domenica 31 gennaio 2010

Tanti auguri, Franz!


Oggi, 31 gennaio, sarebbe stato il compleanno di Franz Schubert, nato a Vienna nel 1797.
Non è possibile parlare brevemente della musica di Schubert mentre è molto meglio conoscerlo ascoltandolo. Schubert in musica è stato un poeta non solo perchè il genere nel quale si è maggiormente espresso è stato quello del lied, ovvero della canzone su testo poetico (ne ha scritti circa 700, considerando anche le doppie e triple versioni dello stesso lied con anni di incredibile produzione come il 1815 e 1816 nei quali ne scrisse rispettivamente 142 e 112, fonte John Reed, The Schubert song companion). La musica di Schubert, in tutti i generi, la sinfonia, la musica per pianoforte, la musica da camera ed anche la musica sacra, ha sempre un particolare timbro, una fragranza, un aroma, un particolare andamento che la rende immediatamente riconoscibile come schubertiana.
Dal catalogo immenso di Schubert che conta circa 1000 composizioni scritte i 16 anni, Schubert infatti muore a vienna nel novembre 1828, propongo i primi brani che mi vengono in mente.
Il primo è il secondo movimento, Andantino, dalla penultima sonata per pianoforte D 959, scritta due mesi prima della morte. Un movimento tripartito che inizia con una melodia tanto semplice e spoglia quando bella in modo sconvolgente a cui segue la seconda parte nella quale esplodono tensioni incredibili a cui segue la ripresa della prima parte leggermente variata dove il sentimento della prima parte si fa ancora più profondo.
Ecco poi l'inizio della fantasia D 940 per pianoforte a quattro mani; non aggiungo commenti.
Schubert però non era sempre triste o malinconico ma diventava salottiero e schiettamente popolare come in questa marcia militare o nella trascrizione di una sua famosa canzone "Die Forelle" (La trota) per quintetto con contrabbasso.
Anche in un altro caso Schubert utilizzò la medesima musica più volte. E' il caso di un Entr'acte da Rosamunda, una delle tante opere che scrisse senza alcun successo, che fu riutilizzato in un quartetto, quartetto che nel suo complesso è una delle sue opere più belle, e in un improvviso per pianoforte dove le prime note del tema diventano lo spunto per una serie di variazioni.
Per finire un lied da Rosamunda, Der Vollmond strahlt, che è l'unico lied di Schubert con accompagnamento orchestrale, e un altro famosissimo, Standchen, che è una serenata dove il pianoforte fa la parte di una chitarra cantato da Dietrich Fischer-Dieskau, probabilmente il più grande interprete di Schubert del '900.

Stagione 2009/10 - Ciclo Haydn - Concerto 4


In questo concerto, incentrato sul tema della natura, sono state eseguite le due sinfonie parigine N. 82 e 83 dette rispettivamente "L'orso" e "La gallina" appartenenti a un insieme di sei sinfonie scritte fra il 1784 e il 1785 per il Concert de la Loge olimpique di Parigi.
Il nome della prima deriva dal finale dove si imita il suono di una cornamusa al cui suono si faceva danzare un orso ammaestrato. Soprattutto è una sinfonia molto bella, con timpani e trombe, che segna l'ingresso vero di Haydn in un ambito più internazionale rispetto a quello di corte in cui aveva operato fino a quel momento.
L'altra sinfonia, "La gallina" deve il nome, non di Haydn, al primo movimento che inizia in sol minore in modo estremamente drammatico, quasi melodrammatico, a cui segue il secondo tema in relativo maggiore con un motivo assolutamente contrastante con il carattere drammatico del primo su cui si erge un oboe che ribatte una sola nota. E' una gallina questa? Non è molto importante mentre è importante vedere in quale modo Haydn sviluppa due temi così contrastanti.
Quale terzo brano del concerto è stata eseguito un concerto per due clarinetti trascritto da un concerto per due lire organizzate e orchestra trovato al conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli e attribuito quasi certamente ad Haydn che aveva ricevuto da re Ferdinando IV, che suonava quello strano strumento, un misto fra una ghironda e un organo portativo, una commissione per sei concerti. Cinque sono conosciuti, forse questo è il sesto perduto. La trascrizione è stata fatta dalla nostra ottima primo clarinetto Raffaella Ciapponi che ha suonato con l'altro primo clarinetto dell'orchestra, l'altrettanto ottimo Fausto Ghiazza.
Grande successo e pubblico folto nonostante il blocco del traffico.
Ora che è andata via uno dei nostri due violini di spalla, Eriko Tsuchihashi, per andare alla Scala, al primo violino, per la seconda volta c'era Gianfranco Ricci, primo violino anche della Verdi barocca. Ottima scelta perchè questo tipo di musica gli è del tutto congeniale.

venerdì 29 gennaio 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 16


Reinhold Moritzevich Glière (1875-1956), compositore sovietico e didatta, ebbe tra i suoi allievi Prokofiev e Miaskovsky, a differenza di altri compositori che operarono nel suo stesso periodo, ad esempio Shostakovich o Prokofiev, non ebbe mai problemi con il regime ed anzi fu insignito di vari premi e medaglie e vinse anche per tre volte il premio Stalin. Evidentemente a Stalin piaceva per le stesse ragioni per cui Shostakovich rischiava di essere spedito in Siberia e ascoltando la sua musica si capisce il perché. Qui non c'è nulla di modernista; per Glière Stravinskij, Shostakovich, Prokofiev, Scrjabin e perfino Rachmaninov praticamente è come se non fossero esistiti. La sua è una musica che da un lato affonda le sue radici nelle tradizioni popolari russe, e dall’altro riconosce come maestri Borodin e Ciaikovskij. Uno dei suoi brani più famosi è il balletto "Il papavero rosso", balletto sovietico rivoluzionario, di cui è famosa la danza di marinai, brano tutto sommato molto banale. Ieri sera è stato eseguito il concerto per corno del 1951. Mia moglie, vista la data, era preoccupata. L'ho rassicurata e infatti la musica è scorsa via senza problemi. Bello il secondo movimento abbastanza poetico con il corno che alla fine produce un suono simile ad armonici dei violini. Finale chiassoso. Il concerto ha dato modo al cornista Radovan Vlatkovich, artista residente, di mettere in mostra tutta la sua bravura mostruosa.

