domenica 23 ottobre 2011

Milano musica

Ieri sera, all'Auditorium san Fedele, c'è stato un bel concerto del Trio di Parma con l'aggiunta del clarinettista Ib Hausmann.
Il pezzo forte del concerto era naturalmente l'ultimo, ovvero il Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, brano di bellezza suprema e di una intensità quasi insostenibile nell'esecuzione dal vivo dove puoi vedere la tensione di chi suona in brani come il V Louange à l’Éternité de Jésus. Grande emozione nel pubblico bloccato nel silenzio per quasi un minuto senza applaudire alla fine dell'esecuzione. In effetti questo è un brano che passo dopo passo ti conduce in uno stato di sospensione, di immaterialità e di assenza della percezione del tempo in un clima di totale astrazione. Mi ha dato la stessa sensazione di quando studiavo matematica all'università dove si studiavano teorie che per essere comprese richiedevano una capacità di astrazione come se si dovesse uscire da sè e, sebbene tutto all'inizio sembrasse molto complicato, ad un tratto, quando cominciavi a capire, ti accorgevi di quanto fosse bella la cosa che stavi studiando ed in fondo anche semplice, nella sua complessità. E' da allora che ho capito che devo diffidare delle cose complesse che restano sempre ostinatamente complesse. Stessa cosa per questa musica, complessa ma non astrusa, di grande bellezza e con una enorme carica espressiva.
In precedenza erano stati eseguiti quattro brani in prima milanese. I primi due, Im Freien zu spielen di Federico Gardella e Solo il silenzio vive di Paola Livorsi, a dire sono risultati, almeno per me, abbastanza deludenti; troppo statici senza una via d'uscita; magari il tutto era voluto ma complessivamente l'effetto era piuttosto noioso. Invece il brano di Noriko Miura, Walk with the Light while Shining, per violino e violoncello è risultato interessante nell'intreccio degli strumenti e il quarto brano, di Toshio Hosokawa, Stunden-Blumen, un omaggio evidente a Messiaen, era interessante per come, muovendo da elementi minimi, costruisce un arco espressivo di sempre maggiore intensità e vigore per tornare alla fine al clima dell'inizio.
Un bel concerto ben suonato e con un grande pubblico fatto anche da tantissimi giovani, per fortuna!!!!!!!!!!!!

venerdì 21 ottobre 2011

Russi in Auditorium

Ancora un programma interamente russo per l'orchestra Verdi, due brani di Ciaikovskij e uno di Shostakovich.
Si è iniziato con il Capriccio italiano, pagina universalmente famosa. Personalmente penso di averlo ascoltato per la prima volta 44 anni fa ed ha smesso di piacermi meno di un anno dopo. Di tanto in tanto lo incontro di nuovo, come si incontrerebbe una vecchia conoscenza, per la quale magari ci si era presa anche un'infatuazione giovanile, ma dove ad ogni incontro si capisce che si era fatto bene a tagliare i ponti. Questa composizione infatti, secondo il mio gusto, a parte un momento felice nella tarantella, risulta piuttosto banale e volgare. Capisco che per un russo del XIX secolo, l'Italia, o la Spagna fossero paesi esotici, ma quel baccano inscenato da Ciaikovskj, come pure quella marcia lugubre dei fiati che potrebbe andare bene per una processione religiosa sulle parole "Vade retro Satàn", sono un po' troppo, per me. Molto meglio allora la reminiscenza d Berlioz nell'Aroldo in Italia nella marcia dei pellegrini, o la Jota aragonesa di Glinga o anche il Capriccio spagnolo di Rimsky-Korsakov, oppure, ancora meglio e rimanendo su Ciaikovskij, quel capolavoro di passione che è il Souvenir de Florence, opera per sestetto d'archi ma eseguibile anche in versione per orchestra d'archi.
L'altro brano di Ciaikvskij era la suite dallo Schiaccianoci. Speravo che fossero eseguiti brani dalla seconda suite invece è stata seguita la prima con l'inserimento solo del grande e bellissimo e appassionatissimo Pas de deux prima del Valzer dei fiori. Per quanto riguarda l'esecuzione di questo famosissimo valzer volevo solo far notare una particolarità dell'esecuzine lasciataci in disco da Toscanini. A parte il carattere incalzante e plastico dell'esecuzione, quando entrano i violini per l'esposizione del loro bel tema, nella ripetizione Toscanini esegue un ritmo puntato che dà uno slancio e un brio incredibile all'esecuzione. Si tratta di una licenza toscaniana; nessun altro lo fa ed è un peccato, a parte il fatto che per farlo con quel rigore e vigore bisognerebbe essere Toscanini, quindi meglio evitare.
Tra questi due brani era incastonato il concerto per pianoforte, orchestra d'archi e tromba di Shostakovich, brano del 1933 di un Shostakovich ventisettenne, sbarazzino e biricchino quanto mai. Questo è un brano che trasmette proprio allegria e gioia di vivere. Credo che poche volte come in questo brano Shostakovich rida e si diverta così di gusto e rivendichi il diritto di ridere con la musica. I tempi cupi sarebbero arrivati di lì a poco con le purghe staliniane ma qui non c'è traccia di ciò, neanche nel sommesso movimento lento, così poetico nel gioco degli archi con gli interventi delicati della tromba e del pianoforte. Nel finale invece tutto esplode con grotteschi interventi della tromba e frenetici e deliranti entrate del pianoforte tra glissandi e numeri degni di un pianista da saloon con la mano sinistra che impazzisce in salti clamorosi. Nel concerto hanno suonato la prima tromba dell'orchestra Alessandro Caruana e Boris Petrushansky, gran pianista che era già stato in Auditorium qualche anno fa per suonare un brano di Schnittke.
Il direttore era Evgeny Bushkov, alla sua terza apparizione in Auditorium, bravo ma senza particolari colpi di genio.
Molto pubblico. Buon successo.

