giovedì 29 dicembre 2011

Una buona Nona


Stasera una bella Nona di Beethoven in Auditorium.
Dopo un paio di anni poco convincenti, nel complesso, tralasciando la sciagurata esecuzione di Marshall, questa sera la Zhang, per la quale peraltro non impazzisco, anzi, impazzisco sempre meno, ha dato una esecuzione vibrante della nona. Tempi sostenuti, in linea con le indicazioni metronomiche beethoveniane e grande energia. Certamente l'adagio eseguito così velocemente, si fa per dire, può essere un po' destabilizzante; con i suoi 13 minuti di durata, rispetto ai 16/17 della tradizione, segna una bella differenza e bisogna essere bravi nella concertazione per rendere comunque chiaro il tutto, lirico ed intenso. Del resto le ultime esecuzioni di Abbado (che dai 17 minuti e 6 secondi del 1986 è passato ai 12 e 48 del 2000!) e Chailly (12 e 51,) seguono questa tendenza e quindi ormai ci abbiamo fatto l'orecchio (senza dimenticare però che anche Klemperer o Toscanini con i loro 15 minuti scarsi andavano in quella direzione già 60 anni fa). L'unico appunto che faccio è relativo allo scherzo dove la Zhang non ha eseguito alcun ritornello tranne quello della prima parte del trio; il movimento sarebbe durato 4 minuti di più e non moriva nessuno se si fossero eseguiti i ritornelli.
Personalmente sono dell'opinione che se i ritornelli ci sono vadano eseguiti sempre, se non altro per questioni di equilibrio e simmetria.
Per il resto non parlo dell'interpretazione perchè si entra in un campo molto personale; dico solo che andare a tempo di metronomo beethoveniano è forse condizione necessaria ma sicuramente non sufficiente per una grande esecuzione beethoveniana e che comunque mi tengo ben strette certe vecchie esecuzioni di alcune sinfonie fatte da direttori come Klemperer o Furtwaengler per il fraseggio e la ricchezza di emozioni che emanano in modo copioso.
Ottimo il coro e buono il quartetto vocale. Farei un ultimo appunto sui solisti che sono entrati un po' trafelati nel finale. Addirittura il basso non ha neanche avuto il tempo di raggiungere il proprio posto che già cantava. Fosse per me i signori solisti entrerebbero all'inizio e se ne starebbero lì ad ascoltarsi tutta la sinfonia fino alla loro entrata; canterebbero poi anche con maggiore convinzione e consapevolezza.
Molto pubblico (teatro praticamente esaurito per tutte le quattro serate) e grande successo.

Buon anno e speriamo che il 2012 non sia l'ultimo per questa orchestra e per la fondazione intera, con tutto ciò che comporta. Infatti se non arrivano giuste sovvenzioni dalla mano pubblica e non aumentano gli sponsor in modo significativo non c'è ente culturale che si sostenga da sè con soli mezzi propri. Se ciò non accadrà per quanti biglietti si vendano e per quanto noi soci possiamo sostenere tutte le attività con i nostri soldi, la fondazione avrà gravi problemi. Ciò produrrà inevitabilmente un impoverimento dell'offerta culturale e problemi per le persone che lavorano nella e per la fondazione e, cosa più grave, per le loro famiglie passate, presenti e, si spera, future. Noi dobbiamo impedire che ciò avvenga.

mercoledì 21 dicembre 2011

Messiah


Ieri sera la Verdi Barocca diretta da Ruben Jais con l'Ensemble vocale diretto da Giancarlo Capuano ci ha donato il Messiah di Haendel.
Non penso di dire nulla di particolarmente originale se dico che il Messiah di Haendel non è solo il famoso coro dell'Halleluja. Il Messiah è pieno di altri cori e arie stupende e bisogna ascoltarsolo tutto con dedizione fino in fondo.
Peccato che ieri sera, per questioni di tempo, siano stati fatti alcuni tagli nella seconda e terza parte, anche perchè così facendo sono stati tagliati dei pezzi che mi piacciono particolarmente, come questo coro.
Cantanti ottimi, le due donne soprattutto, la soprano Tehila Nini Goldstein e il contralto Sonia Prina che hanno eseguito il duetto He shall feed this flock con una intensità che si sarebbe potuta tire sconvolgente se si può parlare di sconvolgimento nella musica barocca; certo è che l'intensità delle voci era tale che la melodia veramente infinita di questo pezzo veniva dipanata nota dopo nota creando un tempo che si sarebbe voluto infinito. Sonia Prina poi, per la quale ho un'autentica passione, ha una voce tale che ti/mi fa capire veramente che la voce è lo strumento musicale più grande che esista; voce stupenda in tutta la gamma con note profonde che ti penetrano in profondità andando a toccare corde molto intime.
Molto bravi anche i due uomini, il tenore Carlo Allemano e il basso Christian Senn, ormai una vecchia conoscenza.
Grande il coro e l'orchestra.
Bis d'obbligo, l'Halleluja, con i quattro solisti e anche il direttore del coro a cantare insieme all'ensemble vocale.
Pubblico piuttosto numeroso, fortunatamente e grande successo.

lunedì 19 dicembre 2011

Verdi e Milano

More about A Milano con Verdi
Se interessa la vita di Giuseppe Verdi e la storia dei sui rapporti con Milano e la Scala e contemporaneamente interessa anche avere una panoramica sulla Milano ottocentesca, seguendone le trasformazioni urbanistiche e sociali, questo è un libro interessante che può essere anche preso come piccola guida alla Milano verdiana, pur tenendo conto che molti luoghi sono scomparsi

venerdì 16 dicembre 2011

Buon compleanno Ludwig


Oggi è il compleanno di Ludwig van Beethoven, compleanno presunto perchè in quel tempo, nel cattolico paese renano non usava posporre il battesimo oltre 24 ore dalla nascita di un bambino.
Si è conservata solo la registrazione ufficiale del battesimo.
Nel registro della parrocchia di S. Remigio appare la seguente registrazione:

Parentes

D: Joannes van Beethoven. & Helena Keverichs conjuges

Proles

17ma Xbris Ludovicus

Patrini

D: Ludovicus van Beethoven & Gertrudis Müllers dicta Baums


I padrini erano quindi il nonno di Beethoven, Kapellmeister, e la moglie del vicino, Johann Baum, impiegato nella cantina dell’elettore. Una nota da Albrechtsberger a Beethoven, datata 15 dicembre, inizia: “I migliori auguri per domani per il vostro compleanno.”
Tra i vari certificati di battesimo, il seguente è copiato nella sua interezza poiché riporta una nota di mano del maestro:


Departement de Rhin et Moselle
Mairie de Bonn.

Extrait du Registre de Naissances de la Paroisse
de St. Remy à Bonn.

Anno millesimo septingentesimo septuagesimo, die decima septima Decembris baptizatus est Ludovicus. Parentes D. Joannes van Beethoven et Helena Keverichs, Conjuges. Patrini, D. Ludovicus van Beethoven et Gertrudis Müllers dicta Baums.

Pour extrait conforme
delivré à la Mairie de Bonn.
Bonn le 2. Juin 1810.



Sul retro di questo foglio Beethoven scrisse:

1772 Il certificato di battesimo sembra essere sbagliato perché ci fu un Ludwig nato prima di me. Una Baumgarten fu, credo, mia madrina. Ludwig van Beethoven

Infatti per lungo tempo Ludwig pensò di essere nato nel 1772, complice anche il padre che gli diminuiva l'età per farlo apparire un bambino prodigio ancor più di quanto già non fosse tanto che nel primo concerto che Ludwig fece in pubblico a Colonia il 26 marzo 1778 veniva presentato come un bambino di 6 anni (strana coincidenza quella del 26 marzo che sarà il giorno della sua morte nel 1827).

Ok, Ludwig, buon compleanno!

giovedì 15 dicembre 2011

Rinaldo


Ieri sera sono andato in Auditorium a sentire il Rinaldo di Haendel di cui ricorre quest'anno il 300° anniversario della prima esecuzione, avvenuta il 24 febbraio 1711 a Londra. L'esecuzione è stata affidata all'orchestra della Verdi Barocca che in queste settimane ha preso il posto dell'orchestra sinfonica in trasferta in Oman per la Carmen. L'impegno della Verdi Barocca proseguirà la prossima settimana con il Messiah, sempre di Haendel.
Il Rinaldo, naturalmente, è un'opera molto interessante e nonostante duri quasi tre ore, l'attenzione, almeno la mia, è rimasta sempre ben desta per tutta l'esecuzione. Cantanti bravi. Su tutti, sicuramente, Deborah York nel ruolo di Almirena, e David Hansen, che se pur attaccato da virus influenzale milanese, ha dato una grande prova nel ruolo di Rinaldo.
Per Deborah York avevo dei timori; invece, a parte forse la prima aria Combatti da forte che ha un dinamismo che richiede molta forza nella voce, per il resto dell'opera ha dato una prova esemplare con due autentuche vette nella famosa aria Lascia ch'io pianga e soprattutto in Bel piacere è godere, interessante aria presa di radica dall'Agrippina rappresentata a Venezia nel 1708, aria in cui l'intermittenza del cuore preso da amore è rappresentato dall'alternanza del ritmo ternario e binario, un'esempio di poliritmia in anticipo di due secoli su Stravinskij. La grandezza della York in questa esecuzione è stata particolarmente palpabile nella grande musicalità che ha reso benissimo i cambi di ritmo e nella fantasia con la quale ha eseguito i da capo nelle sue arie, abilità che ha raggiunto appunto un vertice in Bel piacere è godere.
In genere, comunque, i da capo in tutte le arie di tutti gli esecutori sono stati ben curati e hanno reso l'opera più varia ed interessante.
Grande anche David Hansen che, pur malaticcio, ha dato tutto se stesso nell'esecuzione del proprio ruolo che prevede arie molto difficili come Or la tromba in suon festante del terzo atto, dove nel da capo si è prodotto in una serie di variazioni spettacolari.
Il ruolo di Armida, la maga, era ricoperto da Lenneke Ruiten, brava ma forse un po' leggera per il ruolo, soprattutto nella sua aria di apertura Furie terribili, dove non era abbastanza furiosa, e nell'aria di chiusura del secondo atto Vo' far guerra.
Bravi anche gli altri, Christian Senn nel ruolo di Argante e Filippo Mineccia nel ruolo di Eustazio.
L'esecuzione è stata completa a parte un taglio nel secondo atto dove è stata eliminata la prima parte della scena III; peccato perchè in quel punto due sirene cantano un'aria deliziosa, Il vostro maggio, anch'essa presa da un'opera precedente, la cantata Aminta eseguita a Roma nel 1708 e precisamente dall'aria Se vago rio.
Molto brava l'orchestra, per la quale Haendel scrisse in modo molto impegnativo con difficili soli per le prime parti, ben diretta da Ruben Jais che ha curato con visibile passione la concertazione del tutto.
Pubblico, purtroppo, scarsino. Probabilmente il pubblico degli abbonati al turno A si è un po' spaventato davanti ad Haendel, cosa comprensibile considerando che si tratta di un pubblico abituato ad ascoltare Schoenberg, Webern, Ligeti, ecc, per cui passare al Rinaldo era un bel salto.
Peccato per loro. Comunque quelli che c'erano hanno applaudito piuttosto convinti.