Questo brano era incorniciato da due pezzi di Jean Sibelius, il Valzer triste e la seconda sinfonia.
Il Valzer triste, del 1903, probabilmente è la musica più famosa di Sibelius. Lui stesso si stupì del successo e si rammaricò del fatto che altra musica, ad esempio le sue sinfonie, fossero meno conosciute di quel branetto di 5 minuti appartenente alle musiche di scena Kuolema, ovvero Morte. Del resto ogni compositore ha un brano che diventa famoso a scapito di altri; Beethoven ad esempio non voleva sentir parlare della sonata al “Chiaro di luna” e dichiarava che la sonata Op. 79 era molto migliore di quell’altra; chi conosce la sonata Op. 79 può apprezzare questa affermazione. Il Valzer triste non è un valzer ironico o dissacrante alla Stravinskij e non è neanche un Danse macabre alla Saint-Saens. È un valzer del tutto normale che ha una certa piacevolezza, un bozzetto, una scena di genere. Altri brani di Kuolema sono più interessanti, ad esempio la Canzonetta ammirata anche da Stravinskij per un certo modo di condurre la melodia in uno stile alla San Pietroburgo.
La seconda sinfonia fu scritta tra il 1900 e il 1902. Iniziata a Rapallo fu terminata in Finlandia dopo un travaglio considerevole. Fu da subito un grandissimo successo ed assurse a ruolo di musica patriottica, per via del finale che è un grande corale. In realtà pare che Sibelius non avesse intenti patriottici e il suo travaglio era tutto interiore, ma si sa che la musica spesso viene interpretata nei modi più bizzarri e ognuno ci vede un po’ quello che vuole.
Cuore della sinfonia è il secondo movimento dove si delinea un paesaggio desolato e di morte. Il finale trova una risoluzione positiva con un inno finale imponente e di grande impatto, una musica che risolve positivamente e in modo molto forte una evidente crisi interiore.
Il concerto è stato diretto da Wayne Marshall che ha eseguito delicatamente il valzer, anche se, secondo me, ha staccato un tempo troppo rapido nel momento in cui il valzer verso la fine diventa più vorticoso. La sinfonia è stata risolta in termini molto muscolari. Però, secondo me, se si vuole che il corale finale abbia alla fine tutta la forza che deve avere ci deve essere la premessa a tutto ciò, altrimenti il corale diventa un effetto non preparato. Sempre secondo me, ad esempio, nel secondo movimento mancava una certa tetraggine, pensosità e gravità che gli sono necessari altrimenti il dramma non si dispiega e la successiva risoluzione positiva non ha motivazione. Io capisco che Marshall, grande esecutore di Gershwin e Bernstein, e che potrebbe fare molto bene anche altri autori americani quali Aaron Copland, Roy Harris, Samuel Barber, ecc. si ecciti non appena la musica si agita ritmicamente, ma credo sia un po’ riduttivo risolvere la musica solo in termini di ritmo/distensione, piano/forte. Un autore come Sibelius ha infinite sfumature che vanno assecondate come si può rilevare ascoltando grandi esecutori di Sibelius quali Karajan, Bernstein, Davis, Barbirolli, Ehrling, Salonen.

giovedì 28 gennaio 2010

Chiusura del traffico a Milano


Domenica a Milano dalle 10 alle 18 non ci circola in auto. Si poteva fare anche dalle 8 alle 20, come si faceva una volta, mi pare. Poi si vedrà e se il PM10 non cala si vieterà l'accesso alla zona ecopass anche agli euro 4 senza FAP.
Non so quali provvedimenti si prenderanno in altre città lombarde.
Mi immagino già le file in uscita prima delle 10 e quelle al rientro dopo le 18, quindi, secondo la mia opinione, risultato quasi zero.
In effetti è strano che si sia preso questo provvedimento già giudicato inutile, come anche le targhe alterne. Evidentemente siamo proprio alla canna del gas e si è forse dimostrato una volta per tutte che nella sostanza l'intervento strutturale dell'ecopass in realtà non serve a nulla sul fronte dell'inquinamento.
Formigoni ci dice che non siamo il posto più inquinato d'Europa o d'Italia e rivendica gli interventi strutturali fatti per il ricambio del parco macchine e il rinnovo delle caldaie. Inoltre ci garantiscono che l'aria che respiriamo oggi è migliore di quella di 5 o 10 anni fa. Devo essere felice per essere sopravvissuto?
Comunque, è vero che sono stai fatti degli interventi, ma alla fin fine il risultato è sempre lo stesso, ovvero che i risultati non si vedono e i risultati sono, credo, l'unica cosa importante da ricordare anche quando si andrà a votare.

Ferdinand Hérold


Oggi è l'anniversario della nascita di Ferdinand Hérold, nato il 28 gennaio 1791 a Parigi.
Compositore di opere di qualche successo in vita e di molti insuccessi è ancora oggi conosciuto praticamente per una sola opera, Zampa, che talvolta viene ancora eseguita.
Dell'opera è famosa soprattutto l'ouverture che piaceva molto anche a Toscanini, di cui esiste anche la registrazione. Musica frizzante. In questa esecuzione dirige il grande Wolfgang Sawallisch che da qualche anno si è ritirato per problemi di salute. Grande direttore e pianista accompagnatore di lieder. Di lui ricordo in particolare un grande Parsifal scaligero, il suo Schubert e il suo Schumann oltre a vari concerti liederistici, sempre alla Scala anni '70 e '80.