giovedì 13 ottobre 2011

Maderna - Satyricon


Ieri sera per Milano Musica, allo Spazio Sirin di via Vela, è stato proiettato Satyricon di Bruno Maderna nell'allestimento del 2000 a Macerata diretto da Donato Renzetti.
L'opera fu composta tra il 1971 e il 1973 e fu eseguita per la prima volta pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
L'opera si compone di 21 numeri, che si potrebbero definire arie o scene, che non sono ordinati in una sequenza fissa per stabilire una volta per tutte una narrazione. Di conseguenza l'ordine può essere cambiato e alcuni numeri possono anche essere omessi. Del resto lo stesso Satyricon di Petronio è un'opera frammentaria e aperta.
Nell'esecuzione di ieri sera due numeri erano omessi. Rispetto ad un'altra esecuzione che avevo sentito, ad esempio, l'aria di Lady Lucky (Signora Fortuna) era collocata vicino alla cena di Trimalchio ed alla narrazione della sua fortuna, a simboleggiare il collegamento tra fortuna, soldi, cibo e quindi sesso, che sono le quattro entità attorno a cui gira tutta la vicenda; nell'edizione che conoscevo invece era posta all'inizio dell'opera, ad indicare come la fortuna regoli ogni cosa, un po' come nei Carmina Burana di Orff.
Dal punto di vista del testo, che è di Maderna, la maggior parte delle scene sono dette in lingua inglese, una sorta di lingua franca, un po' come il latino dei tempi di Petronio, ma una scena di seduzione è in francese, ovviamente, a cui il sedotto risponde in latino, a questo punto lingua incomprensibile, in tedesco sono le flatulenze di Trimalchio ed alcune parti, quelle burocratiche del testamento di Trimalchio, in italiano.
Dal punto di vista musicale, sono previste alcune scene con accompagnamento di nastro magnetico, scene notturne a sfondo erotico, specie di incubi che si celebrano tra corpi seminudi e quarti di bue; la altre scene o arie sono composte da Maderna ricorrendo spesso a citazioni. Così la scena della seduzione si basa sull'habanera della Carmen, nella scena della narrazione da parte di Trimalchio di come ha costruito la propria fortuna, nel punto culminante in cui egli vanta i milioni fatti, Maderna cita apertamente il trio di The stars and stripes forever di Sousa oppure nella scena dove Trimalchio immagina il proprio funerale e legge il proprio testamento, si citano Ciaikovskij (primo concerto per pianoforte), Wagner (Entrata degli dei nel Walhalla), Puccini (Boheme), ecc.
Una bella occasione d'ascolto di un'opera, che come spessissimo accade alla musica del '900, soprattutto a quella del secondo dopoguerra, viene relegata ai festival specialistici.
Del resto questo è un vecchio discorso. Infatti se agli inizi dell'800 le musiche che venivano eseguite nei teatri erano al 90% di compositori viventi, già alla metà del secolo la percentuale era scesa al 50% e si assestò al 25% circa agli inizi del '900. Ora basta scorrere una qualsiasi programmazione di ente concertistico o lirico per accorgersi che non solo i compositori viventi sono rarissimi, ma sono piuttosto sporadiche anche le esecuzioni di composidori del '900 già scomparsi da parecchio per cui queste stagioni si riducono ad una eterna riproposizione dei soliti autori consolidati, e nell'ambito dei soliti autori, dei soliti pezzi, mancando spesso anche la curiosità o il coraggio di proporre brani meno noti di autori famosi. Ma questo è un discorso piuttosto complicato che ha un sacco di implicazioni con gli altri generi musicali, con la società, ecc.