giovedì 8 dicembre 2011

Chiusura traffico a Milano

Domani e dopo si chiude dalle 10 alle 18, quindi si va in giro con i mezzi o a piedi. Ottimo. L'unico problema che ho ce l'ho sabato, giorno in cui ho un invito a pranzo fuori Milano nel varesotto. Nessun problema, comunque. Tram, metro, ritrovo con un'amico e un'amica alla stazione Garibaldi, treno, Busto Arsizio, due amiche che ci aspettano, pranzo sulle colline, ritorno in treno, metro, tram.

mercoledì 30 novembre 2011

Anfras Schiff al Quartetto


Ieri sera al Conservatorio, per la stagione del Quartetto, Andras Schiff (Andrea Barca) ha fatto un bellissimo concerto dedicato alle variazioni con musiche di Mozart, le variazioni KV 500, Haydn, Andante e variazioni in fa minore, Mendelssohn, Variations Sérieuses op. 54, Schumann, le toccanti Geistervariatione, ultimissima composizione il cui tema gli fu dettato in sogno da un angelo nella notte del 17 febbraio 1854 e sulla quale lavorava quando tentò il suicidio gettandosi nel Reno il 27 febbraio. Per terminare, le realmente immense Variazioni Diabelli di Beethoven.
Due bis, l'Aria delle variazioni Goldberg di Bach, la mamma di tutti i tema e variazioni e l'Intermezzo in Mi bemolle op. 117 N. 1 di Brahms.
Conservatorio quasi esaurito. Applausi a grandine.

venerdì 25 novembre 2011

Richard Strauss

More about Strauss
Ho terminato questo libro di Quirino Principe dedicato a Richard Strauss. Libro non facile, anzi piuttosto impegnativo. Era lì da alcuni anni che mi aspettava ed alla fine mi è venuto in mano quasi per caso, rovistando tra i libri, ma nulla mai accade per caso.
L'ho letto volentieri perché per Richard Strauss ho sempre avuto un certo interesse o meglio, una curiosità per una persona nata nel 1864 e morta nel 1949, ovvero una persona che era nata otto anni dopo la morte di Schumann e quando Rossini era ancora vivo, quando non esistevano la lampadina, il telefono, le automobili, ecc. e che morirà quando Boulez scrive la sua seconda sonata per pianoforte, le potenze mondiali si fronteggiano con la bomba atomica e si sta entrando nell'era dei computer e della conquista (?) dello spazio.
Mi incuriosiva, o meglio, non capivo come una persona potesse ancora scrivere la musica che scriveva con tutto quello che gli succedeva attorno in campo musicale e non. Sibelius, che aveva tre anni meno di lui, ad un certo punto si era ritirato e gli ultimi 30 anni della sua vita li aveva passati a fare poco o niente. Strauss aveva invece continuato a comporre la sua musica. Quindi si poneva il problema di quale posto dare ad un compositore che se fino alla prima guerra mondiale un posto ce l'aveva, fino a Salome, Electra, Cavaliere della Rosa, nel periodo successivo e soprattutto nel periodo del nazismo e della seconda guerra mondiale,appariva non solo anacronistico ma anche indifferente a quanto lo circondava. Come! Si celebravano orrori e lui componeva Daphne, Capriccio,il concerto per oboe, la sonatina in Fa, musiche deliziose, serene mentre l'unico momento realmente tragico era rappresentato dalle Metamorphosen del 1945 per 23 archi. Però c'era una cosa che mi inquietava e cioè che a me, ad esempio, i Vier Letzte Lieder, del 1948, opera veramente terribile se la sintende nel modo giusto, piacevano moltissimo. Ora questo libro di Principe, che dovrò anche rimeditare e rileggere a pezzi (sono 1000 pagine in tutto!) cerca di dare alcune risposte dicendo ad esempio che non si può liquidare Strauss dicendo semplicemente che era un residuato del passato ma che forse questo suo ostinarsi a scrivere ciò che scriveva voleva anche dare una prospettiva al dopo, al periodo che sarebbe seguito a quegli orrori attraverso i quali si era dovuti passare, che la musica di Strauss non aveva un prima e un dopo ma era o tutto o niente o pieno o vuoto. Il problema di quale posto Strauss occupi è quindi complesso e non può essere liquidato così alla leggera.
Comunnque complesso come personaggio Strauss, un uomo dai molti strati, anche umanamente, difficile da interpretare e per questo, probabilmente, ancora più interessante. Sicuramente una vicenda umana difficile. Il libro, inoltre, mi è stato molto utile anche per aver stimolato in me l'interesse per un versante meno noto dell'attività di Strauss, ovvero quello di liederista, e per le composizioni giovanili perché in fondo Strauss è universalmente noto solo per alcuni poemi sinfonici e alcune opere.
Interessante inoltre è il paragone con Mahler dove si pone in evidenza come Mahler sia artista della temporalità, mentre Strauss della spazialità. A Mahler manca il tempo per dire più di ciò che ha detto mentre la musica di Strauss, nello spazio, non trova il modo di dire tutto ciò che vorrebbe dire e mentre esiste un mahlerismo in compositori venuti dopo Mahler non esistono imitazioni di Strauss. Anzi, per paradosso, Strauss che era il "grande attuale", mentre Mahler era il "grande inattuale", in tarda età diventa colui che compone "alla maniera di Strauss" diventando così a sua volta un "grande inattuale", in ogni caso,comunque, sempre arbitro del proprio destino.

Beethoven e Ciaikovskij

C'è un momento della sesta sinfonia di Beethoven, "Pastorale", che invariabilmente mi riporta alla memoria un ricordo d'infanzia.
Ero, come tutte le estati, dai nonni materni, nella campagna veronese. Mio nonno che di professione faceva il commerciante e mediatore d'affari, aveva anche alcune proprietà terriere e di tanto in tanto ci andava per vedere come stavano le cose; così un giorno siano andati in un suo campo che produceva fieno. Gli uomini falciavano e caricavano i carri. Alla fine sono stato issato sopra uno di questi carri, ricordo ancora il profumo del fieno, e siamo tornati verso casa. Era sera, ormai. Quando siamo arrivati nel cortile il sole era tramontato dietro la collina di fronte, il cielo era blu, nell'aria c'era un buon profumo di cibo, dalle finestre si vedevano le luci accese. Io guardai verso il cielo dove c'era già uno spicchio di luna e mi dissi: "Questo me lo ricorderò per tutta la vita" ed è stato proprio così e la cosa curiosa è che avrò avuto 8 anni. Ora, quel senso del cuore che ti balza nel petto per un'emozione così forte io la sento nella sesta sinfonia di Beethoven e precisamente all'inizio dello sviluppo (circa al minuti 5 del video) del primo movimento quando i violini primi e secondi si rimbalzano il motivo iniziale dandosi la parola l'un l'altro in due crescendo con l'intervento del flauto e dell'oboe su un ostinato degli altri archi; è la possessione di Dioniso (enthousiasmos) che entra in me provocandomi uno stato di estasi apollinea (ekstasis) intesa come uscita da sé; è più forte di me, ma purtroppo sono costretto a stare seduto su una poltroncina.
L'esecuzione che Oleg Caetani ha dato della sinfonia è stata sicuramente buona ma forse è stata tenuta troppo in un livello medio, cioè non c'erano molte differenziazioni di intensità. Anche il temporale, che deve produrre al suo scoppio un effetto terrificante, pur nella semplicità dei mezzi impiegati (non c'è la macchina del vento come nella sinfonia delle Alpi di Strauss!), non faceva un effetto particolarmente terribile e la scena al ruscello era molto uniforme. Sicuramente però era ammirevole la continuità e la fluidità del tempo ma certo, per Beethoven, ci vuole un'intensità un po' superiore. Peccato perché l'esecuzione di Caetani della settima sinfonia, ad esempio, è molto bella, e l'allegretto, proprio grazie a quella continuità del tempo così flessibile, è impeccabile nella sua interpretazione ma in una sinfonia come la sesta, opera dalle dinamiche più tenui, se non si differenziano i piani sonori in modo accurato, si rischia di apparire troppo uniformi. Inoltre non ho apprezzato che non siano stati eseguiti i ritornelli del primo e terzo movimento. Personalmente, se fossi direttore d'orchestra, i ritornelli li farei sempre.
Nella seconda parte del concerto è arrivato Manfred di Ciaikovskij ispirato ad un'opera di Byron come l'Aroldo in Italia di Berlioz. Proprio Berlioz era stato invitato in Russia da Balakirev e vi aveva portato la sua sinfonia fantastica e l'Aroldo, commissionatogli da Paganini che glielo aveva pagato profumatamente (in anticipo! lui genovese!) anche se poi non lo aveva mai suonato perché la parte della viola solista era troppo facile. Se Aroldo vaga tra le montagne dell'Abruzzo finendo per incappare in una banda di briganti, Manfred vaga per le Alpi dove ha un idillio con una ninfa. L'opera è basata su un tema tormentone che rappresenta Manfred e che si ripresenta sotto varie forme un po' ovunque, seguendo la narrazione, e soprattutto si impone in tutta la sua forza e carica passionale nei finali del primo (minuto 4.40) e del quarto movimento dove si raggiunge un autentico parossismo. Quando Ciaikovskij compose quest'opera era convinto di aver scritto un capolavoro tranne poi ricredersi, a causa delle continue incertezze del suo carattere, tanto da arrivare sul punto di distruggerla. Certamente in quest'opera c'è un momento particolarmente infelice ed è la fuga che ad un certo punto compare nel finale. Stranamente questa è un'opera ancora poco conosciuta. Molti direttori che pure eseguono le sue sinfonie, i concerti, i poemi sinfonici ed altre opere orchestrali, non hanno mai eseguito Manfred. Inoltre questa è un'opera che quando viene eseguita viene in genere tagliata in vari modi per cui la sue esecuzione può andare dai 45 ai 60 minuti. Stranamente la eseguiva Toscanini che pure con Ciaikovskij ci andava molto cauto tanto che delle sue sinfonie eseguiva solo la sesta, mi pare. Caetani, che l'aveva già diretta in Auditorium alcuni anni fa, l'ha eseguita in modo convincente ma, anche qui, forse in alcuni punti forse un po' di partecipazione e di passione in più non avrebbe guastato.
Ottima prova dell'orchestra con tutte le prime parti chiamate ad essere protagonisti e archi compatti e con bel suono.
Pubblico poco numeroso, buon successo anche se non clamoroso.

martedì 22 novembre 2011

Blocco del traffico a Milano?