Patente di guida

Qualche giorno fa ho passato la visita per il rinnovo della patente. Si tratta di una visita molto semplice. Il medico ti chiama, tu avanzi, quindi ci senti. Poi ti misura la vista, fino a 7 decimi, credo. Tutto il resto è lasciato ad una autocertificazione. Il tutto dura 1 minuto. Oggi ho sentito la notizia di un signore che prende la pensione di invalidità per cecità e si scoperto che guida l'automobile e va pure in bicicletta. Pare che non ci sia nulla di strano perchè la commissione giudicante sull'invalidità l'ha giudicato invalido sulla base di certi parametri che non sono quelli usati per l'esame di scuola guida, per cui questa persona giudicata invalida ed impossibilitata, evidentemente, a fare tutta una serie di lavori, può contemporaneamente guidare l'automobile. Tutto bene, quindi. Però non sarebbe il caso che ci fossero degli automatismi nelle comunicazioni tra enti diversi in modo che una decisione presa in una sede abbia immediati ed automatici riscontri in altre sedi? Siamo così indietro nei processi di automazione delle pubbliche amministrazioni? E non sarebbe anche il caso di semplificare le procedure e ridurre le commissioni e gli enti in modo da evitare inutili e farraginosi giri di carte fisiche o virtuali che siano?

mercoledì 27 gennaio 2010

Giorno della memoria


Oggi è il giorno della memoria. Per noi, non per quelli ancora vivi e che sono stati nei campi di concentramento o hanno sofferto grandi pene ai tempi del nazismo e del fascismo, perchè loro la memoria non l'hanno mai persa.
Io non ho vissuto quella realtà, sono nato dopo e ne ho sentito parlare, ho letto libri, ho visto filmati.
E' importante che ci sia questo giorno perchè molti la memoria la perdono o fanno finta, per interesse politico, di non averla tentando di riscrivere una storia che non si può riscrivere.
Per esperienza diretta la visita ad un campo di concentramento è un'esperienza sconvolgente e quei luoghi hanno il potere di toccare profondamente anche giovani che, nonostante l'allegria e la baldanza dei loro pochi anni, ammutoliscono in quei luoghi.
Bisogna fare in modo che cresca una generazione che ricordi, anche se la smemoratezza piace troppo a tanti politici.

Mozart


Oggi, 27 gennaio, è il compleanno di Mozart, un giovane nato nel 1756. Sarebbe anche l'anniversario della morte di Verdi, ma è meglio ricordare le nascite. Fra le tantissime cose che scrisse mi piace ricordarlo oggi con questo brano, il terzo movimento della serenata KV 361 per strumenti a fiato, detta "Gran partita".
Questo è uno di quei brani che l'altro grande contemporaneo di Mozart, ovvero Haydn, non avrebbe mai potuto scrivere.
L'esecuzione è di Wilhelm Furtwängler a capo dei fiati dei filarmonici di Vienna in una registrazione del 1948, una delle primissime registrazioni fatte dopo la guerra quando riprese a dirigere tra tante difficoltà dovute alle accuse di nazismo che gli venivano rivolte per essere rimasto in Germania. E' un'esecuzione di una intensità e musicalità straordinaria. Mi sembra quasi di vederlo mentre asseconda la musica per fare in modo che suoni al meglio. Da ascoltare!

martedì 26 gennaio 2010

Inquinamento a Milano?


Milano è inquinata? Da molti giorni i valori dell'inquinamento non scendono sotto i limiti? Si, è vero, ma non fa male. Si muore di più a Sondrio per tumore ai polmoni che a Milano, a Brescia e Bergamo stanno peggio di noi e così anche a Lecco senza parlare poi di città amministrate dai "rossi", tipo Bologna o Venezia, ma la situazione non è migliore in posti tipo Piadena, Castiglione delle Stiviere o Aicurzio. Probabilmente l'inquinamento di Milano può avere anche delle qualità terapeutiche e rende immuni da un sacco di brutte malattie. C'è stato qualche allarmismo dei giornali su un aumento dei casi di leucemia nei bambini in alcune zone di Milano, ma curandoli tramite le eccellenze del sistema sanitario lombardo guariranno tutti e poi è tutto da vedere quali possono essere le cause. E poi c'è l'ecopass che è un provvedimento di portata epocale per il miglioramento della qualità dell'aria milanese e lombarda che se ci si pensa bene è un miracolo, perchè l'inquinamento diminuisce pur rimanendo praticamente costante il numero delle auto in circolazione. Poi si costruiscono le nuove linee della metropolitana che verranno pronte minimo tra 5 anni ma che già ora producono un contenimento dell'inquinamento. Quindi? Tutta la colpa è dei giornalisti. L'inquinamento che c'è non nasce da fatti nuovi. Se ne parla solo perchè ne scrivono i giornali. Del resto non si può affossare l'economia, in un periodo già così grave, limitando l'uso delle automobili. Si può diminuire il riscaldamento perchè basta mettersi un maglione in più e si campa lo stesso.

