche nel prossimo concerto e dirigerà infine il quinto concerto, che era già programmato con la sua direzione. Mi ha fatto un'ottima impressione. Tralasciando Arutunian, dove comunque è stato ottimo, in Shostakovich è stato grande perché ha saputo cogliere certi passaggi sottili con molta sensibilità e ha tenuto in pugno l'orchestra con grande autorevolezza in un brano certo non facile. Forse solo nel secondo movimento sarebbe stata necessaria un po' di ferocia in più ma faccio il paragone con Mitropoulos e Mravinskij, insuperati ed insuperabili nell'evocare in certi momenti un clima che rasenta l'autentico terrore con le raffiche dei violini, i colpi di tamburo e la minaccia degli ottoni. In ogni caso bravissimo ed ottimamente assecondato dall'orchestra che, giova ricordarlo, è l'unica orchestra italiana che ha inciso tutte le sinfonie con Oleg Caetani (figlio del grande Igor Markevich) e le ha eseguite svariate volte in concerto con grandissimi direttori come Rudolf Barshai (amico di Shostakovic), Vladimir Jurovsky (indimenticabile la sua settima di qualche anno fa che si trova su itunes), Fedoseyev, ecc. per cui in questo repertorio ha una certa autorevolezza anche a livello internazionale.
Poco pubblico ed è stato un peccato. Comunque un caloroso successo, un po' bradipo nella partenza ma con la poca gente che c'era e quella che non applaude timidamente se non quando esce il direttore nonostante parlando col vicino dica: "Bello, pero!" non si poteva pretendere di più. Bisogna organizzare un corso con il seguente programma: 1) quando si applaude, 2) tecnica dell'applauso per non produrre un rumore da 2 decibel.

giovedì 27 settembre 2012

Quanto tempo sarà necessario per risanare la politica italiana?

Articolo di Micromega da leggere fino in fondo. Condivido praticamente tutto tranne alcune piccole cose come ad esempio che la base del PD sarebbe onesta e sana: sarà più onesta e sana di quella del PDL, e ci vuole poco, ma non è tutta onesta e sana. Personalmente sono venuto in contatto con gente di quella parte politica che segue le solite logiche della peggiore politica.

lunedì 24 settembre 2012

Chiamiamola politica

Dunque, pare, dico pare, che l'addizionale irpef richiesta e pagata dai cittadini abitanti nella regione Lazio, motivata naturalmente con argomenti serissimi e politicamente convincenti, corrispondano a quanto ammonterebbero le ruberie scoperte in regione.
Che presa in giro dei cittadini! Pagare le tasse per ingrassarli!
Voglio proprio vedere fin quando sarà tollerato tutto ciò anche se, nell'assoluta mancanza di senso delle istituzioni che c'è in Italia, ho poche speranze.
Quello che fa ridere, o piangere a scelta, è che i politici si dicono preoccupati per il pericoloso avanzare dell'antipolitica. Ma se siete voi che l'alimentate! Almeno state zitti perché al momento opportuno, lo si è visto, siete tutti compatti e solidali.
Certo che l'Italia con la classe politica che ha (tutta colpa nostra se abbiamo questi politici perchè avremmo dovuto ringhiare sul loro collo) e la classe imprenditoriale di cui gode l'operato come potrebbe andare meglio di come và. E' un miracolo se non siamo falliti.

domenica 23 settembre 2012

Luigi Cherubini

Luigi Cherubini è piuttosto famoso ma, che io sappia, non molto eseguito, a parte poche cose.
Tra le cose più trascurate la musica per pianoforte e i quartetti.
Invece sarebbero musiche da conoscere. Ad esempio, in campo pianistico, il Caprice ou Etude, una composizione che dura circa 37 minuti e che risale, se la data è giusta, al 1789: un'opera stranissima, fuori dal suo tempo, visionaria e abnorme.
Di quartetti tra il 1814 e il 1837 ne scrisse sei. Sono opere molto interessanti e ben poco eseguite.
Ecco qui il primo quartetto, gran composizione nel suo complesso con un magnifico scherzo che ha il pregio di poter piacere da subito ad un primo ascolto (inizia al minuto 18.30)