Si è fatto in modo che ognuno abbia un'automobile per poi non poter più circolare o perché perennemente in fila o perché tutti insieme si inquina troppo. Andiamo un po' a piedi, per quanto possibile, o con i mezzi pubblici! Invece si è calcolato con un'inchiesta che una notevole percentuale di persone prende l'auto per fare un tragitto di meno di un chilometro. Camminare fa bene e ci sarebbe anche un po' più di silenzio.
Intanto a Milano, se la situazione non cambia, si va verso un blocco.

domenica 20 novembre 2011

Concerti in Auditorium

Quando nel 2007 l'orchestra Giuseppe Verdi fu praticamente abbandonata da Riccardo Chailly temetti seriamente che l'orchestra si squagliasse. Senza una guida stabile che futuro ci poteva essere? In quel momento diversi soci sostenitori, considerando anche la drammatica situazione finanziaria, lasciarono la fondazione; altri invece, compreso il sottoscritto, continuarono ostinatamente e direi quasi disperatamente ad appoggiare la fondazione dal momento che trovavano insopportabile per Milano che l'orchestra dovesse scomparire. Grazie a questa ostinazione le attività sono continuate ed anche estese nei limiti del possibile. Da questo sentimento nasce l'attaccamento e direi l'affetto che mi anima personalmente nei confronti di questa istituzione. Così l'orchestra ha continuato a lavorare e si e compattata migliorando anno per anno in tutti le sezioni. Poi è arrivata la Zhang, che è al terzo anno di collaborazione, e ciò è stato molto positivo, se non altro sul piano della resa orchestrale. Non parlo infatti di interpretazione dove la Zhang ha dato prove discontinue con un ottimo War Requiem di Britten, ad esempio, ma un mediocre Requiem verdiano lo scorso anno, dei buoni Beethoven, ma una IX sinfonia piuttosto opinabile, e dei Mahler non omogenei nel risultato.
In questi ultimi due concerti la Zhang è tornata con due bei concerti. In quello della scorsa settimana ha dato una bella prova nella sinfonia del Guglielmo Tell rossiniano e nelle rielaborazioni di Britten da Rossini concludendo poi con una convincente VII sinfonia di Beethoven, che si era già potuta ascoltare nella sua interpretazione negli anni Passati.
Ieri sera il concerto è stato molto buono con il secondo concerto per pianoforte di Beethoven suonato dall'ottimo Cominati e la VI sinfonia di Ciaikovskij, "Patetica". A me Cominati piace molto come pianista; tocco morbido, bel suono, musicalità. Oltretutto Cominati, come risulta da un'intervista che gli aveva fatto tempo fa Carlo Boccadoro,fortunatamente non è un musicista che vive con la testa dentro la musica; ha molti altri interessi e sa godersi la vita anche in molti altri aspetti e ciò me lo rende molto simpatico e degno di ammirazione.
La sinfonia di Ciaikovskij è stata ben eseguita. Certamente, se si fosse voluto fare un confronto con altre esecuzioni storiche (Celibidache, Bernstein, Mravinsky, Mitropoulos,ecc.), ci sarebbe stato qualcosa da dire sull'intensità ad esempio del primo movimento, soprattutto nella parte centrale prima della ripresa, oppure suoltrio nel secondo movimento dove la musica serena della prima parte improvvisamente, come per una nube che passa davanti al sole, si incupisce in un'angoscia opprimente, oppure sul terzo movimento, ben eseguito in modo virtuosistico, ma forse leggermente troppo veloce così che un certo effetto claustrofobico di follia si perdeva un po'.
Personalmente di questa sinfonia ricordo due esecuzioni dal vivo a cui ho assistito alla Scala, quella di Celibidache, credo nel 1970, e quella di Giulini con l'orchestra di Los Angeles, negli anni '70, entrambe indimenticabili.
Buona prova, comunque, da parte di tutti.
Non parlo del Requiem diretto da Aldo Ceccato due settimane fa tanto fu deludente, non per l'orchestra e il coro, quanto per i solisti veramente pessimi, soprattutto i due uomini, e la direzione di Ceccato,lento, greve, privo di profondità e di intensità. Peccato.

venerdì 18 novembre 2011

Pomeriggi Musicali

Ieri sera non c'era concerto in Auditorium, visti gli impegni europei dell'orchestra Verdi (il mio turno è spostato a sabato); quindi ne ho approfittato e sono andato al dal Verme per un concerto dei Pomeriggi Musicali. Sfortunatamente c'era sciopero dei mezzi per cui arrivare è stata un po' un'impresa ma avevo già il biglietto da una settimana e non volevo mancare.
L'orchestra dei Pomeriggi non è una "grande" (intesa come numerosa) orchestra ma suonano molto bene e possono dedicarsi anche a brani che magari in una stagione da orchestra sinfonica normale non vengono fatti. Ieri sera c'era quello strano pezzo di Liszt per piano forte e archi che si chiama Malédiction, seguito dal Konzertstuck di Weber, sempre pianoforte e orchestra per terminare con la seconda serenata di Brahms.
Al pianoforte a giovane coreana Ilia Kim, buona pianista ma con qualche pecca.
Buona la direzione di Vittorio Parisi, particolarmente riuscita in Brahms, dove, coadiuvato anche dal bravissimo primo oboe, ha fornito un'esecuzione molto convincente un raggiungendo, nel secondo Menuetto ed in particolare nel trio, l'akmé della serata.
Poco pubblico, forse complice lo sciopero dei mezzi. Buon successo, complessivamente.
All'uscita mi attendeva la Milano più bella, quella con un po' di nebbiolina che riesce an entrare anche in centro e che rendeva lucido il selciato di via Dante, di piazza Cordusio e di Piazza Duomo. Poca gente in giro, freddo, bellissimo!

Arlecchino servitore di due padroni


L'altra sera, mercoledì, sono andato al Piccolo Teatro, nella vecchia sede di via Rovello, per rivedere l'Arlecchino di Goldoni con la regia di Strehler. Io l'avevo già visto almeno un paio di volte negli anni '70 ma mia moglie non l'aveva mai visto per cui l'ho accompagnata.
Lo spettacolo è sempre lo stesso. Identiche le battute, le gag, le trovate, le invenzioni registiche. Si tratta di uno spettacolo presente sulle scena dal 1947 e che ha avuto finora due protagonisti: Marcello Moretti, che lasciò nel 1959, e Ferruccio Soleri, classe 1929, che da allora interpreta il ruolo. Certo, con gli anni un po' di agilità si è persa, e si sa quanta acrobazia e fisicità sia richiesta, ma comunque Soleri svolge ancora il proprio compito in modo ammirevole e con una dedizione commovente. Anche gli altri attori erano molto bravi, però nel complesso lo spettacolo mi ha lasciato un po' perplesso. Voglio dire che tutte le battute c'erano, le parole, le frasi (le ricordavo quasi amemoria); quello che mancava in alcuni punti mi pare fosse un certo modo di porgere le frasi, una certa intensità, certi modi di fare e di dire le cose. Insomma, facendo un paragone musicale, è come se un direttore d'orchestra dirigesse un pezzo in modo corretto ma mettendoci poca anima, non sottolineando certi passaggi, un questione, dunque, di interpretazione. Mi veniva da pensare quanto avrebbe lavorato ancora Strehler sulle parole, sulle intensità e sui modi di porgere le frasi; piccole cose che fanno grandi differenze.

giovedì 10 novembre 2011

La Verdi Barocca

Ieri sera è iniziata la terza stagione de laVerdi Barocca che è incentrata sul tema del concerto.
Nel corso della stagione saranno eseguiti quindi i 6 Brandeburghesi di Bach, in tre concerti a gruppi di due, che sono una sorta di manifesto dell'epoca essendo sei concerti scritti per sei ensemble diversi, affiancati da concerti di altri autori, oltre ai tradizionali concerti natalizi e pasquali con l'oratorio di Natale di Bach e le cantate pasquali sempre di Bach.
Ieri sera quindi si sono potuti ascoltare il primo, con due corni, il violino piccolo e tre oboi e che è l'unico concerto non in tre movimenti ma in quattro con un grande Menuetto conclusivo con tre Trii, e il terzo brandeburghese, per tre violini, tre viole, tre violoncelli e basso, preceduti dai primi quattro concerti dell'opera 8 di Antonio Vivaldi, Il Cimento dell'Armonia e dell'Invenzione, ovvero le Quattro Stagioni.
Le Quattro Stagioni sono ovviamente famosissime, anzi, per moltissimo tempo è stata l'unica composizione nota di Vivaldi di cui non si sospettava o non si sapeva o si ignorava che avesse composto decine di opere per il teatro, di composizioni sacre e centinaia di altri concerti per tutti gli strumenti esistenti (come questo, ad esempio, per archi, che si conclude con una sfolgorante ciaccona). Forse era una forma di pigrizia o di mero interesse per qualcosa di curioso e strano. Comunque dall'ultimo dopoguerra in avanti grazie a gruppi come i Musici o i Solisti Veneti si è risvegliato l'interesse per Vivaldi e per gli altri musicisti di quel periodo, l'inizio '700. Altri gruppi sono poi venuti ed ora abbiamo fortunatamente molti ensemble italiani che suonano e cantano quella musica ed è credo importante sottolineare che sono italiani perchè, pur non volendo affermare che gruppi tedeschi o inglesi non siano adatti all'esecuzione di quella musica, certamente l'essere italiani è un vantaggio sul piano della proprietà di linguaggio, della fantasia e della creatività, cosa necessaria per eseguire questa musica e che fanno di ogni esecuzione un evento nuovo e diverso. Così oggi possiamo amare quella musica in un modo che solo alcuni decenni fa era impossibile e fra tutti, naturalmente, il più grandi di tutti, cioè Antonio Vivaldi, finalmente conosciuto non solo per questa Quattro Stagioni ma anche per tante opere e concerti che sono disponibili anche in edizioni discografiche molto belle.
Il concerto è stato interessante anche per l'accostamento tra la musica italiana e quella tedesca dove si vedeva, pur nel linguaggio comune, una differenza radicale di tono: Vivaldi, appassionato, teatrale, sognante, veneziano, luccicante, con quegli adagi che si possono capire dopo aver camminato per campi e campielli lontani dai circuiti turistici dove senti il rumore dei tuoi passi e quello lieve dell'acqua dei canali (penso che si percepisca quale passione io abbia per questa musica stante le mie antiche ma assolutamente certe origini veneziane), e Bach massiccio, costruito nei minimi dettagli come una fortezza, un pozzo inesauribile di scienza musicale, vertice di secoli di musica del passato e porta aperta a tutto ciò che sarebbe venuto dopo.
Moltissimo pubblico e tantissimi giovani.
I giovani sono una presenza costante a questi concerti di musica barocca, lo si è visto anche nei concerti che si sono tenuti questa estate in vari luoghi di Milano. In Auditurium il pubblico della barocca è molto diverso da quello della stagione sinfonica tradizionale, con alcune eccezioni come il sottoscritto ed altre persone che incontro in tutti i concerti, e l'età media è molto più bassa. Probabilmente i giovani si sentono meno attratti dalle grandi ondate della musica romantica mentre si sentono a loro agio in queste musiche, con queila linea del basso così ben definita, quei ritmi così incalzanti e quella quota di inventività e di creatività che è richiesta per suonarla e anche per ascoltarla.
Le esecuzioni sono state in genere buone con al primo violino Gianfranco Ricci che si è ben difeso in Vivaldi, compito piuttosto arduo. Forse, soprattutto in Vivaldi, un po' di fantasia in più in alcuni particolari non avrebbe guastato, ma questo è un giudizio personale, non assoluto che è però lecito considerando la libertà esecutiva che è ammessa in questa musica.
Grandissimo successo.