domenica 9 ottobre 2011

Haydn e contemporanei

Questa mattina, in Auditorium, c'era il secondo appuntamento per la serie MAGGIOREminore che in 10 appuntamenti accosta autori ritenuti dai più autori importanti ad altri che con il passare del tempo sono trascolorati al ruolo di comprimari.
Avevo mancato il primo appuntamento per altri impegni ma a questo non sono mancato, anche in una giornata di chiusura del traffico, ma con i mezzi, un tram e un filobus in 20 minuti sono arrivato, anzi siamo perchè c'era anche mia moglie, comodamente.
Questa mattina il compositore maggiore era Haydn accostato a due minori come Kotzeluch e Stamitz.
Leopold Kotzeluch, boemo, ai tempi era così famoso che si rifiutò di prendere il posto di Mozart a Salisburgo, quando Mozart andò a Vienna, perchè non abbastanza di prestigio e quando Mozart morì nel 1791 ne prese il posto a Praga al doppio dello stipendio. Era tale la sua fama che quando ci fu l'incoronazione dell'imperatore nel 1791 egli compose una cantata che fu altamente elogiata mentre Mozart compose La clemenza di Tito di cui non parlò praticamente nessuno. Beethoven lo considerava un "miserabile", Mozart era in competizione con lui e non lo stimava molto, Haydn praticamente, pur conoscendolo, non ne parla mai. Eppure la sua musica, almeno quella della sinfonia in sol minore ascoltata stamattina, non era per niente male; una musica nello stile Sturm und Drang dello Haydn di mezzo; niente di innovativo, ma interessante.
A seguire è stato eseguito il concerto in re maggiore di Stamitz per viola e orchestra, brano famigerato fra gli studenti dello strumento. In realtà, oltre ad essere un pezzo da esame, è un bel concerto con un secondo movimento veramente poetico che si conclude con una cadenza lenta della viola accompagnata da un violoncello in un clima di totale lontananza da fine dei tempi; un brano veramente stupendo. Ottimo Gabriele Mugnai, prima viola dell'orchestra Verdi, che come bis, suonando una viola d'amore, ha eseguito una versione solo orchestrale del coro a bocca chiusa della Butterfly di Puccini, in quanto Puccini in quel momento usa proprio quello strumento. Naturalmente calde lacrime per quella musica così dolce. Però devo confessare che detesto sempre di più Puccini per quel suo masochismo sulle donne che tanto più diventa crudele tanto più si manifesta con musiche dolcissime e bellissime, profondamente commoventi. Lo odio altrettanto profondamente.
Per terminare Haydn e la sinfonia N. 88 in Sol maggiore. Composizione meravigliosa sommamente ammirata da Brahms ed eseguitissima da un po' tutti i direttori, Toscanini, Furtwaengler, su su fino ad Abbado e Rattle. Qui si capisce cosa distingue un buon artista da un artista di genio. Ad esempio il fatto che nel primo movimento Haydn, contro ogni logica non utilizzi timpani e trombe, oppure quella semplicità discorsiva del secondo tempo così nobile e popolare assieme, oppure il trio del minuetto con quei suoni falsi su un accompagnamento da zampogne per finire poi nel finale che gira come una trottola e che contiene un passaggio estremamente complesso in canone che va avanti per decine di battute; qui si che mi ha preso un po' (tanta) di emozione, dovuta solo alla bellezza e non al sentimentalismo. Alla fine mia moglie mi ha detto "Che bello questo Haydn!" ed io non ero capace di pronunciare una parola sola; chissà cosa ha pensato, che sono uno scorbutico, probabilmente.
Comunque anche il ruolo dei "minori" è stato importante perchè spesso hanno portato delle innovazioni che sono state poi usate dai "maggiori"; inoltre il fatto che siano maggiori o minori è dovuto alla prospettiva con cui li vediamo. Chissà fra cento anni quali compositori a noi contemporanei saranno considerati maggiori e minori!
Belle esecuzioni da parte di una Verdi concentrata e ben diretta da Giuseppe Grazioli.
Pubblico abbastanza folto nonostante il blocco del traffico.