sabato 22 settembre 2012

Crèpes e sidro

Stasera crèpes varie e sidro del trentino, rigorosamente da mele BIO.
Io ho fatto una torta e ho dato il mio contributo.
Se qualcuno dovesse andare in Francia ed in particolare in Normandia credo che passerà da Mont Saint-Michel. Appena si entra dalla porta principale andando a destra dopo 50 metri c'è, sulla sinistra, un ristorante, la Mère Poulard. Evitarlo accuratamente se non volete pagare, come è successo a noi, quasi 100 euro a testa per mangiare poco più di una omelette (ah ma come te la fanno lì l'omelette! Vedere il video). Ottima, niente da dire, però, a tutto c'è un limite.
Andando avanti di una ventina di metri, sempre sulla sinistra ci si trova davanti all'entrata della crêperie traditionnelle La Sirène. Al piano terra c'è un negozio da cui con una scala si sale al ristorante al primo piano. Lì fanno le crèpes più buone che abbiamo mai mangiato e si beve un sidro fantastico nelle tazze di coccio. Tornerei da quelle parti solo per rimangiarle. Non è proprio dietro l'angolo ma lo faremo.

Ho un debole per Leonard Bernstein

Tutti hanno delle debolezze, credo. Io ne ho molte, per delle persone o delle musiche, ad esempio.
Una di queste mie debolezze musicali consiste nel Divertimento per orchestra di Bernstein, un pezzo del 1980 composto per la Boston Symphony.
Non ci sono ragioni particolari che giustifichino un simile favore anche perchè non è certo un capolavoro. Forse dipende dal fatto che in qualche modo mi sento molto vicino a Bernstein; sarà perchè siamo dello stesso segno zodiacale?
L'esecuzione che segue è quella dei Wiener Philharmoniker diretti dallo stesso Bernstein; niente di meglio. In particolare il delizioso walzerino che inizia al minuto 1.40 è perfetto, tempo perfetto. Nessuno lo fa come lui con quel tempo, non so perchè ma tutti tendono ad andare più veloci.