venerdì 4 novembre 2011

Scuola di musica del Garda

Lunedì scorso, 31 ottobre, dal momento che ero lì vicino nel veronese, sono andato alla Scuola di Musica del Garda di Desenzano per un concerto di musiche barocche, incentrato su Antonio Lucio Vivaldi, con la Venice Baroque Orchestra.
Il concerto in sè è stato meraviglioso per le esecuzioni e per come è stato impostato, ovvero, essendo in una scuola, come una lezione sul barocco ma senza alcuna pretesa cattedratica, così, come tra amici che parlano tra loro e che ad un certo punto ti dicono: "Senti questo!". Loro oltretutto sono molto simpatici oltre che bravissimi. Qui li si può ascoltare nell'Estate di Vivaldi, diretti dal loro direttore, Andrea Marcon.
Il concerto si è concluso con un'impeccabile esecuzione di uno dei loro cavalli di battaglia, La Follia di Vivaldi, meno nota forse di quella di Corelli, ma non meno bella.
Quello che mi preme però di mettere in evidenza è l'attività meritoria che la scuola porta avanti, come progetto, con lo scopo di "allargare" e orecchie delle persone che a vario titolo la frequentano. Nell'ambito delle attività della scuola sono previste, oltre alle attività tipiche di una scuola, delle serate d'ascolto centrate su un tema. Il tema di questo incontro era Vivaldi ed il barocco, ma i prossimi due, condotti da Carlo Boccadoro, avranno come argomento addirittura Frank Zappa e John Cage! Decisamente interessanti e stimolanti. Peccato che per me, milanese, siano un po' distanti.
Comunque complimenti a tutta l'organizzazione e lunga vita alla scuola!

Senti questo

More about Senti questo
Dopo "Il resto è rumore" dove Alex Ross percorre in lungo e in largo la musica del '900 (è un libro che consiglierei a chiunque voglia avere una guida che lo aiuti a perlustrare il XX secolo musicale, credo anzi che sia forse il libro più bello che si possa oggi leggere), è uscito un nuovo libro "Senti questo" dove Ross parla di musica e di esperienze musicali le più varie.
Si va dalla forma della ciaccona ai Radiohead, da Bob Dylan a John Cage, da Mozart a Verdi, dalla musica in Cina ad un'analisi di come le registrazioni fonografiche hanno cambiato l'arte dell'interpretazione, dai problemi dell'educazione musicale a Esa-Pekka Salonon, da Schubert a Brahms, da Marian Anderson a Byork, ecc. il tutto con lo scopo di superare il confine tra classica, pop e jazz e di parlare di esperienze musicali che, pur essendo le più disparate, si ritrovano tutte nel grande alveo della musica con parallelismi spesso sorprendenti.
Personalmente poi ho scoperto due cose che mi accomunano ad Alex Ross. La prima è che, come me, odia l'aggettivo "classica" appioppato alla musica del passato come se fosse un marchio di distinzione, un marchio di qualità, un marchio che ti dice che puoi stare tranquillo. quella è roba buona. La seconda è che, come me, considera l'Intermezzo op. 117 N. 1 di Brahms come la musica che vorrei sentire in punto di morte.

domenica 23 ottobre 2011

Milano musica

Ieri sera, all'Auditorium san Fedele, c'è stato un bel concerto del Trio di Parma con l'aggiunta del clarinettista Ib Hausmann.
Il pezzo forte del concerto era naturalmente l'ultimo, ovvero il Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, brano di bellezza suprema e di una intensità quasi insostenibile nell'esecuzione dal vivo dove puoi vedere la tensione di chi suona in brani come il V Louange à l’Éternité de Jésus. Grande emozione nel pubblico bloccato nel silenzio per quasi un minuto senza applaudire alla fine dell'esecuzione. In effetti questo è un brano che passo dopo passo ti conduce in uno stato di sospensione, di immaterialità e di assenza della percezione del tempo in un clima di totale astrazione. Mi ha dato la stessa sensazione di quando studiavo matematica all'università dove si studiavano teorie che per essere comprese richiedevano una capacità di astrazione come se si dovesse uscire da sè e, sebbene tutto all'inizio sembrasse molto complicato, ad un tratto, quando cominciavi a capire, ti accorgevi di quanto fosse bella la cosa che stavi studiando ed in fondo anche semplice, nella sua complessità. E' da allora che ho capito che devo diffidare delle cose complesse che restano sempre ostinatamente complesse. Stessa cosa per questa musica, complessa ma non astrusa, di grande bellezza e con una enorme carica espressiva.
In precedenza erano stati eseguiti quattro brani in prima milanese. I primi due, Im Freien zu spielen di Federico Gardella e Solo il silenzio vive di Paola Livorsi, a dire sono risultati, almeno per me, abbastanza deludenti; troppo statici senza una via d'uscita; magari il tutto era voluto ma complessivamente l'effetto era piuttosto noioso. Invece il brano di Noriko Miura, Walk with the Light while Shining, per violino e violoncello è risultato interessante nell'intreccio degli strumenti e il quarto brano, di Toshio Hosokawa, Stunden-Blumen, un omaggio evidente a Messiaen, era interessante per come, muovendo da elementi minimi, costruisce un arco espressivo di sempre maggiore intensità e vigore per tornare alla fine al clima dell'inizio.
Un bel concerto ben suonato e con un grande pubblico fatto anche da tantissimi giovani, per fortuna!!!!!!!!!!!!

venerdì 21 ottobre 2011

Russi in Auditorium

Ancora un programma interamente russo per l'orchestra Verdi, due brani di Ciaikovskij e uno di Shostakovich.
Si è iniziato con il Capriccio italiano, pagina universalmente famosa. Personalmente penso di averlo ascoltato per la prima volta 44 anni fa ed ha smesso di piacermi meno di un anno dopo. Di tanto in tanto lo incontro di nuovo, come si incontrerebbe una vecchia conoscenza, per la quale magari ci si era presa anche un'infatuazione giovanile, ma dove ad ogni incontro si capisce che si era fatto bene a tagliare i ponti. Questa composizione infatti, secondo il mio gusto, a parte un momento felice nella tarantella, risulta piuttosto banale e volgare. Capisco che per un russo del XIX secolo, l'Italia, o la Spagna fossero paesi esotici, ma quel baccano inscenato da Ciaikovskj, come pure quella marcia lugubre dei fiati che potrebbe andare bene per una processione religiosa sulle parole "Vade retro Satàn", sono un po' troppo, per me. Molto meglio allora la reminiscenza d Berlioz nell'Aroldo in Italia nella marcia dei pellegrini, o la Jota aragonesa di Glinga o anche il Capriccio spagnolo di Rimsky-Korsakov, oppure, ancora meglio e rimanendo su Ciaikovskij, quel capolavoro di passione che è il Souvenir de Florence, opera per sestetto d'archi ma eseguibile anche in versione per orchestra d'archi.
L'altro brano di Ciaikvskij era la suite dallo Schiaccianoci. Speravo che fossero eseguiti brani dalla seconda suite invece è stata seguita la prima con l'inserimento solo del grande e bellissimo e appassionatissimo Pas de deux prima del Valzer dei fiori. Per quanto riguarda l'esecuzione di questo famosissimo valzer volevo solo far notare una particolarità dell'esecuzine lasciataci in disco da Toscanini. A parte il carattere incalzante e plastico dell'esecuzione, quando entrano i violini per l'esposizione del loro bel tema, nella ripetizione Toscanini esegue un ritmo puntato che dà uno slancio e un brio incredibile all'esecuzione. Si tratta di una licenza toscaniana; nessun altro lo fa ed è un peccato, a parte il fatto che per farlo con quel rigore e vigore bisognerebbe essere Toscanini, quindi meglio evitare.
Tra questi due brani era incastonato il concerto per pianoforte, orchestra d'archi e tromba di Shostakovich, brano del 1933 di un Shostakovich ventisettenne, sbarazzino e biricchino quanto mai. Questo è un brano che trasmette proprio allegria e gioia di vivere. Credo che poche volte come in questo brano Shostakovich rida e si diverta così di gusto e rivendichi il diritto di ridere con la musica. I tempi cupi sarebbero arrivati di lì a poco con le purghe staliniane ma qui non c'è traccia di ciò, neanche nel sommesso movimento lento, così poetico nel gioco degli archi con gli interventi delicati della tromba e del pianoforte. Nel finale invece tutto esplode con grotteschi interventi della tromba e frenetici e deliranti entrate del pianoforte tra glissandi e numeri degni di un pianista da saloon con la mano sinistra che impazzisce in salti clamorosi. Nel concerto hanno suonato la prima tromba dell'orchestra Alessandro Caruana e Boris Petrushansky, gran pianista che era già stato in Auditorium qualche anno fa per suonare un brano di Schnittke.
Il direttore era Evgeny Bushkov, alla sua terza apparizione in Auditorium, bravo ma senza particolari colpi di genio.
Molto pubblico. Buon successo.