Festival Rota

Ieri sera si è concluso il festival Rota tenutosi presso il Conservatorio di Milano con un concerto dell'orchestra del Conservatorio diretta da Amedeo Monetti. Sono stati eseguiti il concerto per tuba e orchestra di Vaughan Williams, un brano del 1953 che vede il suo momento più alto nel secondo movimento, dove la tuba si piega alla melodia e all'intimità, cosa questa abbastanza inusuale per uno strumento così ingombrante come la tuba, a seguire di Darius Milhaud Scaramouche per sassofono contralto e orchestra del 1939, ricco di memorie del soggiorno brasiliano dell'autore come è evidente dall'ultimo brano, Brazileira.
Per finire la Sinfonia sopra una canzone d’amore di Nino Rota; composta nel 1947 fornirà successivamente vari spunti musicali per musiche da film, in particolare il Gattopardo, nel 1963. Brano affascinante dove Rota svolge la propria musica con il proprio stile sempre così riconoscibile; non si può infatti dire che Rota non avesse uno stile! Il fatto che Rota non seguisse le mode e le tendenze più avanzate della musica contemporanea gli procurò un certo ostracismo in certi ambienti, ma quello era il suo stile e bene fece comunque a seguirlo piuttosto che fingersi avanguardista. Del resto è come per il carattere: ciascuno ne ha uno proprio e non si può piacere a tutti ed è bene che sia così.
Christopher Spiteri era il solista alla tuba e Andrea Mocci al sax nel pezzo di Milhaud; se la sono cavata piuttosto bene. L'orchestra ha suonato con qualche piccola incertezza ma nel complesso bene con bel suono anche se non del tutto omogeneo. La perfezione non era comunque la cosa più importante; era importante invece applaudire quei giovani agli inizi della loro, si spera, buona carriera.
Bel pubblico di parenti e amici; bei giovani.

sabato 8 ottobre 2011

Dieci anni

Oggi è l'8 ottobre. Sono passati dieci anni dall'incidente di Linate.
Quella mattina c'era una nebbia piuttosto fitta. Avvicinandomi a Linate si sentivano stranamente diverse sirene e sul Forlanini fui superato anche dai pompieri. Alla fine del viale, entrando in aeroporto, c'era una nebbia ancora più fitta, sembrava quasi fumo. Parcheggiai ed andai a prendere un caffè al solito bar. Il barista mi disse che sembrava fosse successo qualcosa. Poi uscii ed andai a vedere più da vicino, ma sempre dall'esterno. Non si vedeva niente. Allora andai in ufficio. La mia segretaria mi disse che pareva fosse successo un incidente; tutti erano allarmati. Intanto la nebbia iniziò a sollevarsi e contemporaneamente tutto l'orrore di quanto era accaduto fu evidente.
Lutto, dolore e ricerca delle responsabilità avviluppata nelle solite pastoie della giustizia.