venerdì 21 settembre 2012

Spagna

Il secondo concerto della stagione della Verdi, diretto ancora da Jader Bignamini in sostituzione della neo mamma Zhang Xian, è stato dedicato a musiche che in qualche modo fanno riferimento alla Spagna.
La Spagna, con l'Inghilterra, ha avuto uno strano destino musicale. Dopo aver epresso grandi musicisti e grande musica fino al '500 e in parte nel '600, scompare nel '700, nonostante la presenza di Domenico Scarlatti prima (Sonata K 380) e Luigi Boccherini poi (Quintettino con la famosa Musica notturna per le strade di Madrid utilizzata da Luciano Berio per farne un gran brano e il Passa Calle utilizzato anche nel film Master and Commander, oppure il Fandango da un quintetto per chitarra con tanto di nacchere) e nell'800 le cose non vanno tanto meglio nel senso che solo verso la fine del secolo la Spagna comincia ad esprimere dei compositori propri.
Nell'800 però si risveglia l'interesse per la Spagna inteso come paese esotico con i suoi colori e le sue danze.
Glinka girando per l'Europa arriva anche in Spagna e ne resta affascinato tanto da scrivere anche delle belle musiche coma la Jota aragonese.  
Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov nel periodo attorno al 1888 scrive tre brani orchestrali. Il primo è il Capriccio spagnolo Op. 34 a cui seguirà Sheherazade, Op. 35 e la Grande Pasqua russa Op. 36, tre brani clamorosi dal punto di vista della fantasia fonica che si trasforma in arte della strumentazione. Ieri sera è stato eseguito il Capriccio spagnolo che a me è sempre piaciuto. Sarà forse un po' kitsch ma è un capolavoro rispetto a idiozie musicali tipo il Capriccio italiano di Ciaikovskij. L'esecuzione a me personalmente è piaciuta molto, condotta a un tempo piuttosto moderato che era molto adatto, ad esempio, al secondo episodio, le Variazioni. Successivamente in alcuni momenti il tempo poteva essere leggermente più mosso ma la chiusa finale è stata assolutamente travolgente. Brave tutte le prime parti che sono chiamate ad uscire allo scoperto, soprattutto il clarinetto e il corno, quel corno con quel timbro che arriverà fino a Stravinskij.
Il secondo brano era la Symphonie espagnole Op. 21 di Edouard Lalo, francese di Lilla, scritta per il grande violinista Pablo Martín Melitón de Sarasate y Nevascués che era compositore lui stesso di piacevoli e divertenti musiche per violino come questa Fantasia sulla Carmen, un po' folle a dire il vero, o la Zigeunerweisen eseguita qui dal grandissimo Ion Voicu. Strana composizione in 5 movimenti che non è né un concerto per violino né una sinfonia vera e propria. Anche ieri sera, come era successo qualche anno fa quando lo stesso brano era stato eseguito da Natasha Korsakova (pronipote del grande Rimsky-Korsakov), è stato saltato il terzo movimento, l'Intermezzo, e non ne capisco il motivo. Forse riducendo il brano a quattro movimenti gli si vuole dare una forma da sinfonia tradizionale; è un peccato perchè il terzo tempo è pure bello, o meglio è in linea con l'intera sinfonia che non è che sia un gran capolavoro. Suonava la violinista nippo-canadese Karen Gomyo, accompagnata con garbo dall'orchestra. Trentenne e piuttosto carina (sono tutte da carine a molto molto carine le violiniste?), non ha un gran suono (scompariva un po' in certi momenti) ma suona bene in modo elegante e raffinato, forse un po' leziosetto e civettuolo ma tutto sommato apprezzabile. Vedo che suona un po' di tutto, da Beethoven a Mozart a Bach a Piazzolla. Mi piacerebbe sentirla anche in autori più impegnativi (sarei molto curioso di sentirla in Bach) visto che i due bis di Piazzolla erano belli e raffinati ma non erano certo dei capricci di Paganini.
Nella seconda parte del concerto è arrivato Manuel de Falla y Matheu, spagnolo di Cadiz con la seconda suite da El Sombrero de tres picos. Mi sarebbe piaciuto ascoltare anche la prima suite che contiene il brano che amo di più, ovvero la Danza de la molinera (consiglio vivamente l'incisione discografica di Carlo Maria Giulini con la Philharmonia orchestra, assolutamente favolosa) e non avrebbe allungato troppo il concerto. Bella la direzione di Bignamini ad esempio nel finale che facilmente può diventare confuso dove invece il lavoro di concertazione ha messo in bella evidenza, ad esempio, certe entrate dei fiati.
Per finire il famosissimo Bolero di Ravel del 1928. Nel programma di sala si mette giustamente in evidenza la struttura del tutto logica e ferrea del brano. Si tratta di due temi di 18 battute ciascuno (le classiche 16 più due di pausa). Ogni tema viene ripetuto 9 volte per un totale di 18 ripetizioni. Il due temi sono esposti con una sequenza assolutamente rigida: due volte il primo seguito dal secondo due volte e così per 4 volte per un totale di 16 volte e a seguire l'ultima ripetizione del primo tema seguito immediatamente dal secondo, arrivando così a 18, seguito poi dalla coda che per un momento modula a mi maggiore per tornare immediatamente al do di base. Attraverso queste ripetizioni e le mutazioni della strumentazione Ravel scrive uno straordinario brano musicale che è la vivente realizzazione della sua strepitosa fantasia musicale come quando aveva strumentato i Quadri da un'esposizione: bisogna avere una immaginazione per i suoni veramente strepitosa per pensare a quei timbri come in Gnomus, ad esempio. Quindi il Bolero di Ravel dovrebbe essere ascoltato, per me, non tanto come una dimostrazione della maestria di strumentatore ma soprattutto come un brano di fantasia musicale che si realizza attraverso gli strumenti musicali sviluppandosi da un piccolo nucleo minimo fino alla drammatica conclusione. Molto bella l'esecuzione di ieri sera con begli interventi di tutti i solisti: a parte il grande Ivan Fossati al tamburo davanti al direttore, un vero eroe, cito solo quello clamoroso del trombone di Giuliano Rizzotto, all'undicesima entrata, mi pare, da mozzafiato. Grande Bignamini, che ha diretto con una grande tenuta su tutto il pezzo dall'inizio alla fine senza cedimenti.
Rispetto ad atre occasioni in cui avevo visto ed ascoltato Jader Bignamini mi pare che il gesto sia diventato più espressivo e che, nelle pieghe del discorso musicale, sappia trovare quei chiaroscuri che rendono interessante un'esecuzione; inoltre mi pare abbia un ottimo rapporto con l'orchestra e che sappia farla suonare. Ci sono direttori che, pur bravi, hanno poco suono (ne ho sentiti diversi in Auditorium); non è certo il caso di Bignamini che di suono ne ha, talvolta, fin troppo ma in quest'ultimo concerto ha saputo controllare molto bene le sonorità che non sono mai diventate eccessive mantenendo un ottimo equilibrio tra le sezioni.
Buon pubblico e grandi applausi per tutti in tutti i brani.
Nel prossimo concerto ci trasferiremo nella buia Unione Sovietica di Stalin. Sono già angosciato.