giovedì 13 ottobre 2011

Maderna - Satyricon


Ieri sera per Milano Musica, allo Spazio Sirin di via Vela, è stato proiettato Satyricon di Bruno Maderna nell'allestimento del 2000 a Macerata diretto da Donato Renzetti.
L'opera fu composta tra il 1971 e il 1973 e fu eseguita per la prima volta pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
L'opera si compone di 21 numeri, che si potrebbero definire arie o scene, che non sono ordinati in una sequenza fissa per stabilire una volta per tutte una narrazione. Di conseguenza l'ordine può essere cambiato e alcuni numeri possono anche essere omessi. Del resto lo stesso Satyricon di Petronio è un'opera frammentaria e aperta.
Nell'esecuzione di ieri sera due numeri erano omessi. Rispetto ad un'altra esecuzione che avevo sentito, ad esempio, l'aria di Lady Lucky (Signora Fortuna) era collocata vicino alla cena di Trimalchio ed alla narrazione della sua fortuna, a simboleggiare il collegamento tra fortuna, soldi, cibo e quindi sesso, che sono le quattro entità attorno a cui gira tutta la vicenda; nell'edizione che conoscevo invece era posta all'inizio dell'opera, ad indicare come la fortuna regoli ogni cosa, un po' come nei Carmina Burana di Orff.
Dal punto di vista del testo, che è di Maderna, la maggior parte delle scene sono dette in lingua inglese, una sorta di lingua franca, un po' come il latino dei tempi di Petronio, ma una scena di seduzione è in francese, ovviamente, a cui il sedotto risponde in latino, a questo punto lingua incomprensibile, in tedesco sono le flatulenze di Trimalchio ed alcune parti, quelle burocratiche del testamento di Trimalchio, in italiano.
Dal punto di vista musicale, sono previste alcune scene con accompagnamento di nastro magnetico, scene notturne a sfondo erotico, specie di incubi che si celebrano tra corpi seminudi e quarti di bue; la altre scene o arie sono composte da Maderna ricorrendo spesso a citazioni. Così la scena della seduzione si basa sull'habanera della Carmen, nella scena della narrazione da parte di Trimalchio di come ha costruito la propria fortuna, nel punto culminante in cui egli vanta i milioni fatti, Maderna cita apertamente il trio di The stars and stripes forever di Sousa oppure nella scena dove Trimalchio immagina il proprio funerale e legge il proprio testamento, si citano Ciaikovskij (primo concerto per pianoforte), Wagner (Entrata degli dei nel Walhalla), Puccini (Boheme), ecc.
Una bella occasione d'ascolto di un'opera, che come spessissimo accade alla musica del '900, soprattutto a quella del secondo dopoguerra, viene relegata ai festival specialistici.
Del resto questo è un vecchio discorso. Infatti se agli inizi dell'800 le musiche che venivano eseguite nei teatri erano al 90% di compositori viventi, già alla metà del secolo la percentuale era scesa al 50% e si assestò al 25% circa agli inizi del '900. Ora basta scorrere una qualsiasi programmazione di ente concertistico o lirico per accorgersi che non solo i compositori viventi sono rarissimi, ma sono piuttosto sporadiche anche le esecuzioni di composidori del '900 già scomparsi da parecchio per cui queste stagioni si riducono ad una eterna riproposizione dei soliti autori consolidati, e nell'ambito dei soliti autori, dei soliti pezzi, mancando spesso anche la curiosità o il coraggio di proporre brani meno noti di autori famosi. Ma questo è un discorso piuttosto complicato che ha un sacco di implicazioni con gli altri generi musicali, con la società, ecc.

domenica 9 ottobre 2011

Haydn e contemporanei

Questa mattina, in Auditorium, c'era il secondo appuntamento per la serie MAGGIOREminore che in 10 appuntamenti accosta autori ritenuti dai più autori importanti ad altri che con il passare del tempo sono trascolorati al ruolo di comprimari.
Avevo mancato il primo appuntamento per altri impegni ma a questo non sono mancato, anche in una giornata di chiusura del traffico, ma con i mezzi, un tram e un filobus in 20 minuti sono arrivato, anzi siamo perchè c'era anche mia moglie, comodamente.
Questa mattina il compositore maggiore era Haydn accostato a due minori come Kotzeluch e Stamitz.
Leopold Kotzeluch, boemo, ai tempi era così famoso che si rifiutò di prendere il posto di Mozart a Salisburgo, quando Mozart andò a Vienna, perchè non abbastanza di prestigio e quando Mozart morì nel 1791 ne prese il posto a Praga al doppio dello stipendio. Era tale la sua fama che quando ci fu l'incoronazione dell'imperatore nel 1791 egli compose una cantata che fu altamente elogiata mentre Mozart compose La clemenza di Tito di cui non parlò praticamente nessuno. Beethoven lo considerava un "miserabile", Mozart era in competizione con lui e non lo stimava molto, Haydn praticamente, pur conoscendolo, non ne parla mai. Eppure la sua musica, almeno quella della sinfonia in sol minore ascoltata stamattina, non era per niente male; una musica nello stile Sturm und Drang dello Haydn di mezzo; niente di innovativo, ma interessante.
A seguire è stato eseguito il concerto in re maggiore di Stamitz per viola e orchestra, brano famigerato fra gli studenti dello strumento. In realtà, oltre ad essere un pezzo da esame, è un bel concerto con un secondo movimento veramente poetico che si conclude con una cadenza lenta della viola accompagnata da un violoncello in un clima di totale lontananza da fine dei tempi; un brano veramente stupendo. Ottimo Gabriele Mugnai, prima viola dell'orchestra Verdi, che come bis, suonando una viola d'amore, ha eseguito una versione solo orchestrale del coro a bocca chiusa della Butterfly di Puccini, in quanto Puccini in quel momento usa proprio quello strumento. Naturalmente calde lacrime per quella musica così dolce. Però devo confessare che detesto sempre di più Puccini per quel suo masochismo sulle donne che tanto più diventa crudele tanto più si manifesta con musiche dolcissime e bellissime, profondamente commoventi. Lo odio altrettanto profondamente.
Per terminare Haydn e la sinfonia N. 88 in Sol maggiore. Composizione meravigliosa sommamente ammirata da Brahms ed eseguitissima da un po' tutti i direttori, Toscanini, Furtwaengler, su su fino ad Abbado e Rattle. Qui si capisce cosa distingue un buon artista da un artista di genio. Ad esempio il fatto che nel primo movimento Haydn, contro ogni logica non utilizzi timpani e trombe, oppure quella semplicità discorsiva del secondo tempo così nobile e popolare assieme, oppure il trio del minuetto con quei suoni falsi su un accompagnamento da zampogne per finire poi nel finale che gira come una trottola e che contiene un passaggio estremamente complesso in canone che va avanti per decine di battute; qui si che mi ha preso un po' (tanta) di emozione, dovuta solo alla bellezza e non al sentimentalismo. Alla fine mia moglie mi ha detto "Che bello questo Haydn!" ed io non ero capace di pronunciare una parola sola; chissà cosa ha pensato, che sono uno scorbutico, probabilmente.
Comunque anche il ruolo dei "minori" è stato importante perchè spesso hanno portato delle innovazioni che sono state poi usate dai "maggiori"; inoltre il fatto che siano maggiori o minori è dovuto alla prospettiva con cui li vediamo. Chissà fra cento anni quali compositori a noi contemporanei saranno considerati maggiori e minori!
Belle esecuzioni da parte di una Verdi concentrata e ben diretta da Giuseppe Grazioli.
Pubblico abbastanza folto nonostante il blocco del traffico.

Festival Rota

Ieri sera si è concluso il festival Rota tenutosi presso il Conservatorio di Milano con un concerto dell'orchestra del Conservatorio diretta da Amedeo Monetti. Sono stati eseguiti il concerto per tuba e orchestra di Vaughan Williams, un brano del 1953 che vede il suo momento più alto nel secondo movimento, dove la tuba si piega alla melodia e all'intimità, cosa questa abbastanza inusuale per uno strumento così ingombrante come la tuba, a seguire di Darius Milhaud Scaramouche per sassofono contralto e orchestra del 1939, ricco di memorie del soggiorno brasiliano dell'autore come è evidente dall'ultimo brano, Brazileira.
Per finire la Sinfonia sopra una canzone d’amore di Nino Rota; composta nel 1947 fornirà successivamente vari spunti musicali per musiche da film, in particolare il Gattopardo, nel 1963. Brano affascinante dove Rota svolge la propria musica con il proprio stile sempre così riconoscibile; non si può infatti dire che Rota non avesse uno stile! Il fatto che Rota non seguisse le mode e le tendenze più avanzate della musica contemporanea gli procurò un certo ostracismo in certi ambienti, ma quello era il suo stile e bene fece comunque a seguirlo piuttosto che fingersi avanguardista. Del resto è come per il carattere: ciascuno ne ha uno proprio e non si può piacere a tutti ed è bene che sia così.
Christopher Spiteri era il solista alla tuba e Andrea Mocci al sax nel pezzo di Milhaud; se la sono cavata piuttosto bene. L'orchestra ha suonato con qualche piccola incertezza ma nel complesso bene con bel suono anche se non del tutto omogeneo. La perfezione non era comunque la cosa più importante; era importante invece applaudire quei giovani agli inizi della loro, si spera, buona carriera.
Bel pubblico di parenti e amici; bei giovani.

sabato 8 ottobre 2011

Dieci anni

Oggi è l'8 ottobre. Sono passati dieci anni dall'incidente di Linate.
Quella mattina c'era una nebbia piuttosto fitta. Avvicinandomi a Linate si sentivano stranamente diverse sirene e sul Forlanini fui superato anche dai pompieri. Alla fine del viale, entrando in aeroporto, c'era una nebbia ancora più fitta, sembrava quasi fumo. Parcheggiai ed andai a prendere un caffè al solito bar. Il barista mi disse che sembrava fosse successo qualcosa. Poi uscii ed andai a vedere più da vicino, ma sempre dall'esterno. Non si vedeva niente. Allora andai in ufficio. La mia segretaria mi disse che pareva fosse successo un incidente; tutti erano allarmati. Intanto la nebbia iniziò a sollevarsi e contemporaneamente tutto l'orrore di quanto era accaduto fu evidente.
Lutto, dolore e ricerca delle responsabilità avviluppata nelle solite pastoie della giustizia.