venerdì 22 gennaio 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 15


Igor Stravinskij morì nel 1971. Un paio di anni dopo Luciano Berio in RAI fece la trasmissione "C'è musica e musica" ed in una puntata parlò anche di Stravinskij. Non ricordo cosa disse ma ricordo che fece vedere alcune immagini del funerale di Stravinskij a Venezia e ringraziando il grande Igor per tutto quello che aveva fatto, come sottofondo musicale mise l'assolo di tromba della danza della ballerina dalla terza parte di Petruchka, come a dire che tutto o gran parte del senso di libertà, di fantasia e di colore della musica del '900 doveva riconoscersi proprio in quella tromba.
Ho incontrato la musica di Stravinskij per mezzo di fascicoli settimanali con disco allegato che uscivano verso la fine degli anni '60; la collana si chiamava semplicemente "La musica moderna" e iniziò con Debussy e Stravinskij, che è uno dei modi per approcciare il '900 in musica. Da subito, istintivamente, mi sono sentito attirato da Stravinskij e Petrushka, più ancora della Sagra della primavera, è una dei brani di musica che più amo, non solo di Stravinskij, ma in assoluto. In Petrushka Stravinskij bandì ogni esotismo alla Rimsky-Korsakov, e trovò una essenzialità di tratteggio della linea musicale assolutamente nuova e lo fece per rappresentare la festa della settimana grassa con tutte le sue luci e colori, i valzerini viennesi e le canzonette francesi e russe e per raccontare la storia di un burattino, una storia assurda di un burattino che viene ucciso da un altro burattino con grande turbamento ed orrore del pubblico che viene però rassicurato dal burattinaio: in fondo si tratta solo di un burattino. Ma lo spirito del burattino Petruchka si è liberato con la morte e ritorna sul tetto del teatro con un gesto terrificante.
Lo spunto iniziale fu un brano per pianoforte e orchestra che Stravinskij aveva iniziato a comporre dove il pianoforte e l'orchestra si producevano in un dialogo sempre più serrato ed aggressivo. Ad un certo punto nella sua mente gli si rappresentò l'immagine di un burattino e quella musica che stava scrivendo divenne quella della seconda parte del balletto che rappresenta Petruchka nella sua stanza. Il progetto venne quindi sviluppato in un balletto completo che andò in scena a Parigi il 13 giugno 1913, il giorno in cui mia nonna materna compiva 12 anni.
Quando viene eseguito in concerto, di solito, si taglia il finale, dopo la sequenza vorticosa delle danze, per giungere rapidamente ad una conclusione con un crescendo. Questo finale è stato autorizzato da Stravinskij ma personalmente lo detesto. Per me Petrushka deve terminare con le due trombe dissonanti dello spettro di Petrushka e i pizzicati in pianissimo che concludono il brano. Quello è il momento più alto e poetico di tutto Petrushka e, se fossi direttore, non mi importerebbe di finire il concerto con un pizzicato in pianissimo piuttosto che con un fortissimo che, in teoria, dovrebbe strappare qualche applauso in più. Purtroppo lo fanno in molti e lo ha fatto anche il direttore del concerto di ieri sera, Gavriel Heine, un americano dal taglio di capelli abbadiano anni '70, capelli che si sollevano e ricadono a piombo, che opera a San Pietroburgo e che ha studiato anche con Gergiev, che peraltro ha diretto anche piuttosto bene il brano. Però quel finale non mi piace.
Nella prima parte è stato eseguito il terzo concerto per pianoforte di Prokofiev, del 1921. Questo concerto, che, assieme a quelli di Bela Bartok, è uno dei più bei concerti del '900, è sempre stato un cavallo di battaglia della Argerich, che ho sentito un paio d'anni fa proprio in questo concerto (consiglio a chiunque la sua incisione del concerto e di quello di Ravel con Abbado). Questa volta suonava Daniil Trifonov, classe 1991, un ragazzo dalle mani d'acciaio che ha cominciato a suonare a 5 anni. Ha ben suonato dimostrando anche una certa sensibilità nelle parti più meditative ed intime del II e III movimento instaurando un bel dialogo con l'orchestra.
Il concerto è un gran brano di musica con momenti che vanno dall'incantato/meditativo al frenetico/motoristico che ricordano musiche dello stesso periodo, dal balletto "Il buffone" all'Amore delle tre melarance. Il finale è in forma tripartita con una parte centrale meditativa. Quando ritorna la musica dell'inizio, Prokofiev punta decisamente verso la conclusione. Per due volta sembra che il brano sia finito. In realtà la musica accumula sempre più energia che infine si scarica completamente negli ultimi secondi con gli assalti finali del pianoforte e i quattro accordi che mettono fine alla musica. Ripropongo la Argerich in un'altra esecuzione solo dell'ultima parte perchè è assolutamente fenomenale. Tra l'altro, a vederla dal vivo, sembra che entri nel pianoforte.

martedì 19 gennaio 2010

Federico Fellini


Nella totale assenza di ricorrenze di nascite o morti degne di nota in questi giorni spicca l'anniversario della nascita, domani 20 gennaio, di uno tra i più grandi artisti del '900 italiano, un vero genio del cinema, una persona che, come si dice, ha dato lustro all'Italia ovunque nel mondo, un maestro: Federico Fellini.
Domani avrebbe compiuto 90 anni.
Per questioni anagrafiche ho cominciato a vederlo al cinema a partire da Satiricon e poi Roma, Amarcord, Casanova, ecc. Poi, in cineteca, ho scoperto il Fellini anni '50 e '60, La strada, Lo sceicco bianco, 8 1/2, ecc. e alla fin fine ho capito che quello era il mio cinema, assieme a pochi altri autori, cioè quello che non mi stanco di vedere e quello per il quale posso decidere di passare due ore in poltrona quando normalmente la stragrande della cinematografia contemporanea mi fa alzare dopo 5 minuti ragion per cui non vado quasi mai al cinema.
Quando vidi Roma al cinema ricordo che avevo davanti a me un signore abbastanza anziano che quando si è arrivati alla scena del bordello con le "signorine" che passavano in sfilata davanti ai potenziali clienti, ha cominciato a dire tra sè: "Era proprio così, era proprio così!" e rideva come un matto. Cioè la fantasia surreale di Fellini aveva, tramite l'occhio della macchina da presa, costruito una realtà poetica che era assolutamente vera ed autentica, anzi la sua fantasia era l'unico modo per rappresentare la realtà anche attraverso la finzione più evidente e visibile e questo a me sembra fenomenale.

domenica 17 gennaio 2010

Stagione 2009/10 - Ciclo Haydn - Concerto 3


Sono contento che si faccia questo ciclo di 10 concerti dedicati ad Haydn perchè Haydn è un grandissimo musicista che meriterebbe di essere conosciuto di più, qui da noi. Già molti anni fa ricordo che quando sentivo parlare di Mozart se ne parlava sempre con grande venerazione, come si deve a un grandissimo artista. Quando si parlava di Haydn se ne parlava come si parla di un cameriere o di un maggiordomo o di un sevitore di un principe per cui Haydn sfornava sinfonie, quartetti, sonate a getto continuo, tutte opere più o meno simili e di cui si ricordavano solo alcune sinfonie o quartetti perchè avevano un titolo curioso, l'orso, la gallina, la pendola, la sorpresa, l'allodola, ecc. Io, a dire il vero, non capivo molto queste affermazioni e non le condividevo perchè, avendo comperato i dischi (tanti) delle sinfonie dirette da Dorati e avendole ascoltate più volte e studiate un po' trovavo in ogni sinfonia qualcosa di originale, di diverso, di bizzarro o semplicemente di bello e di grande stile per cui ogni sinfonia aveva elementi di interesse. Sono quindi contento che si faccia questa rassegna che mi conferma nella mia antica convinzione che si è poi consolidata con la conoscenza delle sonate, dei quartetti, dei trii e delle opere vocali, messe e grandi oratori.
Sono contento anche che l'orchestra suoni Haydn perchè credo che suonare questa musica faccia bene ai meccanismi orchestrali. Oltretutto è una musica che permette anche ai solisti di fare bella figura come è successo stamattina con le sinfonia 6 e 7 dette rispettivamente "Le Matin" e "Le Midi" del 1761 dove hanno potuto emergere il flauto, l'oboe, il violone (Contrabbasso), i principali dei primi e secondi violini e il primo violoncello, un giovane, mi pare nuovo, di grande bravura.
Il direttore Giuseppe Grazioli è stato per me una sorpresa. Infatti avevo sempre ascoltato questo direttore in reportori diversi, l'Orfeo all'inferno di Offenbach, Richard Strauss, Bernstein, Rimsky-Korsakov, ecc. per cui ritrovarlo a dirige un campione dei classici in musica mi ha fatto molto piacere anche perchè si vede bene che questa musica gli piace proprio tanto.
Infine sono contento che ci sia anche molta gente che viene a questi concerti dedicati ad un solo autore che normalmente non è molto presente nei cartelloni delle stagioni sinfoniche.
La terza sinfonia eseguita stamattina era la famosa sinfonia 101, detta "L'orologio" per via del secondo movimento che in realtà sarebbe un capolavoro anche senza invocare l'immagine di una pendola. Haydn era uno uomo pieno di spirito che faceva falsi inizi o false conclusioni, che metteva sorprese. In questa sinfonia nel trio del minuetto entra un flauto su un accompagnamento degli archi che dovrebbero cambiare armonia ma non lo fanno, la prima volta ma la seconda volta tutto va a posto e l'armonia cambia come deve ed è come se Haydn prima avesse fatto uno scherzo all'ascoltatore e poi lo rassicurasse con un sorrisino. Questo fu addirittura creduto un errore e venne corretto da alcuni non capendo invece il sottile humor di Hadyn. Lo si può ascoltare bene a 3.38.