Politici

Leggendo quello che riguarda la regione Lazio viene proprio da dire che l'occasione fa' l'uomo "politico".

giovedì 20 settembre 2012

Barba

E' tutta estate che medito di farmi (ri)crescere almeno un filo di barba. Una volta l'avevo e non stavo male. Ora forse è un po' bianca ma che farci?! Mia moglie non è molto d'accordo. Comunque resisterò anche perchè so che con un po' di barba divento uno strafigo e mi dà un tocco di saggezza (apparente).

Kaiserschmarren

Di tanto in tanto viene fuori l'austrotedesco che c'è in me. In quei casi mi vengono voglie quasi irrefrenabili per cibarie di vario tipo originarie di quei posti. Oggi è il turno dei kaiserschmarren. Su in val Pusteria, Dobbiaco e paesi limitrofi, ci sono posti dove li fanno piuttosto bene. Vorrei tanto tornarci! Quello che non è facile fare è la sbruciacchiatura sulla padella; quanto sono buone le parti un po' annerite! Certo anche la frittella con la panna e la marmellata di mirtilli di contorno che fanno in un posto fuori Dobbiaco prendendo la strada dietro la chiesa non è niente male, anzi è un capolavoro! Ma anche quella della Gustav Mahler Stube è piuttosto buona! Mi accontenterò di una sachertorte. Andrò a prenderla, come al solito, da Cova in via Montenapoleone. Ne mangio non più di due all'anno ma almeno che siano buone ed esagerate. Se si deve peccare meglio farlo bene e senza andare troppo per il sottile. E poi un pretesto lo trovo sempre: il mio vicino compleanno, sant'Ambrogio, il cambio di stagione, u.s.w.
P.S.
Devo ritrovare quel grembiule blu che avevo comprato anni fa ricamato con le stelle alpine e la scritta Lustig und ledig (Felice e scapolo)