venerdì 7 ottobre 2011

Ciclo Dvorak

Ieri sera ha preso il via la serie di concerti con i quali, in tre anni, verranno eseguite in Auditorium dall'orchestra Verdi le nove sinfonie, i concerti, varie ouverture e poemi sinfonici di Antonin Dvorak. L'opera è meritoria perchè, ad esempio, per quanto riguarda le sinfonie tutti conoscono la IX sinfonia "dal nuovo mondo" composta durante il soggiorno americano, ma già le precedenti VI, VII e VIII sono molto meno frequentate per non parlare delle prime che sono quasi del tutto sconosciute ed ineseguite, almeno in Italia e anche nel settore concerti, se è molto conosciuto quello per violoncello, quello per pianoforte è ben poco eseguito.
Ieri si è iniziato proprio con la IX sinfonia, cioè con il vertice dell'opera sinfonica di Dvorak, anche se personalmente ho una forte predilezione per l'VIII, e il cammino proseguirà andando a ritroso con la VIII e la VII nei prossimi concerti di gennaio e febbraio.
Nella conferenza che si è tenuta prima del concerto, Aldo Ceccato ed Enzo Beacco hanno parlato di Dvorak secondo prospettive diverse. Aldo Ceccato ne ha parlato da musicista appassionato di quella musica e ha piuttosto insistito sul carattere nazionale della musica di Dvorak. Enzo Beacco, invece, e giustamente, non ha seguito questa prospettiva ed ha posto in evidenza come in realtà Dvorak, compositore boemo di Praga, fosse un compositore cosmopolita, certamente curioso delle tradizioni dei canti popolari della sua terra e non solo, ma sostanzialmente un autore che si esprimeva con il linguaggio della musica di ascendenza tedesca. Del resto Dvorak aveva come termini di paragone Brahms, Liszt e Wagner, soprattutto, ma anche Verdi di cui si trovano echi, sorprendentemente, ad esempio nello scherzo della IV sinfonia che ha uno slancio da cabaletta verdiana. Nella IX sinfonia si sono voluti vedere per lungo dei temi indiani che Dvorak avrebbe ascoltato durante il suo soggiorno in America. In realtà si è visto che ciò non corrisponde per nulla alla realtà in quanto tali temi potrebbero essere ascrivibili ad altre tradizioni, balcaniche, montenegrine, ucraine ed affondare ancora più lontano nel canto liturgico. Nella IX sinfonia, invece, si riscontra una grande maestria nella costruzione con il tema principale del primo movimento che ritorna in tutti gli altri ed un finale, costruito su un famosissimo tema che si scopre essere strettissimamente imparentato con il tema del primo movimento tanto che ad un certo punto diventano intercambiabili; nel finale, poi, tutti i temi dei vari movimenti vengono riepilogati e ciò porta ad una grande compattezza della struttura della sinfonia che diventa quindi, non un abile montaggio di temi folcloristici, ma un capolavoro di musica assoluta.
In precedenza sono state eseguite le due serenate per archi e per fiati, due composizioni giovanili e poco eseguite, due composizioni peraltro molto belle, vitali che affondano di più nella tradizione della musica popolare, soprattutto la serenata per fiati che in tutta l'area ceca, ungherese, balcanica rappresentano una grande tradizione per ogni occasione dai matrimoni ai funerali.
Le esecuzioni sono state in generale di buon livello, senza peraltro brillare per particolare genialità interpretativa. Nella IX sinfonia si ascolti cosa faceva Toscanini, ad esempio, o Ancerl o Kubelik mentre in anni più recenti sono stato particolarmente colpito dall'intensità e dalla partecipazione dell'interpretazione di Abbado di cui esiste anche un bellissimo video.
Comunque Aldo Ceccato ha diretto con entusiasmo e partecipazione, gigioneggiando anche non poco sul podio la qual cosa certe volte dava anche un po' fastidio perchè o sei Bernstein (e lo posso testimoniare per la ventina di volte che l'ho ascoltato dal vivo) che dava l'impressione che la musica sgorgasse dal suo corpo o è meglio che ti contieni.
Molto pubblico, grande successo.
In occasioni come queste mi torna in mente il 2007 quando la fondazione era sull'orlo del fallimento e Corbani protestava perchè il comune di Milano dava 3 milioni ad un piccolo festival come il MITO (tre settimane di programmazione) e praticamente nulla alla Verdi. In quei momenti non si sapeva neanche se si sarebbe potuta fare la stagione successiva e fu grazie ad un'assemblea straordinaria di noi soci che si decise di andare comunque avanti perchè Milano non poteva perdere questa orchestra. Furono i soci che salvarono l'orchestra non solo con i loro soldi ma anche e soprattutto con il loro sostegno morale perchè i soci, a differenza dei semplici abbonati o frequentatori della sala quando capita, condividono l'operato della fondazione e sono animati solo da una cosa che potrebbe essere considerata assurda, ma non lo è, ovvero dalla grande passione per la musica e la cultura e io, come socio da molti anni, penso di aver fatto una cosa buona per questa città.

lunedì 26 settembre 2011

Daniel Barenboim

Qualche settimana fa, a Verona, nell’ambito della consueta rassegna di orchestre che si svolge tra settembre e ottobre, si è tenuto un concerto diretto da Daniel Barenboim con la Filarmonica della Scala. Il concerto era identico a quello tenuto nell’ambito del festival MITO e prevedeva musiche di Rossini, Mozart e Beethoven di cui veniva eseguita la III sinfonia “Eroica”.
Non ho sentito il concerto ma ne ho letto una recensione sul giornale di Verona, L’Arena.
Tralasciando ciò che diceva dell’esecuzione di Mozart e di Rossini, su Beethoven l’articolista diceva alcune cose. Innanzitutto diceva che l’orchestra per Beethoven si molto infoltita. C’erano tantissimi archi, tanto da avere problemi a starci tutti sul palcoscenico ed inoltre tutti i fiati erano raddoppiati. Ciò, a detta dell’articolista, produceva talvolta degli “ingorghi” sonori. Inoltre, relativamente all’interpretazione vera e propria si mettevano in luce i tempi sostenuti, i contrasti drammatici, il colore scuro, cupo, l’imponenza del tutto.
Non l’ho sentito ma posso ben immaginare avendo sentito in un’altra occasione Barenboim dirigere quella sinfonia.
Vorrei fare un paio di osservazioni.
Trovo assurdo, nel 2011, fare ancora i raddoppi orchestrali per aumentare il peso della musica di Beethoven e accentuare la differenza tra Beethoven e ciò che l’aveva preceduto. Io credo che la novità di una sinfonia come l’Eroica sia insita nella musica in sé; l’orchestra dell’Eroica è uguale a quella delle ultime sinfonie di Haydn con l’aggiunta solo di un terzo corno; ciò che è diversa è la qualità della musica, la sua forza interiore, la forza dei suoi temi, dei suoi sviluppi, il colore dell’orchestrazione e per realizzare bene tutto ciò non è necessario raddoppiare tutta l’orchestra passando da un’orchestra di 60/65 elementi ad una di 120.
Per quanto riguarda i tempi si sa che Beethoven ha messo i tempi di metronomo, nel 1817, e che questi, in genere, sono piuttosto rapidi. Ma rapidi rispetto a cosa? Credo rapidi rispetto ad una idea interpretativa ottocentesca che tendeva a far diventare Beethoven un Titano; la stessa cosa succedeva a Bach con esecuzioni lentissime e con organici improponibili allo scopo di creare un’immagine di solennità. Per Bach si è dovuti arrivare agli anni ’60 perché qualcuno cominciasse ad usare strumenti originali e cominciasse ad adottare tempi molto più snelli e vivaci rendendoci un Bach finalmente pieno di vita; e la stessa cosa accadeva anche ad un autore come Vivaldi, italianissimo, di cui ricordo un vecchio disco che possedevo con le quattro stagioni che era soporifere e mortali come non mai. Certo i metronomi di Beethoven sono piuttosto rapidi e segnano forse più una direzione verso cui tendere che una reale possibilità esecutiva, ma ci si può e ci si deve tendere, e inoltre, come osservava Claudio Abbado, si devono conservare le relazioni tra i tempi di metronomo dei vari movimenti perché altrimenti si ottiene un’immagine deformata del pezzo. Cioè se Beethoven prescrive, come prescrive un tempo di 60 per la minima puntata nel primo movimento lo posso anche rallentare leggermente se lo reputo troppo veloce ma poi nella marcia funebre dove prescrive 80 per l’ottavo dovrei cercare di mantenere una certa proporzione salvo che così diventerebbe di sicuro troppo lento se il primo movimento l’ho rallentato troppo. Del resto Abbado con le sue esecuzioni a Berlino nel 2000 e a Roma, con la stessa orchestra, nel 2001, ha dimostrato quanto diventi interessante, spiritoso e vivo Beethoven con tempi più rapidi e senza raddoppi, ed anche Georg Solti, in un documentario, testimoniava che diventando più vecchio, tendeva sempre di più verso i metronomi beethoveniani abbandonando la visione solenne e retorica del Beethoven della tradizione.
Ora, che Barenboim, ancora oggi, diriga Beethoven secondo stilemi così vecchi e superati fa una certa impressione. Aggiungerei, per finire, che farebbe bene un po' a tutti andarsi a risentire talvolta il Beethoven di Toscanini o di Felix Weingartner, il direttore d’orchestra che prese il posto di Mahler a Vienna nel 1908, assolutamente sorprendenti nelle sue esecuzioni degli anni ’30.
Ricorderei inoltre la puntata di "C'è musica e musica" in cui Berio sperimentava l'utilizzo di un'orchestra simile a quella della prima esecuzione, ridottissima. Questo accadeva 40 anni fa ed era un esperimento per verificare e mettere sotto osservazione le strutture del brano e per fare una riflessione su Beethoven e la sua epoca in cambiamento; sarà stato un esperimento ma era molto interessante e stimolante.

Sergio Bonelli


Sergio Bonelli è morto.
Come fedele lettore dei suoi fumetti, da 50 anni fa ad oggi, gli auguro di essersi avviato serenamente verso l'ultimo sentiero che conduce ai pascoli celesti.

venerdì 23 settembre 2011

Boulez dirige Boulez


Ieri sera al Conservatorio, nell'ambito del festival MITO, Pierre Boulez ha diretto la sua composizione Pli selon pli con l'Ensemble intercontemporain, il Lucerne Festival Academy Ensemble e la soprano Barbara Hannigan.
Obiettivamente era un evento al quale non si poteva mancare, a meno che uno non avesse degli appuntamenti assolutamente irrinunciabili.
Personalmente avevo già sentito Boulez quando era venuto alla Scala sul finire degli anni '70, mi pare, con i complessi dell'Opera di Parigi dirigendo la Lulu di Alban Berg con il finale completato da Friedrich Cerha e un concerto sinfonico con musiche di Messiaen e Stravinskij di cui aveva diretto la più esaltante esecuzione dal vivo che io abbia mai ascoltato della Sagra della primavera. Lo aveva ascoltato anche in un concerto a Parigi.
Vedere dirigere Boulez è bellissimo perchè batte il tempo talmente bene, seguendo al millimetro ogni cambio di tempo o di ritmo, sollecitando le dinamiche, dando gli attacchi anche i più fulminei che guardandolo e seguendo il suo gesto anche tu capisci la musica che si sta eseguendo. Lo diceva lui stesso, mi pare in un'intervista in "C'è musica e musica", storica trasmissione di Luciano Berio trasmessa dalla Rai nei primi anni settanta a proposito dell'interazione tra direttore, orchestra e pubblico.
Ora, a 86 anni suonati, non ha perso nulla della sua lucidità e della sua maestria.
Pli selon pli, brano di grandi atmosfere ottenute con calibratissime orchestrazioni, è stato così dipanato in una maniera talmente convincente ed evidente da suscitare, almeno in me, autemtica commozione e godimento estetico, cosa ben strana trattandosi di musica contemporanea del secondo dopoguerra (Pli selon pli risale agli anni (1957-1962).
Grandissimo successo per la bravissima soprano chiamata ad imprese talvolta veramente ardue e per i bravissimi strumentisti.
Tra il pubblico, due file davanti alla mia c'era Maurizio Pollini, grande interprete del Boulez pianistico, con moglie, dietro di me lo scrittore Alberto Arbasino, e poco più scostato il compositore Giacomo Manzoni, autore di una fortunatissima Guida all’ascolto della musica sinfonica e molte altre facce note tutte riunite lì per un evento al quale, obiettivamente, era un delitto mancare.
Al mio fianco, fortunatamente, una piacevolissima e radiosa ragazza che non doveva sapere molto del brano dal paio di domande che mi ha fatto, ma che ha ascoltato il tutto con grande impegno seguendo il testo poetico di Mallarmé.
Moltissimi giovani tra il pubblico, finalmente!

mercoledì 21 settembre 2011

Il dito di Cattelan


Si discute se tenere il dito di Cattelan (in foto non rende, dal vivo è impressionante) lì dove si trova, piazza Affari o spostarlo.
Certo si deve essere sicuri che l'integrità dell'opera sia salvaguardata.
Comunque, per il carattere metaforico, o metadentrico, a seconda dei punti di vista, dell'opera, la terrei lì dove si trova, almeno per ora.