venerdì 15 gennaio 2010

Shostakovich - Sinfonia N. 8


A proposito di ottave sinfonie, una delle più terribili ottave della storia della musica è quella di Shostakovich. Fu scritta al tempo della II guerra mondiale. Se qualche burocrate sovietico avesse cercato in essa la fiducia nella prossima vittoria avrebbe cercato invano. Qui non c'è nessuna fiducia e la sinfonia si svolge come una disperata rappresentazione del dolore. Naturalmente siccome la musica non ha un significato in sè se non quello della musica ognuno ci può vedere qualsiasi cosa, anche la vittoria.
Fu eseguita per la prima volta il 14 novembre 1943 a Mosca ed è dedicata a Yevgeni Alexandrovich Mravinsky, direttore per cinquant'anni, dal 1938 alla morte, della Filarmonica di Leningrado, oggi San Pietroburgo.
In questo video lo stesso Mravinsky dirige la sua orchestra nel III movimento e nell'attacco del IV della sinfonia. Ho avuto la fortuna di ascoltarli dal vivo in un concerto scaligero, credo nel 1974, quando eseguirono la IV di Brahms. Assolutamente incredibili con Mravinsky che dirigendoli quasi non si muoveva e faceva solo piccoli gesti.

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 14

Beethoven scrisse la sua ottava sinfonia nell’estate del 1812. Questa sinfonia da sempre viene considerata una “piccola sinfonia” e conosco alcune persone che pur amando Beethoven la considerano poco più che insignificante. Indubbiamente questa sinfonia ha avuto il destino di trovarsi immediatamente prima della IX che però è di 12 anni posteriore. Non è però una sinfonia piccola, infatti ha lo stesso organico orchestrale della VII. Però è diversa da tutte le altre sinfonie. Innanzitutto in questa sinfonia manca il movimento lento. Al suo posto c’è un “Allegretto scherzando” che si dice sia stato ispirato dal movimento del metronomo, che era stato inventato proprio in quegli anni. Il primo movimento non ha alcuna introduzione, nemmeno sinteticissima come la III ed entra immediatamente in argomento senza alcun preavviso con un’idea musicale che ritornerà nel meraviglioso sviluppo su un ostinato clamoroso che porta la musica verso un certo senso di drammaticità che però si dissolve rapidamente per lasciare spazio al ritorno del secondo tema rilassato, pacioso e civettuolo; il tempo si conclude con una fantastica coda che ripropone, alla fine, il tema iniziale in pianissimo. Il terzo tempo è un “Tempo di Minuetto” con un meraviglioso trio che richiama, nel dialogo tra corno e clarinetto, una certa bonomia tutta viennese tanto da assomigliare a certa musica di Schubert. Il finale è tutto pervaso da un ritmo scattante e pieno di dinamismo; un brano pieno di buonumore con cambi di rotta improvvisi e passaggi senza preavviso da momenti di distensione a momenti di grande agitazione e che si conclude con una clamorosa coda. Insomma, una sinfonia magnifica dove una volta tanto non ci sono destini che bussano alla porta o eroi da ricordare o uccellini che cantano e ruscelli che scorrono. Una sinfonia fatta di sola musica, dove il ritmo la fa da padrone dall’inizio alla fine. Una sinfonia dove si dimostra completamente il magistero supremo di Beethoven. Una sinfonia che esulta alla fine come solo Beethoven sapeva fare. Amo profondamente questa sinfonia che personalmente considero la migliore e la più fresca delle 9.


Il resto del concerto ha riguardato la musica di Liszt di cui sono stati eseguiti due poemi sinfonici, Tasso, Lamento e Trionfo e Les Préludes, e una trascrizione di tre danze tedesche di Schubert.
Il catalogo di Liszt trascrittore è imponente quanto quello di Liszt compositore. Trascrisse di tutto, dalle sinfonie di Beethoven, in modo letterale, alla Fantastica e Aroldo di Berlioz, fece parafrasi da opere di ogni autore contemporaneo da Verdi a Donizetti, da Meyerbeer a Rossini, da Bellini a Glinka, da Gounod a Wagner, ecc. Lo faceva in funzione delle sue esibizioni pianistiche e anche per diffondere la musica di quegli autori. Egli amava Schubert e ne trascrisse più volte alcune opere. Questa trascrizione per orchestra di marce schubertiane per pianoforte a quattro mani hanno un suono più alla Liszt che alla Schubert; ascoltandole mi si sovrapponevano delle sonorità pensando a come le avrebbe orchestrate Schubert medesimo, se l’avesse fatto. Alla fin fine ho concluso che era sempre meglio l’originale di Schubert per pianoforte.
Fra le tante cose che Liszt fece ci fu l’invenzione del genere poema sinfonico. Il più famoso è il terzo poema sinfonico, ovvero Les Préludes, registrado in disco da tutti i più grandi direttori d’orchestra. Tasso, Lamento e Trionfo, il suo II poema del 1849, è invece, credo, meno famoso ed è basato su una antica melodia dei gondolieri veneziani che nel poema sinfonico ritrae il lamento e lo stato di prostrazione del poeta chiuso nella propria follia. Segue, nella parte finale, il trionfo che si annuncia con gran squilli di tromba che segnano, come accade spesso in Liszt, una notevole caduta di gusto e che portano ad una conclusione tutto sommato discutibile dal punto di vista musicale. Les Préludes, contrariamente a quanto accade spesso in Liszt che si dilunga con estenuanti ripetizioni, almeno ha il vantaggio di entrare subito in argomento con un bel tema che ritornerà nel trionfale finale, mentre lo svolgimento interno della composizione assume un senso musicale tramite l’utilizzo della tecnica della variazione.
Il concerto è stato ben diretto da Martin Haselböck, organista e direttore d'orchestra, che già da alcuni anni viene a dirigere Liszt e Beethoven. A me questo direttore dall'aspetto un po' allampanato e che somiglia clamorosamente ad un mio vecchio amico, piace molto. Ha un modo di approcciare Beethoven molto diretto e schietto. Ha fatto un’ottima VIII come l’anno scorso aveva fatto una fiammeggiante V di Beethoven. Dirige bene Liszt, per quello che si può cavare da una musica in genere molto esteriore e da esibizione.