mercoledì 19 settembre 2012

Smemoratezza

Nel febbraio del 1974  feci una supplenza di matematica e fisica in un famoso liceo classico milanese. In quella classe dell’ultima anno una ragazza forse vide in me qualcosa che io non vidi in lei e, per avere qualche possibilità di frequentarci, allora non c’erano telefonini né social network di sorta, escogitò il pretesto del fratello che aveva bisogno di lezioni private di matematica. La cosa buffa era che il fratello, che aveva un anno meno di me mentre lei ne aveva 4 meno di me, faceva medicina ma tutto nasceva dal fatto che il fratello, ragazzo dai vasti interessi, aveva tempo prima acquistato da Remainders un libro di topologia algebrica di un matematico russo, Alexandrov, incoraggiato dal fatto che nella premessa si diceva che il libro non era destinato a specialisti. Pia illusione! Credo che chi scrive quelle considerazioni sia animato da un certo piacere sadico. Dopo due pagine, infatti, si era fermato incapace di proseguire e così la sorella aveva pensato a me. Che fortuna avermi conosciuto! Così iniziammo con le lezioni. Ricordo perfettamente quando fu la prima. Sabato 9 febbraio c’era stata l’ultima supplenza al liceo e avevo preso accordi con lei per la biblioteca di matematica in via Saldini 50 per il giorno 12 febbraio, martedì. Lunedì, infatti, era l’11, anniversario dei Patti Lateranensi e si stava a casa da scuola e dal lavoro. Ricordo che quel giorno andai al cinema Massimo, ora Auditorium, a vedere l’Opera da tre soldi di Brecht con Milva e Domenico Modugno per la regia di Giorgio Strehler. Ricordo gli orribili sedili di legno scheggiato e gli stucchi bianchi e fatiscenti che dava alla sala un aspetto polveroso, ben diverso dall’aspetto attuale! Il martedì era una giornata nebbiosa e fredda. Incontrai il fratello nell’atrio dell’istituto e così iniziammo. Più che dargli lezioni di matematica, alle quali obiettivamente era poco interessato (ma io come scambio culturale andai a diverse lezioni di microbiologia, materia molto interessante), scoprimmo di avere comuni interessi per la letteratura e la musica. Lui fu molto favorevolmente colpito dal fatto che mi interessassi tanto di musica antica che lui amava molto per ragioni familiari. Infatti suo zio Giuseppe, un prete, aveva fondato dopo la guerra la Polifonica Ambrosiana, un complesso che si dedicava all’esecuzione di musica antica sacra e profana arrivando a Monteverdi, come limite massimo. Cominciai anche a frequentare la famiglia. La mamma, veneziana e bellissima donna, insegnava musica alle medie ed era una brava pianista mentre il padre insegnava lettere. C’era anche una sorellina che frequentava lo stesso liceo della sorella grande. La cosa curiosa era che il padre insegnava al Leone XIII e così, dato il mio cognome, venne fuori che era stato amicissimo di mio zio gesuita, lo zio Gigi (Luigi) fratello di mio padre, che aveva insegnato per diversi anni in quell’istituto. Per dire quanto è piccolo il mondo potrei aggiungere che 25 anni dopo conobbi un ragazzo col quale collaborai per lavoro il cui padre era preside della scuola media del Leone XIII e lui, piuttosto asino a scuola, era stato mandato a lezione di italiano da quella ragazza che avevo conosciuto in quella supplenza che nel frattempo si era laureata in lettere classiche e insegnava in quello stesso istituto latino e greco. Con i due fratelli andavamo per concerti. Io li portavo al Conservatorio e alla Scala e loro mi portavano ai concerti dell’Angelicum e a quelli d’organo che si tenevano alla chiesa cristiana protestante, non lontana dall’Angelicum. In quei concerti d’organo conobbi il maestro Gianfranco Spinelli, che morì troppo giovane pochi anni dopo, organista di grande valore, che aveva sposato una loro cugina ed era stato assistente dello zio Giuseppe alla Polifonica Ambrosiana. Qualche volta veniva anche la madre, soprattutto se suonava qualche pianista. Fu così che ascoltammo assieme alla Scala un bellissimo concerto con Lazar Berman che dopo aver eseguito il primo concerto di Liszt (ma lei amava soprattutto e a ragione i concerti di Mozart) fece sette bis; alla fine non si applaudiva neanche più per paura che ne facesse un altro! Il padre non veniva mai ai concerti, men che meno a quelli dell’Angelicum dove cantava la Polifonica Ambrosiana. Si parlava invece di letteratura, per quanto possibile vista la mia pochezza al suo cospetto. Così un giorno arrivammo a parlare di Arcidio Baldani. Arcidio Baldani era un professore di Brera ed era un poeta. Vendeva i suoi libretti nel tratto terminale di Corso Vittorio Emanuele, fino a piazza san Babila, davanti al Teatro Nuovo. Io lo vedevo spesso ed un giorno, proprio davanti al Teatro Nuovo, gli comprai uno di questi libretti. Ieri questo piccolo libro è saltato fuori tra le pieghe della mia libreria ed apprendo, dalla dedica che mi fece con autografo, che si trattava del 9 dicembre 1971, un giovedì, di mattina, con un bel sole anche se faceva molto freddo. Si tratta dell’Opera Quinta. Il professore padre dei miei amici lo conosceva bene e quei libretti glieli comprava regolarmente tutti, anche perché forse gli faceva un po’ pena. Non so che valore possa avere questo poeta (nei risvolti di copertina si parla addirittura di Leopardi, mah) ma in qualche modo gli sono affezionato anche perché mi riporta alla memoria un tempo che non c’è più e persone che sono anch’esse scomparse non solo fisicamente ma anche, mi pare, dalla memoria dei più.