Boulez dirige Mahler


Ieri ho acquistato un doppio CD nel quale Boulez dirige la Lucerne Festival Academy Orchestra, un'orchestra fondata nel 2004 e formata da giovani provenienti da vari paesi. Le registrazioni sono relative a concerti fatti tra agosto e settembre 2010. Il primo CD è dedicato a musiche di Webern (passacaglia op. 1 e variazioni op. 30) e Stravinskij (Le chant du rossignol), mentre nel secondo CD c'è la VI sinfonia di Mahler. Tralascerei Webern e Stravinskij perché è evidente l'autorevolezza di Boulez in quel repertorio e verrei invece a Mahler.
Dico subito che sono uscito dall'ascolto entusiasta ed anche commosso come poche volte mi è capitato, e questo è strano perché Boulez è un musicista famoso soprattutto per le sue capacità di analisi delle partiture che dirige, per il controllo assoluto di tutti i parametri musicali, che gli deriva di certo dall’essere lui stesso un compositore, il che porterebbe al rischio di una certa freddezza: cioè tutto è perfetto, nulla viene tralasciato ma nel complesso non ti dice niente. Invece nulla di tutto ciò accade. Innanzitutto i tempi sono perfetti. Ascoltando mi veniva in mente ciò che Mahler diceva sui tempi giusti, che sono quelli per cui si riesce a percepire tutto quello che c'è dentro la musica e il limite nella velocità è proprio quello per cui i suoni tenderebbero a scivolare o a comprimersi diventando poco chiari. Con Boulez si sente letteralmente tutto. Poi c'è il discorso della fedeltà al testo. Boulez ha una precisione nell'esecuzione delle dinamiche, degli sforzando, dei pp subito, dei crescendo e decrescendo anche i più fulminei che si svolgono nell'arco di quattro note che è incredibile. Se si unisce a questo la sua maestri nel farti sentire la linea principale del canto che passa attraverso le varie sezioni orchestrali ne viene fuori che l’opera musicale viene assolutamente vivificata, ri-creata, diventa realmente un organismo vivente e non solo l’ennesima esecuzione mahleriana che oggi è in grado di fare anche il più scalzacane di direttore. Le esecuzioni di Mahler sono spesso piene di luoghi comuni che sono francamente diventati insopportabili e quindi Boulez, che non conosce luoghi comuni, fa l’impressione di acqua fresca di fonte. Mi ha fatto lo stesso effetto che mi fa Toscanini come esecutore di Beethoven. Cioè, innanzitutto si deve eseguire bene quello che l’autore ha scritto, e da questo, sostenuti dallo stesso materiale musicale, dalla sua forza intrinseca esce poi la passione, la gioia, il dolore e tutto quello che uno ci vuole vedere e ti fa ascoltare l'opera come se fosse la prima volta di un grande amore. Inoltre Boulez fraseggia e batte il tempo in modo impareggiabile. Ci sono dei passaggi nel convulso finale che con il tempo giusto e i piani sonori a posto, ovvero con una ottima concertazione, risultano illuminati da una chiarezza assoluta. Memorabile lo scherzo dove nel finale la frammentazione del materiale musicale viene realizzato senza alcun rallentando; la rarefazione stessa della musica dà l’impressione che il tempo venga ritenuto ma in realtà non è così. L’andante viene eseguito con una linea di canto impeccabile e caldissima e il primo movimento con grande veemenza, con uno sviluppo mai sentito così chiaro nell’intrico della polifonia e con una coda dove, a 3 prima di 45, c’è un ritenuto e un molto ritenuto dove il tema di Alma viene quasi urlato in uno spasimo che mi dato un brivido mai sentito in altre esecuzioni. L’occhio era un pochino umido ma era dovuto non a un generico sentimentalismo, che mi è sconosciuto, ma alla percezione più grande dell’arte e della passione.

Libri di scuola


Forte dell'esperienza di ieri, quando ero andato da Libraccio in piazza Fontana alle 9.30 (tanto non c'è nessuno, mio figlio) ed esserne uscito quasi due ore dopo per la fila che c'era, oggi alle 8.30 ero già lì. Tre persone davanti, apertura alle nove, un bel freschino, quattro chiacchiere con un paio di gentili ed abbronzatissime signore in fila. Alle 9.30 ero fuori, via Dogana, tram, a casa prima delle 10. L'unica cosa che mi spiace è che in questo modo mi sono risparmiato troppo poco della presenza della filippina energumeno che viene il mercoledì mattina (non quella dell'immagine a fianco, magari!). Casa ribaltata, mi sono rifugiato sul terrazzo a leggere sotto il sole con il bel sole che c'è ancora oggi. Ora è ancora qui ma ormai è da un'altra parte della casa, per cui sto tranquillo e anche la gatta è qui con me che mi fa la guardia.

PS.
Ad un tratto non funzionava più niente. Scoperta: aveva staccato il router! Scusa signò!

martedì 20 settembre 2011

Concerti all'Assunta in Vigentino


Quest'anno prometto che andrò più spesso a sentire i concerti da camera e consimili nella chiesa che è vicina a casa mia, Chiesa di Santa Maria Assunta in Vigentino, e chissà che non restaurino anche l'organo, dal momento che è iniziato un restauro in generale della chiesa che sarebbe bella ma che è stata troppo trascurata negli anni.
L'orchestra da camera si è formata nel 1995 con elementi dell'orchestra della RAI che era stata chiusa (a che serve un'orchestra?) e negli anni ha inserito anche elementi nuovi e giovani. I suoi concerti sono sempre seguiti con grande entusiasmo. E poi devo dare soddisfazione anche ad una signora che mi invita sempre e mi fa trovare il programma nella casella della posta.

domenica 18 settembre 2011

Milano Musica

Quest'anno la rassegna di musica contemporanea Milano Musica, arrivata al 20° anno, avrà come musicista di riferimento Helmut Lachenmann, musicista che definisce la propria musica "musica concreta strumentale".
Si inizia il 2 ottobre alla Scala con un concerto diretto da Roberto Abbado con musiche di Berio (Requies (1983-85) per orchestra da camera scritto in memoria di Cathy Berberian), Lachenmann (Schreiben (2002-04)) e la IV sinfonia di Schumann, per terminate il 7 novembre sempre alla Scala con musiche di Liszt, Donadoni e Chopin eseguite da Jeffrey Swann.
Dei vari concerti in programma mi interessano in modo particolare quello del giorno 8 ottobre al Teatro dal Verme con i Pomeriggi Musicali impegnati in musiche di Diogenes Rivas, Aldo Clementi, Matteo Franceschini, Lachenmann, Luca Francesconi, quello del 10 ottobre con l'ensemble unitedberlin in musiche di Valerio Sannicandro, Salvatore Sciarrino, Franco Donatoni, quello del 12 ottobre dove sarà trasmessa una registrazione televisiva di Satyricon di Bruno Maderna, quello del 16 ottobre in Auditorium con la Verdi Schoenberg, Maderna e Lachenmann, quello del 28 ottobre con il Quatuor Diotima in musiche di Lachenmann e Debussy.
Una bella rassegna per tenerci un po' svegli!

venerdì 16 settembre 2011

Il coraggio di Minzolini

Augusto Minzolini, che grande giornalista! E' il direttore del TG1, e ti credo, per un giornalista così è il minimo. Ecco un nuovo saggio della sua grandezza.



E pensare che tutto ciò che dice lo dice in totale libertà, senza alcun condizionamento, senza che alcuno gli dica ciò che deve dire! Nel video cita l'attuale presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ancora temporaneamente in carica e in piena salute anche se il servizio delle prefiche è già tutto organizzato per quel momento che ci auguriamo il più lontano nel tempo possibile; ma se il presidente del consiglio fosse stato Antonio di Pietro, Minzolini avrebbe detto Antonio di Pietro e se fosse stato Rosy Bindi avrebbe detto Rosy Bindi, e se fosse stato.... Che bello avere il coraggio delle proprie azioni, delle proprie parole e delle proprie idee! Che esempio per i giovani giornalisti: imparate! Bravo!

giovedì 15 settembre 2011

Trouble near Verona

Mia madre, al suo paese vicino a Verona, domani 16 settembre ha un problema di vitale importanza: la parrucchiera chiude a causa dell'arrivo di una veggente di Medjugorje, che farà una tappa della sua tournée europea. Tutti riuniti in chiesa per una possibile apparizione. Come minimo ci sarà un messaggio del tipo "Pregate, pentitevi e digiunate" rivelato in un momento di estasi. Che la Madonna appaia questo non lo può sapere nessuno, tanto la veggente può raccontare quello che vuole; probabilmente no perchè avere un altro santuario che ti può fare concorrenza ora che gli affari sono così ben avviati non è cosa buona. Preciso che mia madre, che veleggia verso gli 87 anni, profondamente credente, non ci andrà e questo fa parte della libertà di coscienza che ognuno ha diritto di avere.

lunedì 12 settembre 2011

War Requiem

Ieri sera, 11 settembre, si è tenuto il concerto inaugurale della stagione 2011/2012 dell'orchestra Verdi. Come d'abitudine il concerto si è svolto alla Scala ed era dedicato alle vittime dell'attentato alle Twin Towers.
Il primo brano in programma era lo Schicksalied di Brahms su testo di Holderlin. La poesia di Holderlin è divisa in due parti; nella prima gli dei beati, senza destino, vivono la loro esistenza senza tempo in un mondo di eterna tranquillità e chiarezza, nella seconda parte invece si descrive, per contrasto, lo stato degli uomini che non possono mai riposare in alcun luogo sottoposti ad un destino che li pone in perenne pericolo. Brahms descrive in modo mirabile questi due momenti così contrastanti ma chiude la composizione con il ritorno dell'inizio ed in maggiore; una chiusa ambigua che può essere intesa come un commento indifferente ai dolori umani o come una consolazione. Io propenderei per la prima ipotesi che è tanto più triste quanto senza reale possibilità di conforto.