giovedì 14 gennaio 2010

Craxi

Siamo nel clima giusto per riabilitare Bettino Craxi, un uomo che ha sacrificato tutto per la Patria fino all'estremo sacrificio della morte in esilio volontario. Non l'ho mai conosciuto direttamente. So solo che a Milano negli anni '80 e primi '90 a Milano si diceva, si sentiva dire, era luogo comune dire e sussurrare che non c'era lavoro o appalto che andasse avanti senza aver prima versato l'obolo al PSI di Craxi. Era una calunnia, che come un venticello è aumentata, aumentata d'intensità fino a trasformarsi in un uragano. Io non ho mai sentito parlare di gente che è andata nell'ufficio di piazza Duomo a versare quanto stabilito o a portare la ricevuta del bonifico, assolutamente, e non ho neanche mai conosciuto nessuno che abbia fatto quella trafila e salito quegli amari gradini. E non so neanche dell'esistenza di tabulati presso certe aziende dove si teneva sotto controllo la spartizione dei lavori per quote proporzionali all'appartenenza a vari partiti di riferimento, aziende create sotto l'egida e con l'avallo del partito. No, non ho mai sentito parlare di simili cose e non ne ho neanche viste mai. Erano voci che giravano, di nemici politici, di magistrati che volevano fare politica, di comunisti agenti dell'Unione Sovietica, di iscritti a logge massoniche. E così lui pagò per tutti e costrinse il compagno Silvio a bere l'amaro calice che al suono di una cornamusa lo ha fatto innamorare della politica e gli ha fatto mettere al culmine dei propri pensieri l'interesse esclusivo del Paese, tutto ciò per garantire una continuità di intenti sempre per l'interesse esclusivo del Paese. Purtroppo il compagno Silvio ha ereditato anche l'accanimento di una magistratura policizzata che ha contribuito anche ad armare la mano di un debole di mente. A Milano gli intitoleranno, forse, un parchetto vicino alla sua casa. Sono felice di questa scelta ed anzi gli avrei anche intitolato una strada o una piazza o un corso; ad esempio si sarebbe potuto rinominare corso Matteotti corso Craxi, tanto sempre socialisti sono e sempre vittime di un regime odioso e di una campagna d'odio senza pari che ne hanno fatto dei martiri indifesi.

venerdì 8 gennaio 2010

A Beniamino Placido

Dedico a Beniamino Placido, essere amante della leggerezza, questi brani di Satie, la V Gnossienne, e il valse "Je te veux".