venerdì 14 settembre 2012

Ancora Russia

Il primo concerto della XX stagione dell'orchestra Verdi doveva essere diretto dal suo direttore musicale Zhang Xian che aveva diretto domenica il concerto inaugurale che per tradizione si tiene alla Scala. La Zhang Xian, come si era visto in modo evidente, si trovava in uno stato più che interessante, come si usava dire una volta per non dire che era incinta al settimo mese, come era peraltro accaduto nel primo concerto che la stessa aveva diretto alcuni anni fa in Auditorium. Il lieto evento era atteso per i primi di novembre. L'altra volta il parto era avvenuto a scadenza regolare negli Stati Uniti. Questa volta, invece, il piccolo Riccardo ha voluto essere milanese e così ha pensato bene di nascere mercoledì mattina all'alba, a casa, ed accolto poi dalle rassicuranti strutture sanitarie della clinica Mangiagalli.
Ovviamente auguro al piccino di vivere abbastanza a lungo per riuscire a vedere il XXII secolo, migliore di questo, e gli auguro che per quel tempo che io non vedrò ci siano ancora gli orsi polari e che la Terra non vada in riserva a settembre.
Per quanto riguarda la Zhang Xian spero che ora si riposi un po' e non sia presa dalla tentazione di risalire sul podio tra un paio di settimane. D'accordo che è tosta ma è pur sempre una donna che ha partorito un figlio!
Stante questa situazione voluta dalle divinità ctonie, sul podio è stato chiamato Jader Bignamini, protetto dalla dea glaucopide Atena e da Artemide dalla bionda conocchia.
Era già successo una volta l'anno scorso ma in un intervallo tra la prima e la seconda parte a causa di un lieve malore della Zhang Xian (la seconda parte era una robetta da nulla, la V sinfonia di Mahler).
Questa volta invece si è assunto l'onere di tutto il concerto dedicato a musiche russe.
Si è partiti con colui che a ragione si può considerare a ragione il papà della musica russa, ovvero Michail Ivanovic Glinka di cui è stata eseguita l'ouverture dall'opera fiabesca Ruslan e Ludmila. L'ouverture è un brano turbinoso che richiede un notevole virtuosismo da parte di tutta l'orchestra, in particolar modo dagli archi. L'esecuzione è stata bella e tenuta ad un tempo giusto, più vicini a quanto fa ad esempio Gergiev (che dirige con lo stuzzicadenti) che non Mravinsky, che tiene un tempo quasi insostenibile per qualsiasi orchestra che non fosse la Filarmonica di Leningrado dei suoi tempi, ovvero la più grande orchestra del pianeta.
A questo inizio spumeggiante sono seguiti due brani di Sergei Prokofiev, ovvero il secondo concerto per violino. op. 63 e una suite dal balletto Romeo e Giulietta, op. 64. Come si vede dalla numerazione si tratta di due composizioni contemporanee composte nel 1935 nel momento in cui Prokofiev ritorna nell'Unione Sovietica, con un tempismo veramente micidiale per godere di uno dei momenti più cupi della storia di quel paese. Non era facile scrivere musica dovendo convivere con i dettami di quel regime ma Prokofiev, che possedeva una certa facilità melodica, riuscì a confezionare due opere che senza essere assolutamente moderniste non erano nemmeno retrogade. In effetti queste musiche sono un po' senza tempo e meravigliose proprio per questa loro ambiguità.
Il secondo concerto è molto lirico e privo di grandi contrasti ma con dei risvolti oscuri e inquietanti da non trascurare, come nel primo tempo e nel finale del terzo. Splendido il secondo movimento con una bellissima melodia del violino che viene ripetuta tre volte, la seconda sugli arpeggi dei violoncelli e la terza con un bellissimo dialogo tra solista e primi violini per chiudersi poi tra fremiti e brividi. Personalmente ho sempre preferito il primo concerto, op. 19, per un certo tono sarcastico ed astratto che quello possiede, ed in genere preferisco il primo Prokofiev (tipo il balletto Il Buffone) però l'esecuzione di ieri sera è stata veramente splendida grazie alla giovane violinista Francesca Dego ottimamente assecondata dall'orchestra. Non si possono rendere con le parole le sensazioni che vengono date da un'esecuzione perchè sono troppo i particolari anche minimi di cui si compone. Potrei dire che bastava ascoltare come la Dego ha proposto la prima frase del violino nel primo movimento per capire con quanta sensibilità suonasse. Tutto il secondo tempo è stato splendido e l'orchestra, ottimamente diretta, ha dialogato benissimo con lei. Concerto difficile, con un sacco di note da suonare. Grande prova di una Dego che ho trovata molto maturata artisticamente. Bis paganiniano seguito da un altro bis suonato in coppia con il primo violino dell'orchestra, Luca Santaniello, ovvero il primo tempo della sonata per due violini dello stesso Prokofiev.
Nell'ultima parte è stata proposta una scelta di brani dalle suite predisposte da Prokofiev da Romeo e Giulietta.
Prokofiev predispose due suite orchestrali, op. 64 bis e ter e successivamente un'ulteriore suite, op. 101; nel frattempo aveva pubblicato una suite di dieci pezzi per pianoforte, op. 75.
In nessuna di queste suite Prokofiev costruisce una sequenza che abbia una qualche attinenza con lo svolgimento dell'azione. I direttori d'orchestra raramente eseguono una suite intera preferendo scegliere qua e là per costruire una propria trama. Il giovane Abbado, ad esempio, negli anni '60 incise con la London Symphony una suite (molto eccitante) che partiva, come nell'esecuzione di ieri sera, con i Montecchi e Capuleti e si concludeva con la Morte di Tebaldo che eseguì, tra l'altro, nel primo concerto che in assoluto ascoltai alla Scala. La scelta dei pezzi intermedi però era del tutto diversa. L'Abbado degli anni berlinesi invece ha fatto una nuova incisione discografica con una scelta di brani tali da riprodurre l'azione del balletto, fino a Romeo sulla tomba di Giulietta seguendo con maggiore ampiezza quanto aveva fatto negli anni '50 Dmitri Mitropoulos che a capo della New York Philharmonic consegnò al disco quella che, secondo me, è la più grande esecuzione di quelle musiche (infiniti i dettagli, basterebbe il sax della ripresa dei Montecchi e Capuleti). Tra le edizioni complete amo molto quella diretta da Valery Gergiev.
L'esecuzione di Jader Bignamini è stata molto sostenuta ed anche energica, dove serviva, ma anche delicata nel ritratto della giovane Giulietta, ad esempio.
Bella esecuzione salutata da grandi applausi da un pubblico abbastanza folto.