Nella secondo parte c'era il pezzo forte della serata, ovvero il War Requiem di Benjamin Britten composto per la riconsacrazione della cattedrale di Coventry che era stata distrutta da un bombardamento nel 1940.
La particolarità di questo brano consiste nel fatto che Britten non si è limitato a mettere in musica il testo latino, come Mozart, Verdi, Berlioz, Stravinskij, ecc, ma ha aggiunto una scelta di poesie scritte dal poeta Wilfred Owen al tempo della prima guerra mondiale nel corso della quale sarebbe morto il 4 novembre 1918. Con questa scelta Britten crea delle relazioni tra il testo latino e le poesie, relazioni che in vari modi riportano un sentimento generale di compianto a quello particolare della realtà della guerra e della morte. Ad esempio le trombe del Dies Irae diventano, nella poesia, tristi trombe militari che si richiamano nell'aria della sera. Nell'Offertorium al canto latino si contrappone una poesia in cui si rievoca l'episodio di Abramo e del sacrificio di Isacco, ma mentre nella Bibbia il sacrificio non avviene perchè al suo posto viene ucciso un ariete, nel testo di Owen, il vecchio "slew his son, and half of the seed of Europe, one by one".
La composizione è particolarmente complessa e prevede oltre all'orchestra e al coro, un coro di bambini che deve cantare da una certa distanza, e sono stati messi nel palco reale, un soprano, un tenore, un baritono e un'orchestra da camera; quindi sono richiesti due direttori. Fra questi due complessi si creano relazioni molto sottili e complesse come ad esempio nel Lacrimosa, che segue la ripresa violenta del Dies Irae, all'interno del quale si inserisce il tenore che canta un testo in cui si prega di spostare al sole un morto nel tentativo di riportarlo in vita come il sole fa fiorire le sementi. Nel Sanctus invece, all'esplosione luminosa dell'Hosanna si contrappone il dubbio che veramente EGLI sia in grado di sconfiggere la morte. Molto bello tutto il Libera me finale dove due morti, che in vita erano stati nemici, ed uno ha ucciso l'altro, si ritrovano e si cantano da sè la loro ninna-nanna, Let us sleep now, mentre i cori cantano "In paradisum" concludendo la composizione in un clima di serenità e di lontananza.
Molto bravi i tre solisti, Chiara Angella, Barry Banks e Mark Stone, cori e orchestra che hanno bellamente superato questa prova molto difficile che personalmente temevo non poco.
Grandi applausi per tutti, il direttore del bravissimo coro dei bambini Teresa Tramontin, la direttrice del coro Erina Gamberini, il direttore dell'orchestra da camera Ruben Jais, che ha diretto veramente bene, e il direttore Zhang Xian, confermata fino al 2014/2015, che, credo, in musiche come questa trova il suo repertorio ideale.
Insomma un bel concerto per una musica certo non facile, di raro ascolto e che necessita certamente di alcuni ascolti per poterla apprezzare e capire più profondamente.

giovedì 18 agosto 2011

Gustav Leonhardt

Da domani sera, per tre sere consecutive, nell'ambito di Milano Artemusica, Gustav Leonhardt farà tre concerti clavicembalistici dedicati nell'ordine alla musica tedesca (Pachelbel, Bach, Boehm, Froberger) nella chiesa di San Sepolcro, dietro l'Ambrosiana, alla musica francese (Couperin, Rameau, Forqueray, d'Anglebert) nella chiesa di santa Maria alla fonte (Chiesa rossa) e alla musica italiana o di eredità italiana (Frescobaldi, Froberger, Michelangelo Rossi) nel coro di San Maurizio al Monastero Maggiore.
Per l'occasione Gustav Leonhardt suonerà su tre clavicembali diversi, copie di clavicembali dell'epoca e di provenienza tedesca, francese e italiana.
Sarà un'occasione imperdibile per chiunque ami il clavicembalo e non venga preso da una crisi di nervi al terzo brano per ascoltare dal vivo Gustav Leonhard, un autentico mito dell'esecuzione della musica barocca, uno di cui acquistavo i dischi con le cantate di Bach già nei primi anni '70.
Purtroppo potrò ascoltare solo il primo concerto.
Per chiunque desiderasse ascoltarlo temo comunque che i concerti siano tutti esauriti da giorni.

domenica 31 luglio 2011

Jazz

Da un po' di tempo a questa parte mi gira per casa gente nuova rispetto ad amici di vecchia data.
Ad esempio il signor Bach è da un bel pezzo che mi viene a trovare. Non è molto esigente, gli basta una birra e un po' di tabacco per la pipa, qualche volta un caffè. Il signor Beethoven invece è un po' più irrequieto; oltretutto non ci sente molto bene per cui parla con una voce sempre un po' troppo alta; beve anche parecchio, vino bianco fresco. A lui piacerebbe una bella bottiglia di vino del Reno ma io al massimo gli posso offrire un buon Gewurztraminer aromatico, un Custoza, un Soave o un ottimo Gavi. Comunque tutte brave persone, anche il Signor Debussy, molto distinto, o il signor Stravinsky che, come diceva Montale, è "un ometto curvo, malazzato e sorridente, che si inchina alla russa, a tuffo".
Questi nuovi visitatori sono più recenti, anagraficamente, alcuni sono ancora vivi e vegeti. Sono musicisti jazz, suonatori di pianoforte, tromba, sax, ecc. In genere sono anche dei gran improvvisatori, maestri della composizione istantanea, che è un genere per niente facile che richiede una grande concentrazione. Cosa pagheremmo per avere oggi la registrazione di un'improvvisazione di Beethoven, o la registrazione di una serata musicale di Schubert che con la sua bella voce di tenore ci presenta la sua ultima canzone o di una serata a villa Wahnfried con Liszt che suona e improvvisa davanti al genero Richard Wagner? Un sogno impossibile perchè allora non esistevano i registratori. Oggi invece ci sono e così da un po' di tempo ricevo la visita, ad esempio, del signor Jarrett con le registrazioni dei suoi concerti di Parigi del 17 ottobre 1988 o di Vienna del 13 luglio 1991 o di Brema del 12 luglio 1973 o di Losanna dello stesso anno. Quando ho ascoltato il concerto di Parigi quasi subito è arrivato anche il signor Bach, con il suo boccale di birra e si è messo ad ascoltare quell'inizio che avrebbe potuto scrivere anche lui ed è rimasto lì fino alla fine anche se la musica cambiava e prendeva una direzione del tutto diversa. Alla fine si è anche congratulato con il signor Jarrett e gli ha dato qualche consiglio per l'esecuzione di sue musiche che il signor Jarrett talvolta suona.
Certo, non è che una fa entrare a casa propria degli sconosciuti, molte di queste persone le conoscevo già, magari di vista, ma la decisione di prendermeli in casa è stata determinata dall'influenza di due persone.
La prima di queste persone è Carlo Boccadoro che ha scritto un libro sul jazz dove ad ogni protagonista dedica una o più pagine, dei biglietti da visita con dei consigli per l'acquisto. Naturalmente questi consigli sono personali ed è lasciata al lettore interessato la possibiità di ampliare il repertorio. Certo un biglietto da visita è un po' impersonale, freddo, da solo non basta a riscaldarti il cuore. E qui entra in azione l'altra persona. Questa persona mi ha presentato alcuni di questi protagonisti, diciamo che me li ha raccomandati con passione e di fronte alla passione cosa potevo fare, ho cominciato a frequentarli anch'io fidandomi di quanto mi veniva detto.
Ecco quindi che ora mi viene a trovare il signor John Coltrane, Duke Ellington, Julian Cannonball Adderley, Gary Peacock, Geri Allen, Charlie Haden, ecc. ed altri che magari frequentavano già casa mia ma molto saltuariamente, come Jan Garbarek, John Abercrombie, Ralph Towner o Abdullah Ibrahim.
Tutta brava gente e gran musicisti. C'è da dire che alcuni sono dei pezzi d'uomini non indifferenti e quando si siedono sul divano me lo occupano quasi tutto e poi alcuni bevono parecchio, forse un po' troppo, ma basta tenere d'occhio il reparto superalcolici ed è tutto OK!

mercoledì 27 luglio 2011

Splendori della Serenissima

Ieri sera, in San Simpliciano, c'è stato il secondo concerto della serie Milano Artemusica, dedicata alla musica dall'antico al barocco.
Come dice il titolo in questo concerto si sono potute ascoltare musiche di autori che a vario titolo hanno lavorato a Venezia.
In particolare Dario Castello di cui è stata eseguita la Sonata decimaquinta a quattro dal Libro secondo delle Sonate concertate pubblicate nel 1629 a Venezia e dove viene presentato come "Musico Della Serenissima Signoria di Venetia in S.Marco, & Capo di Compagnia de Instrumenti" dove si vede come la forma della canzona tende ad articolarsi in una serie di episodi contrastanti a formare una sonata.
Poi Tarquinio Merula, bussetano attivo a Cremona dove morì ma appartenente alla scuola veneziana, di cui è stata eseguita una canzone a quattro "La lusignola" molto stravagante e piena di fantasia e la Ciaccona per due violini, genere questo della ciaccona piuttosto frequentato dai musicisti anche in campo vocale come nel madrigale Zefiro torna di Monteverdi, dove si vede come i vocalizzi dei cantanti e le volate dei violini avessero un'origine comune.
Passati attraverso altre musiche di Buonamente, Legrenzi e Galuppi il piatto forte e più atteso era naturalmente quello proposto da Antonio Vivaldi di cui sono stati eseguiti tre concerti con flauto.

Vivaldi morì a Vienna nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1741, quindi proprio oggi si può ricordare il 270° anniversario della sua morte (per una strana coincidenza domani sarà il 261° anniversario della morte di Bach); era poverissimo e fu sepolto in una fossa comune; il cimitero fu poi distrutto e vi fu edificato sopra un istituto tecnico; una lapide posta sul fianco dell'istituto lo ricorda.
Dopo morto fu completamente dimenticato e si ricominciò ad accorgersi che esisteva con la riscoperta della musica di Bach che aveva trascritto alcuni suoi concerti, ma la vera rinascita di interesse per Vivaldi è arrivata nel secondo dopoguerra con l'apertura di archivi e la nascita di complessi come I Musici o I solisti Veneti che ne hanno diffuso l'opera. Oggi quindi siamo in piena rinascita di interesse per questo autore favorita anche dalla pubblicazione di belle incisioni discografiche di concerti, opere sacre e per il teatro e musica da camera che sono conservati presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, in particolare le raccolte Mauro Foà e Renzo Giordano contenenti oltre 450 composizioni manoscritte in gran parte autografe e questo progetto discografico intende inciderle tutte.
Con Vivaldi si è avvertito subito un passo diverso pieno di invenzione e di passione. E' quasi incredibile pensare che Vivaldi abbia potuto scrivere così tanta musica strumentale e vocale mantenendo quasi sempre un livello così elevato.
Dei tre concerti presentati è risultato molto interessante il terzo, per flautino, RV 443, che contiene un secondo movimento piuttosto esteso e dal carattere sognante e poetico.
Chiesa piena, e grande successo per il complesso che suonava, Il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini che si è prodotto anche da solista nei tre concerti vivaldiani, dimostrando un virtuosismo di altissima qualità, per quanto posso giudicare io che non sono certo un virtuoso di quello strumento.

PS
Mi ha fatto molto piacere rivedere per la terza volta in pochi mesi un vecchissimo amico e compagno di scuola, Livio, con il quale ho frequentato quasi giornalmente la Scala in tutta l'era di Claudio Abbado. Assieme cantavamo interi duetti dal Don Carlo, Macbeth, ecc. Chiaramente non ci siamo mai dati appuntamento, nonostante ciò ci siamo incontrati, praticamente casualmente. Evidentemente chi in fondo si cerca, anche solo inconsciamente, si trova.