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 13


In questo concerto sono state presentate due pagine musicali tra le più famose del repertorio classico, ovvero la sinfonia in Do maggiore KV 551 di Mozart, detta “Jupiter” e la sinfonia N. 6 di Beethoven Op. 68, la “Pastorale”. Sono opere famosissime ma di difficile ascolto, soprattutto, almeno per me, la “Pastorale” che di tutte le sinfonie di Beethoven è quella che mi pone maggiori problemi.
Mozart scrisse la sua sinfonia in Do maggiore, che è la sua ultima sinfonia, nel mese di agosto del 1788 immediatamente dopo aver composto la sinfonia in sol minore KV 550. Gli sarebbero rimasti altri tre anni di vita ma non compose più sinfonie. Quindi possiamo ben considerare questa sinfonia come un punto di arrivo della carriera da sinfonista di Mozart. Non sappiamo se Mozart avrebbe composto altre sinfonie se fosse vissuto ancora; certo è che questa sinfonia è veramente il coronamento di tutta la sua carriera di autore di sinfonie. In essa c’è tutto Mozart: il teatro, la danza, il brio, la felicità ma anche la malinconia e l’angoscia. È un’opera dalle dimensioni grandiose e di bellezza abbagliante. La musica di Mozart ha la caratteristica di sembrare sempre molto semplice e facile ma in realtà non è facile né da suonare bene né da ascoltare bene. È una musica sfuggente, sempre mutevole, una musica che passa dall’allegria alla tragedia nel giro di due note quindi richiede un’attenzione continua perché è così multiforme, così varia, ha degli scarti d’umore così rapidi che se perdi la concentrazione un attimo o non ti lasci andare all’onda musicale rischi di perdere il filo del discorso. La sinfonia “Jupiter” è anche molto umana ed anche commovente nel secondo movimento, una musica che esprime una grande tenerezza con degli inaspettati soprassalti di angoscia. Il finale invece è un monumento al contrappunto con le movenze da finale di opera buffa.
Vent’anni dopo Beethoven scrisse la sua sesta sinfonia che lo tenne impegnato tra l’estate del 1807 e il giugno 1808. Questa sinfonia nacque assieme alla quinta, Op 67. Se la quinta sinfonia è la sinfonia più densa e concentrata di tutto Beethoven, la sesta è quella più rilassata ed espansiva. Si sa che Beethoven amava molto la natura e la campagna. Quando arrivava l’estate andava via da Vienna e si rifugiava in posti di campagna nei dintorni. Lì questo uomo complesso e dal carattere tumultuoso si rigenerava. Adorava passeggiare, gli alberi, i prati. Evidentemente questo gli diede lo spunto per un brano sinfonico nel quale volle esprimere proprio questo amore per la natura. Lo fece però senza intenti banalmente descrittivi ma scrivendo, come scrisse lui stesso una “Sinfonia pastorale, piuttosto espressione del sentimento che pittura” Ci sono certamente richiami a fatti naturali come lo scorrere delle acque di un ruscello rappresentato dalle ondulazioni degli archi nel secondo movimento, o il canto degli uccelli, o la danza dei contadini o la tempesta ma vi sono altre parti che non sono riconducibili a cose della natura. Il primo movimento descrive i piacevoli sentimenti che si destano nell’uomo all’arrivo in campagna; è un brano pacifico e rilassato tutto risolto in termini strettamente musicali con una sezione di sviluppo fantastica dove il motivo iniziale viene ripetuto in continuazione con modulazioni sempre cangianti. Il secondo movimento è la scena presso il ruscello, un dolce canto sul mormorare delle ondulazioni degli archi che si conclude con l’evocazione ideale del canto di un usignolo, una quaglia ed un cuculo. Il terzo movimento è un’allegra e ruvida danza di contadini a cui improvvisamente la natura oppone lo scatenamento della tempesta del quarto movimento; poi la tempesta si placa ed entra, nel quinto movimento mentre la tempesta si allontana sempre di più, il canto che esprime i sentimenti di riconoscenza dopo la tempesta; è un canto che si amplia sempre di più in una serie di variazioni che conducono la sinfonia alla sua conclusione estatica.
È una musica che non ha intenti descrittivi ma è molto idealizzata per cui la veste orchestrale di Beethoven, che è molto raffinata, tende sempre a distrarmi. Quindi, fra tutte le esecuzioni che conosco di questa sinfonia, la mia preferenza va sempre a quella pianistica di Glenn Gould che è a sua volta una utopia pianistica. Essendo il pianoforte uno strumento con il quale non è possibile fare un crescendo di suono dopo che il suono è stato emesso Gould, anche a causa dei tempi molto moderati che usa, richiede all’ascoltatore di ricrearsi un’immagine della musica nella propria mente incrementando così l’attenzione e la tensione verso un ideale sonoro. Da ascoltare con molta attenzione. Con gould ho trovato solo questo piccolo video con l'esposizione del primo movimento.
Il concerto è stato diretto da Ivor Bolton, direttore del Mozarteum di Salisburgo dal 2004. È un simpatico inglese dall’aspetto affabile e cordiale. Ha, secondo me, ben diretto le due opere senza troppe timidezze e con bella personalità. Spesso quando si affrontano questi grandi classici molti si limitano ad essere solo precisini. Bolton è stato preciso ma anche piuttosto spavaldo nell’affrontare le due opere in questo ottimamente coadiuvato dall’orchestra che ha sfoggiato una bella proprietà di linguaggio classico. Sala pienissima e grande successo.