venerdì 7 ottobre 2011

Ciclo Dvorak

Ieri sera ha preso il via la serie di concerti con i quali, in tre anni, verranno eseguite in Auditorium dall'orchestra Verdi le nove sinfonie, i concerti, varie ouverture e poemi sinfonici di Antonin Dvorak. L'opera è meritoria perchè, ad esempio, per quanto riguarda le sinfonie tutti conoscono la IX sinfonia "dal nuovo mondo" composta durante il soggiorno americano, ma già le precedenti VI, VII e VIII sono molto meno frequentate per non parlare delle prime che sono quasi del tutto sconosciute ed ineseguite, almeno in Italia e anche nel settore concerti, se è molto conosciuto quello per violoncello, quello per pianoforte è ben poco eseguito.
Ieri si è iniziato proprio con la IX sinfonia, cioè con il vertice dell'opera sinfonica di Dvorak, anche se personalmente ho una forte predilezione per l'VIII, e il cammino proseguirà andando a ritroso con la VIII e la VII nei prossimi concerti di gennaio e febbraio.
Nella conferenza che si è tenuta prima del concerto, Aldo Ceccato ed Enzo Beacco hanno parlato di Dvorak secondo prospettive diverse. Aldo Ceccato ne ha parlato da musicista appassionato di quella musica e ha piuttosto insistito sul carattere nazionale della musica di Dvorak. Enzo Beacco, invece, e giustamente, non ha seguito questa prospettiva ed ha posto in evidenza come in realtà Dvorak, compositore boemo di Praga, fosse un compositore cosmopolita, certamente curioso delle tradizioni dei canti popolari della sua terra e non solo, ma sostanzialmente un autore che si esprimeva con il linguaggio della musica di ascendenza tedesca. Del resto Dvorak aveva come termini di paragone Brahms, Liszt e Wagner, soprattutto, ma anche Verdi di cui si trovano echi, sorprendentemente, ad esempio nello scherzo della IV sinfonia che ha uno slancio da cabaletta verdiana. Nella IX sinfonia si sono voluti vedere per lungo dei temi indiani che Dvorak avrebbe ascoltato durante il suo soggiorno in America. In realtà si è visto che ciò non corrisponde per nulla alla realtà in quanto tali temi potrebbero essere ascrivibili ad altre tradizioni, balcaniche, montenegrine, ucraine ed affondare ancora più lontano nel canto liturgico. Nella IX sinfonia, invece, si riscontra una grande maestria nella costruzione con il tema principale del primo movimento che ritorna in tutti gli altri ed un finale, costruito su un famosissimo tema che si scopre essere strettissimamente imparentato con il tema del primo movimento tanto che ad un certo punto diventano intercambiabili; nel finale, poi, tutti i temi dei vari movimenti vengono riepilogati e ciò porta ad una grande compattezza della struttura della sinfonia che diventa quindi, non un abile montaggio di temi folcloristici, ma un capolavoro di musica assoluta.
In precedenza sono state eseguite le due serenate per archi e per fiati, due composizioni giovanili e poco eseguite, due composizioni peraltro molto belle, vitali che affondano di più nella tradizione della musica popolare, soprattutto la serenata per fiati che in tutta l'area ceca, ungherese, balcanica rappresentano una grande tradizione per ogni occasione dai matrimoni ai funerali.
Le esecuzioni sono state in generale di buon livello, senza peraltro brillare per particolare genialità interpretativa. Nella IX sinfonia si ascolti cosa faceva Toscanini, ad esempio, o Ancerl o Kubelik mentre in anni più recenti sono stato particolarmente colpito dall'intensità e dalla partecipazione dell'interpretazione di Abbado di cui esiste anche un bellissimo video.
Comunque Aldo Ceccato ha diretto con entusiasmo e partecipazione, gigioneggiando anche non poco sul podio la qual cosa certe volte dava anche un po' fastidio perchè o sei Bernstein (e lo posso testimoniare per la ventina di volte che l'ho ascoltato dal vivo) che dava l'impressione che la musica sgorgasse dal suo corpo o è meglio che ti contieni.
Molto pubblico, grande successo.
In occasioni come queste mi torna in mente il 2007 quando la fondazione era sull'orlo del fallimento e Corbani protestava perchè il comune di Milano dava 3 milioni ad un piccolo festival come il MITO (tre settimane di programmazione) e praticamente nulla alla Verdi. In quei momenti non si sapeva neanche se si sarebbe potuta fare la stagione successiva e fu grazie ad un'assemblea straordinaria di noi soci che si decise di andare comunque avanti perchè Milano non poteva perdere questa orchestra. Furono i soci che salvarono l'orchestra non solo con i loro soldi ma anche e soprattutto con il loro sostegno morale perchè i soci, a differenza dei semplici abbonati o frequentatori della sala quando capita, condividono l'operato della fondazione e sono animati solo da una cosa che potrebbe essere considerata assurda, ma non lo è, ovvero dalla grande passione per la musica e la cultura e io, come socio da molti anni, penso di aver fatto una cosa buona per questa città.