mercoledì 12 settembre 2012

Bayreuth 2013

Eravamo già passati da Bayreuth, credo, nel 2005 quando facemmo un largo giro attraverso la Baviera. Visita reverente alla villa Wahfried, alla tomba, lettura con brividi alla partitura autografa del Tristan aperto sulla pagina del duetto del secondo atto nel punto in cui tutto sprofonda nella notte (O sink hernieder Nacht der Liebe).
Oggi ho prenotato due biglietti per il festival di Bayreuth 2013, bicentenario wagneriano.
Chissà se riuscirò ad averli.
Lo saprò entro il 31 marzo del prossimo anno.
Se non riuscirò ad averli avrò acquisito una priorità e così, facendo una prenotazione per il festival del 2014, potrò avere un vantaggio.
Se anche per il 2014 non riuscirò a trovare posti ritenterò per il 2015. u.s.w.
Prima di morire, forse, ce la farò.

martedì 11 settembre 2012

Inquietudine

C'è qualcosa che mi inquieta profondamente in Bela Bartok. Una volta un'amica mi diceva che Bartok la spaventa ed in effetti spaventa un po' anche me. La sua musica ha delle caratteristiche profondamente angoscianti, basta ricordare il terzo tempo della musica per archi e percussioni usato da Kubrick in Shining, ma anche di sfrenata gioia come il finale di questo Concerto per due pianoforti e percussioni.
Al pianoforte Murray Perahia e Georg Solti, allievo di Bartok e suo grandissimo interprete, che oltre ad essere un gran direttore d'orchestra era anche un notevole pianista.