mercoledì 6 gennaio 2010

Stagione 2009/10 - La Verdi barocca - III


Questa sera avremo l’esecuzione del Weihnachts-Oratorium, Oratorio di Natale (BWV 248) di J.S. Bach.
Il Weihnachts-Oratorium fu scritto da Bach per il periodo natalizio del 1734/35. L’oratorio nel suo complesso si compone di sei cantate ognuna relativa ad una festività del periodo natalizio. Nel 1734 il giorno di Natale cadeva di sabato, così si rinunciò a celebrare la festività della “domenica dopo Natale” in quanto coincidente con S. Stefano mentre c’era la domenica dopo il Capodanno, il giorno 2, che precedeva l’Epifania. Quindi le cantate furono eseguite nei giorni 25, 26, 27 dicembre 1734 e 1, 2 e 6 gennaio 1735 nelle due principali chiese di Lipsia, la Nikolauskirche e la Thomaskirche.
Bach non fu il primo a comporre un oratorio composto da diverse parti indipendenti; cicli di oratori in cinque parti erano regolarmente eseguiti nelle ABENDMUSIKEN di Lubecca con le quali Bach era entrato in contatto già nel 1705. Il compositore stesso intitolò il lavoro ORATORIUM ed è chiaro che egli considerò le sei cantate come appartenenti ad un unico ciclo ed infatti intitolò le singole cantate Pars prima, Pars secunda, ecc. Inoltre Bach realizzò un delicato bilanciamento tra la necessità liturgica di produrre sei distinte cantate, una per ogni festa del periodo natalizio, e il desiderio di comporre un lavoro unitario. L’unità dell’oratorio risiede innanzitutto nella narrazione evangelica che per le prime quattro parti utilizza Luca 2 da 1 a 21 saltando solo il marginale versetto 2 mentre per le parti V e VI utilizza Matteo 2, 1-12. Inoltre vi sono evidenti similitudini stilistiche. Tutte le cantate, a parte la seconda che inizia con una sinfonia pastorale, iniziano con un coro. Tutte terminano con un corale accompagnato o un coro basato su un corale. Ogni cantata ha due arie, una delle quali sostituita da un duetto e da un terzetto nelle parti 3 e 5. L’unità musicale viene ottenuta anche attraverso lo schema tonale delle sei cantate che gira attorno al Re maggiore, infatti le sei parti sono rispettivamente in Re, Sol, Re, Fa, La e Re. Inoltre le tre cantate in Re hanno un’orchestrazione simile comprendendo trombe e timpani.
Dal punto di vista musicale Bach utilizza la tecnica della parodia. Nelle prime 4 parti Bach riutilizza ampiamente pagine derivanti da due “drammi per musica”, ovvero cantate profane, e precisamente la cantata Hercules auf dem Scheidewege “Lasst uns sorgen, lasst uns wachen” (BWV 213), che Bach aveva scritto per il compleanno del principe elettore Friedrich Christian di Sassonia (5 settembre 1733), e la cantata “Tönet, ihr pauken! Erschallet, Trompeten!” (BWV 214), scritta per il genetliaco della regina di Polonia e principessa elettrice di Sassonia Maria Josepha (8 dicembre 1733). Anche le parti V e VI derivano probabilmente da fonti precedenti che però non sono state individuate con certezza. Due cori del popolo, la turba, derivano dalla cantata secondo Marco che è andata perduta e ricostruita recentemente da Tom Koopman.
Non deve stupire il fatto che Bach in questa occasione abbia riutilizzato sue musiche composte in precedenza, infatti ai tempi la tecnica della parodia era ampiamente utilizzata. Ad esempio si deve tener conto che ai tempi non esistevano mezzi di riproduzione sonora per cui un brano musicale, ad esempio una cantata composta per una domenica dell’anno liturgico, molto spesso veniva eseguita una volta sola per cui gli ascoltatori non avrebbero più avuto la possibilità di riascoltarla a loro piacimento come possiamo fare noi. Di conseguenza il riutilizzo di materiale precedente poteva passare addirittura quasi inosservato e poteva servire per riproporre in altra veste una musica che l’autore riteneva decisamente valida. La parodia, intesa non in negativo come la intendiamo noi oggi con il significato di “presa in giro” come quando canto una canzone di Orietta Berti facendo finta di essere un soprano bulgaro, poneva problemi di non poco conto tenendo conto che in Bach il connubio tra la parola e la musica è fondamentale. Quindi non si trattava solo di sillabazione ma si trattava di adattare un altro testo alla musica già esistente in modo che la musica fosse idonea a valorizzare proprio quel testo. Nel fare queste parodie Bach modificò anche alcuni particolari musicali per rendere la musica, proveniente da occasioni mondane, più adatta alla nuova collocazione liturgica.
L’opera nel suo complesso si compone di 64 numeri e non si può non rimanere stupiti di fronte alla grandezza e alla intelligenza suprema di Bach che crea un insieme estremamente vario, pur nel disegno complessivo piuttosto riflessivo rispetto alle grandi Passioni, Giovanni e Matteo, che hanno anche aspetti teatrali piuttosto evidenti negli interventi del popolo, la turba.
Per capire come Bach utilizzi gli strumenti della retorica musicale basta prendere il primo coro, Jauchzet, frohlocket! Auf, preiset die Tage. Innanzitutto il ritmo è ternario, perché tre è il numero della Trinità. Dopo l’attacco dei timpani, dei flauti e degli oboi partono le volate dei violini e poi man mano di tutti gli archi, in un crescendo che un secolo dopo si sarebbe detto rossiniano, volate che partendo dall’alto scendono verso il basso, chiaro riferimento alla discesa di Dio sulla terra. A questo punto viene annunciato il tema principale e alla battuta 33, gli anni di Cristo, entra il coro su note molto basse, addirittura i soprani cantano un re, re, re, re, la basso veramente ai limiti della loro gamma per dire che qui siamo sulla terra e così via per gli altri numeri che sono pieni di particolari. Ad esempio, anche il semplice corale, viene utilizzato in modi sempre diversi proprio per enfatizzare il testo. Il caso più clamoroso è il famoso corale della Passione secondo Matteo O Haupt voll Blut und Wunden (O capo pieno di sangue e di ferite) che viene qui riutilizzato nel numero 5, il corale “Wie soll ich dich empfangen” (Come devo accoglierti) in una versione piena di devozione e nel numero finale, il 64, Nun seid ihr wohl gerochen dove il medesimo corale viene accompagnato da tutta l’orchestra con le tre trombe e i timpani, che erano il massimo dello sfarzo sonoro che Bach poteva permettersi, un vero canto della vittoria del Bene sul Male.
Per questa ricchezza espressiva di Bach fu spesso accusato di teatralità (in realtà l’opera italiana gli piaceva e scriveva musica sacra solo perché non poteva fare altro per contratto) e fu ripreso dai suoi datori di lavoro, il comune di Lipsia, che avrebbe maggiormente gradito musiche più “normali”. E fa anche molto effetto leggere le lettere di Bach ai suoi datori di lavoro, “Sapientissimi Signori, con tutta la sottomissione Venerabilissimi Signori” di cui si dichiarava “obbidientissimo servitore”. Bach produceva una musica così ricca di particolari e di espressione proprio per valorizzare maggiormente i contenuti di ciò che veniva cantato. Se si ascolta una cantata di Bach e una di altri compositori, anche abbastanza famosi, a lui contemporanei, si vede la stessa differenza che c’è tra un pittore che dipinge una Natività facendo tutte le figure più o meno uguali ed uno che in ogni gesto, in ogni mano, in ogni piede, in ogni volto, in ogni vestito cerca una espressione diversa.
Purtroppo Bach in questo fu piuttosto incompreso. Avevano Bach in casa e non se ne erano neanche accorti! Anche nel suo ruolo di insegnante non fu apprezzato. Quando morì fu nominato al suo posto un tale Harrer e il borgomastro Stieglinz che già era uscito con la sentenza “la scuola ha bisogno di un Kantor, e non di un Kapellmeister, ma che tuttavia sappia comprendere anche la Music”, non perse l’occasione per ribadire: “Il signor Bach è stato certamente un grande Musicus, ma non un pedagogo” e con ciò fu ben presto dimenticato.
Ieri sera, per noi soci della fondazione, c’è stato il discovery del concerto dove Ruben Jais, pur nella ristrettezza del tempo, ha ben illustrato diversi aspetti di quest’opera con vari esempi musicali. Noi eravamo seduti dietro l’orchestra, io era tra il violone e le tre trombe. È stato molto bello. È impressionante vedere quanto siano giovani i suonatori e i coristi. I tre suonatori di tromba avranno avuto al massimo 25 anni e così pure le avvenenti ragazze che suonavano i flauti traversi e gli oboi d’amore, ma sono tutti bravissimi e Ruben Jais è molto coinvolgente. È molto bello vedere un direttore d’orchestra dalla parte dell’orchestra e che canta con il coro. Inoltre la sa molto lunga e si vede chiaramente che dietro c’è un lavoro di approfondimento e di comprensione molto lungo e che richiede molto tempo e dedizione.
Un bravo ancora a tutti e grande ammirazione per il direttore generale Luigi Corbani che, grazie anche al sostegno costante di noi soci, ha saputo tenere ferma la barra della fondazione anche quando, un paio d’anni fa, sembrava che tutto dovesse disperdersi. Invece ha saputo tenere in vita la fondazione senza rinunciare ad ampliare l’offerta artistica.