Il finale inizia al minuto 6.45.




lunedì 10 settembre 2012

Igor Stravinskij - L'uccello di fuoco

Questa, che è la prima grande opera di Stravinskij, viene presentata di solito in forma di suite, prevista da Stravinskij medesimo. Personalmente però preferisco sempre ascoltare la versione integrale perchè un qualsiasi brano di musica ha una sua consequenzialità logica che non può essere spezzata. Diffido molto delle selezioni. Capisco che magari ascoltarsi il Tristano di Wagner può essere stancante ma o lo ascolti integralmente o altrimenti non ci capisci niente. Una suite può servire magari per avvicinare all'opera completa che resta l'obiettivo finale. Oltretutto l'Uccello di fuoco dura circa 45 minuti, meno dell'Eroica di Beethoven.
Ecco qui una bellissima versione con i Filarmonici di Vienna diretti da Valery Gergiev. La famosa danza infernale arriva al minuto 32.13 ma non potrei mai rinunciare a tutto ciò che viene prima e la prepara, dal minuto 24.30 circa, musica letteralmente inaudita nel 1910 (per confronto basta prendere una pagina dell'ultimo Rimsky-Korsakov, il suo maestro, dal Gallo d'oro).



Però se lo stesso Stravinsky dirige una sua suite (allargata rispetto a ciò che si ascolta di solito) allora  va bene. Da Stravinskij accetto tutto. Da notare come dirige la danza infernale (18.28), praticamente fermo e guardando l'orchestra. E come si porta il dito alle labbra per girare le pagine. Ma come, dirige con la musica davanti, lui che l'ha composta? Commovente. Un autentico mito.




L'anno del ventennio

Jeri sera alla Scala inaugurazione della XX stagione dell'orchestra Verdi diretto  da Zhang Xian, il direttore musicale della Verdi.
I ventennali sono sempre un po' fatali dalle nostre parti, in politica, però.
Speriamo quindi che questo ventennale corrisponda ad un nuovo inizio.
Il programma vedeva l'esecuzione dell'Ouverture 1812 di Ciaikovskij e di Ivan il terribile di Prokofiev.
Personalmente l'ouverture 1812 non mi piace; certamente Ciaikovskij ha composto di meglio ma si deve tener conto anche che si tratta di una composizione di circostanza.
Bello invece Ivan il terribile, colonna sonora del film di Eisenstein. Avevano già eseguito un paio d'anni fa questo pezzo in Auditorium, sempre sotto la direzione della Zhang Xian. Mi era così piaciuto che dopo il concerto del giovedì ero andato a risentirlo anche la domenica, come mi capita di fare talvolta (ricordo quella volta della settima di Shostakovich diretta da Vladimir Jurowsky, nel 2007, memorabile!).
Ivan il terribile non è folgorante come l'Alexander Nievsky, che è molto più breve e contiene brani straordinari come la Battaglia sul ghiaccio, ma contiene dei pezzi molto belli e intensi, come questo che parla di incendio, di tartari e cannonieri per cui potrà forse fare l'impressione di essere un po' un polpettone ma a me piace non poco.
L'esecuzione della Zhang Xian è stata molto bella, come lo era già stata nel passato. Forse in alcuni punti l'esecuzione poteva essere un po' più aggressiva e barbarica (vedi Gergiev) ma si tratta di dettagli visto che comunque questo pezzo rappresenta uno degli esiti migliori della direttrice che trova qui un brano che le si adatta alla perfezione.
Bella prestazione dell'orchestra ben concentrata e del coro, che in questo brano rappresenta un punto di forza. Incantevole il coro delle voci bianche della Verdi diretti dalla bravissima Maria Teresa Tramontin.
Nel pezzo di Ciaikovskij all'orchestra si è aggiunto un complesso di fiati, la Filarmonica Paganelli 79 di Cinisello Balsamo, che ha dato ulteriore corpo al finale un po' imbarazzante del pezzo ma che fa un bel baccano dove però purtroppo mancavano i cannoni, per perfezionare l'opera.
Sala piena e applausi.